Argonauti ed improbabili aviatori, dirigibili e mongolfiere popolano un mondo magico e seducente fatto di ampie vedute e paesaggi ancestrali ove avventurieri dell'aria evocano quel desiderio irrefrenabile di sfida e ricerca estrema della liberta' propri della natura umana.
Circo Volante - Verba Volant
E' la seconda personale di Pajevic a Bologna. La prima, svoltasi nel 2004 insieme alla moglie pittrice Ana Kapor, aveva per tema magici giardini e boschi impenetrabili carichi di mistero e di memorie. La mostra ora in programma sembra utilizzare quei medesimi paesaggi come sfondo scenografico per nuovi curiosi protagonisti: argonauti ed improbabili aviatori, dirigibili e mongolfiere popolano un mondo magico e seducente fatto di ampie vedute e paesaggi ancestrali ove avventurieri dell'aria di ieri e di oggi evocano quel desiderio irrefrenabile di sfida e ricerca estrema della libertà propri della natura umana.
Attingendo da storia e mitologia, Pajevic ha costruito un percorso composto da una ventina di dipinti di dimensioni medie e grandi che egli stesso ama definire come "un omaggio a tutti quelli che, sognando di volare, hanno scritto bellissime pagine della nostra memoria collettiva".
Queste le parole dell'artista: "Circo Volante è un termine che descrive tutti gli eventi nei cieli fino alla fine della Grande Guerra, comprende il mito, il sogno, il senso ludico, è quindi un approccio metaforico al gioco circense ma riconduce anche alle regole cruenti che diedero corpo al desiderio umano di sfidare gli dei, al mito di Icaro primo fra tutti. Quando ho cominciato a definire i primi quadri pensavo al Circo Romano che con le sue terribili gioie fu principale supporto di un mondo che osava, che alimentava la speranza di raggiungere le divinità. Circo volante è dunque un nome-serbatoio di tutte le icone che ho creato e Verba volant è la chiave magica indispensabile per decifrare segreti codici di volo... "
Daniela Del Moro, nel testo introduttivo al catalogo, suggerisce una interessante chiave di lettura alla pittura di Pajevic " (...) Per leggere la sua "sceneggiatura" dobbiamo alleggerire la nostra mente, tentare il nostro "volo", lasciare che anche le parole sollevino il loro peso. Solo allora le sue icone, i suoi paesaggi, i suoi "oggetti", si sveleranno nelle allegorie di un mondo nel quale si riconosce interamente l'artista e, ancora più in là, oggettivazioni di un malessere storico che investe tutta la contemporaneità e turba gli animi dell'intera società. Perciò in fondo all'arte di Pajevic esiste una genesi di ordine moralistico, frutto di una reazione agli orrori di un sociale ancorato ancora alle violenze del vivere, alle arroganze del potere e alle "deformazioni" del pensiero. (...) ... e noi comuni mortali possiamo come Icaro solo tentare il "volo", nella sospensione di un presagio, come fragili ma eleganti mongolfiere, portate dai venti, scosse da improvvisi guizzi del tempo, dichiariamo la nostra impotenza in cadute che hanno il sapore dell'arresa, o forse dell'attesa ... Come Argo, i cani di Pajevic sono i fieri monumenti dell'attesa, di un ritorno del condottiero, messaggeri di speranza, mentre i suoi cavalli che inseguono ombre di aerei, sono proiettati verso il cielo e molto meno inquietanti di un'ombra-presagio; le sue ombre che disegnano inquietudine, lontane da un volo dell'anima." (...)
"Detesta il tempo, e lo considera un segno della fondamentale inesattezza dell'universo" con questa citazione (di G. Manganelli) Roberto Maria Siena introduce il proprio testo, riportato in catalogo, dal titolo "Vladimir Pajevic e la confutazione del volo", che così prosegue: "... apparentemente l'artista parla di mongolfiere e di dirigibili; ciò significa che si occupa del volo? Niente affatto. L'atto del volare rimanda alla vittoria sulla legge di gravità, quindi all'utopia; l'utopia risulta invece esclusa all'universo immaginativo del nostro perchè questa, per sua natura, si basa sul divenire, sulla speranza di una evoluzione della storia. Al contrario, Pajevic è un nemico giurato del divenire, e, come il personaggio manganelliano citato all'inizio, "detesta il tempo". Il segreto ultimo della pittura del maestro di certe origini serbe, sta nel fatto che nessun dirigibile e nessuna mongolfiera si sono mai levati in cielo e mai hanno solcato l'aria. I velivoli sono lì fermi, da sempre ghiacciati nei quadri del nostro, (...) tracce splendide e mute di un controuniverso che ha il silenzio e la stasi come sue verità ultime." (...)
Vladimir Pajevic nasce a Belgrado nel 1948. Dopo gli studi all'Accademia di Belle Arti di Belgrado e un Master in pittura conseguito nel 1973, si trasferisce a Roma, dove tuttora vive e lavora.
Inaugurazione: sabato 14 aprile 2007, ore 18
Galleria Forni
Via Farini, 26 - Bologna
Orari di apertura: 9.30-13 e 16-19.30, chiuso lunedì e festivi
Ingresso libero