Galleria Bianca Maria Rizzi
Milano
via Molino delle Armi, 3
02 58314940
WEB
Kinki Texas
dal 28/5/2007 al 3/7/2007
mar - ven 15-19.30, mer 13-19.30, sab 11-13 e 15-19.30, lunedi' e al mattino su appuntamento

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Galleria Bianca Maria Rizzi




 
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28/5/2007

Kinki Texas

Galleria Bianca Maria Rizzi, Milano

Esposti alvori a tecnica mista su tela. "E' lo spazio ambiguo di un racconto sincopato che si va costruendo, quadro dopo quadro, o frame dopo frame, tra immagini spiazzanti, segni, frasi, accenni di discorsi, stranissimi animali, personaggi allucinati, simboli, colori, retaggi religiosi o mitologici..." Alessandro Riva


comunicato stampa

Esposti alvori a tecnica mista su tela
A cura di P. Manazza e A. Riva

Tuoni e fulmini visivi nel Kinki-Texas-Space
Alessandro Riva

Non è arte di strada. Non è strascico dal vago retrogusto pop, o neo-pop di ritorno. Non è pittura laureata, nata apposta per entrare, già precotta, in un museo. Dopotutto non è arte concettuale, e neppure art brut. Non è un videogioco, anche se alle volte ne assume le sembianze, e neppure videoarte. Non è semplice animazione, nè tantomeno fumetto mascherato. È lo spazio ambiguo di un racconto sincopato che si va costruendo, quadro dopo quadro, o frame dopo frame, tra immagini spiazzanti, segni, frasi, accenni di discorsi, stranissimi animali, personaggi allucinati, simboli, colori, retaggi religiosi o mitologici, strane creature provenienti dalla notte più profonda dell´inconscio collettivo, schiuma di concetti e di retropensieri senza apparente rigore narrativo rimasti impigliati sottotraccia, quasi casualmente, nella griglia saettante tra i recessi del nostro immaginario più remoto. È lo spazio arcano e misterioso di un disordinato deliquio dei sensi e della mente, è l´espansione del pensiero e della coscienza senza i freni inibitori delle convenzioni dei linguaggi artistici. È nient´altro che il Kinki-Texas-Space.
Capita assai di rado, nella scena del contemporaneo, di trovare artisti che abbiano completamente ridefinito lo spazio del proprio intervento visivo e concettuale secondo una logica assolutamente unitaria, del tutto autoreferenziale e autoconclusa, nella quale ogni elemento pare concorrere non solo a creare, compositivamente, lo spazio interno del singolo dipinto (o del singolo video), ma anche ad aggiungere, via via, un minuscolo tassello al grande affresco del proprio inesausto immaginario, secondo un progetto solo apparentemente disordinato e illogico, ma in realtà quantomai ferreo, coerente e rigoroso. Questo, oggi, sembra saper fare, con straordinaria naturalezza e freschezza narrativa e iconica, quello strano cantastorie dell´assurdo che è Kinki Texas.
Creatore di complesse trame visuali nelle quali ogni singolo elemento, ogni segno, ogni traccia, ogni parola paiono miracolosamente concorrere a un unico disegno, pur senza mai aver l´aria di voler cercare un fulcro, un centro, una coerenza iconica d´insieme, Kinki Texas è insieme artista di pensiero e d´istinto, di testa e di pancia, filosofo d´un pensiero frattale, non lineare e volutamente discontinuo, e giocoliere delle immagini depositate nel profondo della nostra psiche, artista dalle mille anime e dagli infiniti cortocircuiti intellettuali e visivi, e decrittatore, più o meno involontario, dei segreti recessi del nostro immaginario privato e collettivo.
Acido, strafottente, surreale, sferzante e mai consolatorio, Kinki Texas gioca a rimpiattino con i miti della cattiva coscienza occidentale e con gli „ismi“ del conformismo artistico ufficiale, sfotte i borghesi e si prende gioco della rivoluzione, fa il verso ai miti della società dello spettacolo integrato e sputa sulla tomba degli eroi dell´anticonformismo di maniera, è seduttivo e dolce quando meno te l´aspetteresti e rivoltante, offensivo, sputasangue, antigrazioso quanto oggi pochi artisti hanno il coraggio o la ferocia di essere. Kinki Texas si traveste da punk con i borghesi e da borghese con i punk, è sciocco, sarcastico, beffardo, selvaggio e irriverente come uno di quei sogni assurdi e allucinati che ci capitano alle volte tra capo e collo in una notte di burrasca, e dai quali non riusciamo più a scollar la mente senza mai trovarne il bandolo, o il ricordo esatto di che cosa sia accaduto e di come si dipanasse la sua trama; chiedendoci poi, per giorni e giorni, da dove diavolo saltasse fuori quel tal personaggio con quella strana maschera sul volto, del quale non riusciamo più a trovare il senso o a riconoscere la fisionomia, e che cosa mai facesse, ma di cui sappiamo, inconsciamente, che ci ha lasciato questo strano senso d`inquietudine, come di un qualcosa che ci colpisce e non ci vuol lasciare, che ci attrae e ci infastidisce sottilmente, come quei pensieri ansiosi e pazzi ed ossessivi che si rincorrono e si srotolano da soli nella nostra mente, senza che li abbiamo né cercati né voluti, e che tuttavia non siamo poi più in grado di scacciare.
„La loro realtà non è la nostra“, racconta Kinki Texas a proposito dei suoi curiosi personaggi. „Loro – dice - vivono nella dimensione che racconto nel mio Kinki-Texas-Space“. Benvenuti, allora, voi che all´arte non chiedete solo consolazioni e belle forme, che non volete mettervi in salotto qualcosa solo per sembrar più furbi e intelligenti in società, voi che dell´arte amate ancora le scudisciate e i pugni nello stomaco, che godete nel rigirare il coltello nella piaga del vostro immaginario: benvenuti, tutti voi, nel luogo dove non c´è happy end che tenga, dove le voci dei vostri incubi più oscuri hanno un nome e un volto, dove i personaggi disegnati prendono vita e i suoni si tramutano in colori. Benvenuti nel Kinki-Texas-Space – e che Dio vi aiuti a ritrovar la strada del ritorno.

Il colore del rock nei dipinti di Kinki Texas
Milano, aprile 2007
Paolo Manazza

Un eccentrico, raffinato e anarchico rockettaro. Appassionato di animazione tridimensionale. Specializzato in installazioni videomusicali. Amante dei film western al punto da scegliersi come irriverente pseudonimo “Kinki Texas”. Holger Meier, alias Kinki Texas, vuole confondere le acque. Creare intorno a se stesso un disordine programmato. Spargere nell’aria polvere di calcinacci e frastuono. Senza riuscirci del tutto. Quel che risulta dai suoi quadri è che Meier è prima di tutto un pittore. Nel senso genuino del termine. Vien da pensare al cinquecentesco Jacopo Comin o Robusti, detto “il Tintoretto” o anche “il Furioso” per via di quel modo rapace e veloce di aggredire le tela che gli valse questi nomignoli dai suoi coetanei. Nonostante le apparenze e l’alone border-line costruitosi intorno, Kinki Texas offre, attraverso la sua pittura, la contraria certezza d’essere una persona molto raffinata e sensibilissima. Le grandi dimensioni e le figure caricaturali e violentissime costituiscono un ulteriore muro, di vetro, tra il mondo e la sua anima. Potremmo parlare a lungo dei soggetti, tutti trasformati in luoghi pittorici all’interno delle singole opere, grazie a una scrittura enorme e gocciolante, trasversale e onirica. Ma ancora sarebbe come accettare il luogo dello slittamento linguistico, dello smarrimento semantico, operato dall’artista per allungare il percorso estetico verso le sue immagini. Quasi come l’idea del sentiero freudiano della sublimazione. Le vere tracce degli impulsi di Meier sono i colori. Gli straordinari accostamenti di tinte pastellate con rossi cinabro. Il rosso è il colore più forte in natura e nel contempo quello più raro. Kinki Texas si arrotola su furiosi rodei immaginari, fulminanti allucinazioni violente e quasi sadomaso per comporre opere delicatissime, fiabesche e ornamentali. E’ questa la vera potenza della sua pittura. Che offre immediatamente allo spettatore la necessità di uno spostamento del senso. La sua tavolozza quasi aurorale costruisce il fondo delle immagini violente. E magicamente le circonda. Le semplifica. Le ammansisce. L’obbligato e sin troppo semplice rimando conduce questi dipinti alle immagini del newyorchese Jean-Michel Basquiat. Ma a guardar bene le anime dei due pittori sono diversissime. Quasi opposte. Il geniale e amatissimo Willem de Kooning amava spesso ripetere che “ogni pittore intelligente ha in testa l’intera storia della pittura moderna che costituisce l’oggetto della sua arte. Tutto ciò che dipinge è un omaggio o una critica a quella storia e tutto ciò che dice è una nota ad essa”. Kinki Texas mostra l’inedita capacità di dipingere musicalmente. I suoi grandi lavori sembrano sì, loro stessi, brani di musica rock. Le martellate sui tamburi arrivano dalle larghe pennellate e gli accordi scatenati dai fluenti disegni di figure e dai bagliori del rosso. E qui invece vien da pensare a Lyonel Feininger, il maestro nato nel 1861 negli Stati Uniti, ma di origine tedesca, che dallo studio del violino (entrambi i suoi genitori erano musicisti) giunge progressivamente all’amore per la pittura avvicinandosi prima ai Fauve e al cubismo. Per poi approdare nel 1912 all’atelier Zehlendorf a Berlino, dove lavora con gli artisti del “Die Brücke” stringendo amicizia con pittori come Erich Heckel, Alfred Kubin e Karl Schmidt-Rottluff. Anche Feininger ha una struttura compositiva di molte sue opere che rimanda quasi inconsciamente a una partitura musicale. I lavori di Kinki Texas sono dei veri concerti pittorici. Consiglio di ascoltarli con grande attenzione, senza farsi sfuggire i passaggi dal tema centrale ai vari assolo strumentali. Con un elemento essenziale: che il colore ha preso il posto delle note. E l’ultimo ammonimento, che arriva ancora dal sommo de Kooning: “la carne -scriveva- è il motivo per cui è stata inventata la pittura”. Quella fermata nei dipinti di Meier appare lacerata e lacerante. Ma nasconde l’eco di un potente quartetto d’archi di Franz Jospeh Haydn. Alla faccia dei Rolling Stones.

Kinki Texas alias Holger Meier è nato nel 1969 a Brema (Germania) dove vive e lavora. Dal 1987 espone in diverse mostre personali e collettive. Dal 1994 lavora con tecniche digitali e dal 1999 è specializzato in animazione tridimensionale, installazioni di video e video di musica. Nel 2005 si laurea in Lettere e Filosofia all´Universitá di Brema.

Catalogo trilingue disponibile in galleria.

Galleria Bianca Maria Rizzi
Via Molino delle Armi, 3 20123 Milano
Nuovi orari:
Mar, gio, ven, dalle 15 alle 19.30.
Mer dalle 13 alle 19.30.
Sab dalle ore 11 alle 13 e dalle ore 15 alle 19.30.
Lunedì e al mattino su appuntamento.

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