Giuliana Balice
Mirella Bentivoglio
Alessandra Bonelli
LeoNilde Carabba
Silvia Cibaldi
Dadamaino
Betty Danon
Fernanda Fedi
Mavi Ferrando
Eliana Lumetti
Lucia Pescador
Fausta Squatriti
Lucia Sterlocchi
Thea Valle'
Grazia Varisco
Donatella Airoldi
Artiste a Milano. La mostra presenta quadri e sculture di alcune artiste operanti nell'area milanese intorno agli anni '70 tra astrattismo geometrico, poesia visiva, ricerca e contro-design. Tecniche primarie, tecniche complesse e sperimentali, sculture in resina, ferro, legno, acciaio, opere a parete disegnate, incise, dipinte, stratificate.
Artiste a Milano
a cura di Donatella Airoldi
opere di: Giuliana Balice, Mirella Bentivoglio, Alessandra Bonelli, LeoNilde Carabba, Silvia Cibaldi, Dadamaino, Betty Danon, Fernanda Fedi, Mavi Ferrando, Eliana Lumetti, Lucia Pescador, Fausta Squatriti, Lucia Sterlocchi, Thea Vallé, Grazia Varisco
Sì: sono tutte artiste! Tecniche primarie, tecniche complesse e composte, sperimentali, sculture in resina, ferro, legno, acciaio, opere a parete disegnate, incise, dipinte, stratificate di segni, di materiali, di senso. Ogni artista ha scavato il contemporaneo con il rigore che si osserva nei riti religiosi, cibando la propria necessità d’arte con raffiche di vento e metodo, lampi improvvisi lucidamente diretti e ponderazioni di campo. Artiste che sono state tra gli artefici del ’68 o le loro sorelle maggiori e la determinazione e grinta di alcune delle loro opere realizzate negli anni ’70 resta tuttora emblematica. E’ quello il periodo in cui per la prima volta nella Storia dell’Arte tante artiste hanno operato contemporaneamente.
Milano negli anni ‘70 viveva ancora del fervore culturale e artistico del decennio precedente, era una città internazionale nella quale confluivano personaggi da ogni luogo. Tutti i protagonisti di quell’epoca credevano fermamente in qualcosa: l’ideologia marxista, la libertà sessuale, la lotta armata, la parità tra i sessi, l’arte astratto-geometrica, la body art, le performances, l’arte come strumento politico, l’arte concettuale, povera, la simmetria, l’asimmetria, i gruppi .... Ciascuno era un capostipite o un seguace di prima onda, o meglio un co-capostipite. L’immaginazione al potere era elemento e alimento di un diffuso sentire rivoluzionario che, si pensava, avrebbe innovato la società e di conseguenza anche l’arte.
In questa mostra presentiamo opere di forza, artiste autorevoli all’attacco, della forma, dei materiali, dei volumi, del dissacrante che investe e scaraventa il mondo. Artiste che sovente sono arcistufe della ‘differenza’, arcistufe per le scale perennemente in salita che accompagnano il loro fare, che non può permettersi di sfiorare errori. Artiste capaci di rivoluzioni gridate a piccoli strappi, capaci di lavorare giorni e notti perché l’opera non ha raggiunto il suo punto eccellente, la sua lenta morte d’eccesso. Artiste autorevoli che aggrediscono il nuovo come se fosse un insieme di ostacoli da spianare, plasmare, dove il non conosciuto è attraente come sviscerare al buio l’essenza di pieghe, luce e forme. Nei loro lavori fuochi e cesoie, un rapporto incandescente con il sé e il reale in cui energia, capacità, conoscenza, sapere, costanza, abbattimento, rivoluzione, sono battaglie vinte e perse, in attesa di un qualcosa che sconvolga come possono esserlo una silente massa di opere, sculture, corpi, mani, con le armi in tasca, in allerta ad ogni piccolo sospiro. Nel loro operare c’è una preparazione sovvertitrice, uno scartare infinità di opere belle per arrivare al nodo centrale, allo sconvolgimento della materia, senza abbellimenti o coperture, a quella astrazione concreta che supera ogni relazione parziale per raggiungere un qualcosa che assomiglia all’assoluto.
“Se si sale e si scende per le scale si è sempre trattenuti dalla balaustra e quindi non si può cadere. Ma noi abbiamo perduto la balaustra. Questo mi sono detta. E questo cerco di fare”. (Hannah Arendt)
Anni settanta. Anni furibondi di godimenti senza discrezione, lotta politica per sciogliere un’energia vitale che scoppiava dentro. Artiste che si sono confrontate direttamente col femminismo, artiste che ne hanno preso da sempre le distanze, ma la consueta festa della Befana a casa di Dadamaino, dichiaratamente non femminista, era sempre piena di artiste. Non c’erano e non ci potevano essere isole a Milano, in un contesto tutt’altro che clandestino si praticava e si annusava la politica e lo scorrere delle parole in ogni angolo di casa, fossero essi oscuri scantinati semiproletari o case soleggiate di ricche milanesi che avevano trasformato la loro residenza in un accumulo stratificato, antropologicamente creativo, di corpi, cibi, politica, linguaggi, canti, divertimenti, pianti e cancellazioni del privato trasformato in collettivo.
Impigliarsi nelle grondaie cerebrali e soffocare rigurgiti di anni colpevoli di aver dato speranze morenti di rivoluzioni affogate nel gorgoglio di un lavandino intasato. Possiamo diramare ogni parola falsa, ogni gesto di impazienza, ogni sogno spezzato malamente strappato a piccoli denti di latte. Sgomberare ogni pezzo di cibo dal corpo nauseabondo immettendo cifre senza risultato, sorteggiare la sorte in ciclostili feriti copiando pedissequamente la brutalità del reale. Quando qualcuna ci riporta agli anni settanta i suoi occhi brillano, il colore del viso si accende, il cuore sembra per un breve istante rigenerarsi e prendere da quella storia un’energia strana, un’abbagliante infusione di ormonueroni che potrebbero all’istante far partire un motore.
“Nell’arte la contestazione ha già intaccato uno dei capisaldi dell’estetica tradizionale: la necessità che l’arte, per essere arte produca opere d’arte, cioè oggetti che diventano immediatamente merce e il cui valore si traduce in prezzo”. (Giulio Carlo Argan 1976)
Cosa è accaduto, cosa sono questi bagliori energetici che passati trent’anni danno ancora una forza di contaminazione, di spiazzamento creativo, un brivido che scorre dalla colonna vertebrale all’occhio lucido con traettoria cerebellare? ‘E’ vero ho cominciato questo lavoro per far giustizia, per togliere le orchidee dall’obitorio e mi si sono spalancati davanti gli inferi. Euridice senza Orfeo, ho incontrato fantasmi che si accalcano alle falde delle gonne... avrò quel disagio definito resistenza, magari mi sento altro da loro, eppure l’amo questo continente abbandonato, questa enorme provincia d’ingegni… tacerò che sottili come una garza furono i diaframmi che divisero i loro atelier dalla tragedia”. (Lea Vergine, 1979)
E la rivoluzione è stata, e la rivoluzione c’è.
Donatella Airoldi
Vernissage: martedì 23 ottobre alle ore 18
Finissage giovedì 8 novembre alle ore 18: incontro-dibattito con Roberto Borghi, Chiara Gatti, Angela Madesani, Giorgio Seveso
Galleria Quintocortile
Viale Col di Lana 8 - Milano
orario: martedì-venerdì dalle 17,30 alle 19,30. Sabato 27 ottobre aperto dalle 16 alle 19. venerdì 2 novembre chiuso
Ingresso libero