Nader Ahriman
MAtthew Antezzo
Jonas Mekas
Jonathan Monk
Josephine Pryde
David Wojnarowicz
Gigiotto del Vecchio
Gli artisti in mostra vedono il loro lavoro fortemente caratterizzato dal riferimento, inteso quale omaggio o confronto diretto con la fonte, vero e proprio mito con cui dialogare. Tutti compiono citazioni, seppure attraverso modalita' e spunti differenti, direttamente. Opere di: Nader Ahriman, Jonathan Monk, Josephine Pryde, Jonas Mekas e altri. A cura di Gigiotto del Vecchio.
Collettiva
................english below
a cura di Gigiotto del Vecchio
Cio’ che da sempre caratterizza il processo creativo dell’artista è il suo vissuto, l’esperienza, le visioni, la conoscenza, che può accomodarsi all’interno dell’opera sfruttando più e differenti modalità. Può essere velata allusione, può rimandare attraverso l’atmosfera del lavoro, può esistere quale citazione o riproposizione netta. Ognuna di queste dimensioni racchiude comunque all’interno quella possibilità di scatto assimilativo, percettivo, nella lettura dell’opera che l’appoggiarsi al riferimento inevitabilmente comporta.
Nel caso di Ref. - titolo preso dalla forma abbreviativa di “reference”, elemento esplicativo che incontriamo nella lettura quando ci imbattiamo in una citazione - gli artisti vedono il loro lavoro fortemente caratterizzato dal riferimento, inteso quale omaggio o confronto diretto con la fonte, vero e proprio mito con cui confrontarsi o dialogare. Tutti gli artisti in mostra citano, seppure attraverso modalità e spunti differenti, direttamente. Tutti tranne uno: Jonas Mekas. Il suo è un caso diverso, “di andata e ritorno”, di far riferimento ma anche di essere riferimento.
Nader Ahriman è il pittore della filosofia e dei viaggi nella tradizione metafisica della forma e del pensiero, Jonathan Monk rappresenta l’amore per l’esperienza dell’arte concettuale e dei suoi protagonisti attraverso il ripercorrere idee, momenti, gesti fondamentali citati direttamente (Alighiero Boetti, Michelangelo Pistoletto, Sol LeWitt), David Wojnarowicz attraverso le foto della serie “Arthur Rimbaud in NY” immagina di fare un viaggio con Rimbaud in quei luoghi estremi, periferici, abbandonati propri, forse, del grande poeta francese ma da lui mai conosciuti e che Wojnarowicz, indossando la sua maschera, metaforicamente gli fa conoscere.
Josephine Pryde fa la parodia di Christopher Williams, ma mentre l’artista americano attraverso una fotografia precisa e da catalogo esalta “l’oggetto nobile” attraverso la sua storia ed il suo design (le macchine fotografiche Leika o la “Valentina” della Olivetti, mitica macchina da scrivere), la Pryde attraversa lo stesso processo estetico per esaltare la non nobiltà di un “hi fi car rubato”, mantenendo lo stesso rigore e formale e compositivo.
Con Matthew Antezzo il riferimento si sposta verso la politica e la sua spettacolarizzazione più estetica. Cos’è se non questo il ritratto del subcomandante Marcos? Figura che ha deciso di fare la rivoluzione aggiungendo un tocco di lucida consapevole eleganza alternativa. La scelta di indossare il passamontagna e di non rendere mai visibile il suo volto non è solo dettata dalla necessità di non essere riconosciuto ma diventa sottile elemento di vanità e piacere.
Jonas Mekas si riferisce alla struttura del cinema decostruendola, ma si ritrova nel tempo anche ad essere fondamentale riferimento per un cinema anche ufficiale che riconosce in lui un eccezionale protagonista dell’ironia e della sperimentazione. All’interno di un discorso di fuoriuscita dai canali sotterranei, siamo al principio degli anni “60, in nome di un nuovo cinema americano, si pone la figura di Jonas Mekas, poeta, critico e film-maker lituano, che con il proprio lavoro ed impegno, ha saputo legittimare l’intero pensiero underground, diventandone una delle figure più rappresentative. “Con la partecipazione a Ref. ho inteso accennare al cammino intellettuale e spirituale di questo artista, soffermandomi su quei particolari aspetti registici che lo portano ad essere il massimo rappresentante del genere diaristico” (Gigiotto del Vecchio). Il video in mostra, Lonesome day, è un momento intimo e domestico in cui Mekas si fa riprendere in una esilarante gag danzereccia.
Immagine: Matthew Antezzo
Inaugurazione 21 giugno 2007
1/9 Unosunove Arte Contemporanea
via degli Specchi, 20 - Roma
Orario: Martedì – Venerdì dalle 10 alle 20; Sabato dalle 12 alle 20
Ingresso libero
...........................english
curated by Gigiotto Del Vecchio
An artist’s creative process is always tempered by his life,
experiences, vision, awareness, which can be used in diverse ways.
They may consist of veiled allusions, remain present throughout the
atmosphere of the works, or exist within citations or decisive
reworkings. Each of these modes of reference assimilates the
possibility of a simultaneous realisation when viewing the work, a
form of visual pun dependent on the reference which is inevitably
involved.
In the case of “Ref.” - an abbreviated form of “reference”– the artists
see their work as strongly characterised by references, intended as
a homage or a direct confrontation with their source of inspiration,
real and personal myths with whom they struggle or converse. All
the exhibited artists make use of direct references, albeit in diverse
medium and with different ideas. All except one, Jonas Mekas. His
work is a case apart, which returns to its point of origin: he not only
makes references, but is himself a reference point.
Nader Ahriman is a painter of philosophy and of journeys within the
metaphysical traditions of form and thought.
Jonathan Monk
portrays his love for the protagonists and experiences of conceptual
art through his revision of ideas, moments and fundamental gestures
directly cited from Alighiero Boetti, Michelangelo Pistoletto, Sol
LeWitt. In his series of photographs “Arthur Rimbaud in NY”, David
Wojnarowicz imagines going on a journey with Rimbaud to various
deserted, peripheral places, where the great French poet never
actually went but are in keeping with his aesthetics. Wearing
Rimbaud’s mask, Wojnarowicz metaphorically introduces him to
these places.
Josephyne Pryde parodies the work of Christopher Williams; but
while the American artist, through his precise photography,
celebrates “the nobility of the object” and its history and design, such
as the Leika camera or Olivetti’s famous typewriter the “Valentina”,
Pryde follows the same aesthetic procedure to celebrate the “nonnobility”
of a “stolen car hi-fi”, maintaining the same rigour and
formality of composition.
In the work of Matthew Antezzo references move towards the
political sphere and their aesthetics of dramatization. This is
epitomized in the portrait of Subcomandante Marcos: the figure who
decided to lead the revolution with a touch of self-conscious,
alternative elegance and polish. His choice of wearing a balaclava
and never showing his face is dictated not only by his need to avoid
being recognised but becomes a subtle element of vanity and
pleasure.
Opening june 21 2007
1/9 unosunove arte contemporanea
Via degli Specchi, 20 - Rome
Tue-Fri 10am-8pm; sat 12am-8pm
Free admission