Alessandra Buccilli
Dalma Cimino
Michela Lenzi
Stefania Panelli
Candida Scanu
Marina Santaniello
Tiziana Di Bartolomeo
Collettiva. Una mostra che tenta una conciliazione fra due dimensioni, quella esigente e appassionata dell'interiorita' e quella enigmatica e potenzialmente dispersiva del mondo circostante, attraverso il linguaggio espressivo della pittura.
A cura di Tiziana Di Bartolomeo
Tutta la modernità si è intensamente rivolta alla realtà interiore, come
continente da scoprire, sorgente dello slancio che deve guidare alla
rinascita di un rapporto col mondo esterno. La psicologia, l'indagine
sull'individuo, l'espressionismo e il surrealismo hanno dato un posto
d'onore all'universo intimo; la stessa religiosità moderna si è maggiormente
avvicinata alle esigenze della persona singola, come capace di autonoma
ispirazione verso il bene. Il genio stesso, in fondo, è un concetto che
descrive il rapporto esclusivo, indecifrabile, fra l'artista e la sua
interiorità.
Che dire, allora, del suo contrario, la dimensione esteriore, il "fuori",
ciò che in psicologia si chiama "l'altro"? Utopie ed ideologie hanno tentato
di colonizzare la realtà partendo dalla dimensione personale e teorica ma
con scarso successo: la realtà risulta spesso impenetrabile alle indagini
troppo preordinate, anche la scienza si trova sempre di fronte a nuovi
confini da esplorare. In arte, c'è stato un lungo oblio del cosiddetto
realismo, sia per la sua stretta vicinanza con la pratica accademica del
disegno e della tecnica sia veruna certa impazienza verso gli aspetti
accidentali del vero, che si vorrebbe superare il favore di una concezione
più universale.
In questa esposizione si tenta questa difficile conciliazione fra le due
dimensioni, quella esigente e appassionata dell'interiorità e quella
enigmatica e potenzialmente dispersiva del mondo circostante.
Alessandra Buccilli, Dalma Cimino, Michela Lenzi, Stefania Panelli,Candida
Scanu e Marina Santaniello offrono al pubblico la loro soluzione, che
potremmo considerare, con paragone culinario, come una ricetta per far
coesistere due elementi fra loro inizialmente estranei: immaginiamo una
ricetta nella quale qualcosa di oleoso debba fare corpo con un ingrediente
che abbia dell'acqua. Per fare questa emulsione – questa "metafisica
maionese" bisogna operare con accortezza (per non farla "impazzire"),
pazienza: insomma, *mestiere.* Le artiste in mostra hanno tale qualità e
riescono a dare forma plausibile ad una realtà intima che è anche
condivisibile e, all'opposto, ad un realismo che non manca mai di una forte
carica esistenziale.
Alessandra Buccilli: il Minimalismo è termine entrato nel linguaggio corrente per designare
aspetti della realtà che sono considerati, appunto, di rilevanza assai
piccola e quindi non ci si aspetta posano diventare oggetto della
raffigurazione artistica.
A dire il vero, la storia dell'arte è piena di rivoluzioni che sono state
fatte mettendo in evidenza, sotto la luce dei riflettori, temi, tecniche o
materiali considerati "minori"; da questo contrasto fra la ribalta della
cultura e l'opinione comune che relegava quelle cose fra le ultime nasce un
vero incremento di cultura e di gusto che segna la propria epoca.
Nelle sue scene di interni ed esterni con figura di Alessandra Buccilli si
affida ad inquadrature, che, nella pratica della fotografia, potrebbero
apparire casuali ma che sottopone all'*incremento* di una redazione asciutta
e intensa. La modernità, in fondo, è essenzialità e forza di convinzione;
Buccilli ha una pennellata incisiva e accentua il colore come avviene quando
nel ricordo le cose assumono quella intensità che è data dalla
partecipazione affettiva.
Nelle figure di nudo (quelle che un tempo si chiamavano "accademie") il
problema è, in genere, quello di decidere come presentare il corpo femminile
(sono più rari, in epoca moderna, i nudi maschili): semplice posa di studio?
Una meditazione affettiva con la persona ritratta? La ricerca di un
significato più universale? A mio parere Alessandra Buccilli si affida alla
terza via, quella cerca, dietro il quotidiano, il segno della condizione
umana e nel corpo il luogo dove è custodita la personalità. Pose, quindi, di
studio ma anche tagli e composizioni che introducono elementi drammatici; i
colori, qui come nelle scene urbane, sono intensificati nel timbro, con una
particolare attenzione a dare cromatismo anche alle parti scure, limitando
l'uso del nero.
Dalma Cimino: l'Ottocento fu maltrattato dalla critica, salvo per le anticipazioni della
modernità; l'Ottocento italiano lo fu particolarmente. Ne rese testimonianza
lo stesso Federico Zeri che, nel commentare la qualità di una raccolta
privata di incisioni di Fattori, si lamentava del deserto critico ed
espositivo che aveva penalizzato quella stagione invece gloriosa.
Cosa può avere a che fare un *incipit* di questo genere con la pittura di
Dalma Cimino?
Il discorso sulla *qualità*. I detrattori della pittura ottocentesca non ne
discutono l'alta maestria tecnica, sono in disaccordo con il modo di
impostare i temi e nella fedeltà alla tradizione. La letteratura in arte ha
avuto vita difficile nell'ultimo mezzo secolo. Dalma Cimino – nella *qualità
* - sembra riprendere un discorso interrotto senza farsi intimidire dai
pregiudizi. Affronta la figura umana, le scene d'interno e d'esterno,
persino il tema simbolico di ascendenza mistica. La tecnica è sperimentata,
cioè attuale ma conquistata sul campo della pratica quotidiana; non c'è
accademismo nelle sue immagini che sono libere pur se corrette nel disegno.
Sa anche percepire quelle situazioni che non sono ancora letteratura ma
potrebbero diventare argomento di racconti scritti e li risolve da pittrice,
ragionando per spazi e colore; in questo modo, si tiene al riparo dal cedere
al gusto ottocentesco per l'aneddoto, un peccato forse veniale che tanto fu
scontato da quei nostri antenati.
In mostra non sono presenti esemplari delle sue opere musive ma vale la pena
di fare un cenno ad esse. La tecnica del mosaico ha una storia che sempre
consente di ripetere il fascino del sacro impaccio in cui si muovono le
figure del medioevo. La rigidezza e il brillio delle tessere impongono un
sovrappiù di agilità nell'artista che deve vincere la natura del materiale
ma anche deve saper governare l'intensa luminosità dei timbri cromatici. Un
po' come nello spettacolo circense dove l'abilità del domatore fa tutt'uno
con il magnetismo delle fiere che sottomette. Il mosaico traversa i secoli,
resiste alle intemperie e, per questo, tanto emozionante è la voce che da
lontano nel tempo ci raggiunge con tanta chiarezza.
Dalma Cimino non ha avuto timore di metter in gioco il suo talento per
entrare in contatto con questa tradizione. La sua novità è forse racchiusa
nel felice rapporto con le potenzialità del colore che riesce ad essere vivo
anche nell'ombra, che sa far reagire i contrasti complementari per dare
all'immagine non solo più luce ma anche una segreta energia. Nel gioco di
colori di Dalma Cimino sta una sapiente libertà che si trasmette allo
spettatore.
Michela Lenzi: la pittrice che imita la natura – non perché la copia ma perché agisce in
sintonia con la natura stessa - intreccia una relazione con le cose che
rappresenta e si specchia nelle immagini che ha creato un po' come Narciso
alla fonte, restando incerta se imprimere il proprio slancio alle cose o
farsi da esse plasmare nell'intimo.
Nelle opere recenti si assiste ad un progressivo addensamento della macchia
cromatica che acquista margini più netti e sembra che alla relativa
incertezza della visione del naturale (che si attaglia al linguaggio
impressionista) si vada sostituendo un'immagine più mentale, una sintesi
dell'*impressione *che si trasforma in *sensazione*, secondo un processo
anch'esso molto spontaneo, simile a quello che caratterizza l'apprendimento
nella fase evolutiva della nostra crescita. Un dato importante per
verificare la *naturalezza* dell'ispirazione di Michela Lenzi è forse
proprio contenuto in questo cambiare del linguaggio perché solo ciò che si
trasforma può dirsi vivente.
Per quanto riguarda i colori, invece, in continuità rispetto al suo percorso
originario, la pittrice accosta tinte di intensa qualità, cosa che la sua
scelta stilistica (sul crinale tra figurazione ed astrattismo) le consente
di fare senza vincoli od inibizioni che in genere derivano dalla scrupolo
veristico. Tradotto i termini sentimentali, il colore è verace come un gesto
spntaneo.
Stefania Panelli: la figura umana può offrire una sua particolare geometria che molto ha
affascinato gli artisti del Novecento. Come uscire dalla strette di un
astrattismo che, per non denotare alcuna cosa, può finire con l'essere un
gioco ripetitivo e, d'altra parte, come evitare la pesantezza e la qualità
"antigraziosa" del verismo accentuato? Stefania Panelli propone una via
d'uscita con la sua pittura allo stesso tempo esenziale e riconoscibile, del
cubismo di antica memoria ha catturato il gusto per la visione secondo piani
che, a volte traversano le forme, come il filo di un pensiero può esser
seguito anche nel variare dei contesti (anzi, è proprio "cucendo" tra loro
le dimensioni del vivere grazie ad un'idea unificante che si ha la
sensazione di dialogare con la realtà). Il suo cubismo è vicino a quello,
elegantissimo,di Bruno Cassinari. Si è toccata la storia dell'arte e la
citazione dalla *Madonna dei pellegrini *di Caravaggio si offre come esempio
di quanto detto. Nei pochi i livelli in cui lo spazio viene frazionato,
Stefania Panelli colloca le parti esenziali del dialogo pittorico che
caravaggio stesso intendeva costruire. Merisi si affidava all'intensità
dello scuro che inghiottiva tutto ciò che fosse inessenziale alla
rappresentazione, Panelli adotta il moderno e analitico metodo della
scomposizione che produce un effetto analogo perchè isola dei percorsi
visivi. Oggi siamo abituati a questo codice, non ci è faticoso passare da un
piano all'altro in moltissime attività intellettuali: dal colto al popolare,
dal comico al tragico in poche sequenze o poche righe. Nel nostro stesso
pensiero si è forse creata questa facoltà di seguire più di un possibile
percorso di ragionamento, nell'attesa di scegliere fra quelle opzioni la più
praticabile. Inevitabilmente, nella pittura – che è anche la forma visibile
del nostro pensare - prende aspetto visibile l'attitudine profonda.
Stefania panelli riesce però a cavare musica anche da questo nuovo
strumento, ancora tutto da scoprire.
Marina Santaniello sembra possedere due qualità che sono molto significative
per un pittore figurativo: quella di essere realista ma anche di saper
essere visionaria.
Nel recente avvicendarsi degli stili in quest'epoca che è stata definita
"della tarda modernità" si assiste ad un vitalismo della figurazione che si
potrebbe, con un termine in voga, definire "trasversale": la
Transavanguardia, il ritocco su base fotografica, l'irruzione della
pubblicità sono tutti fenomeni che, pur tra loro diversi, hanno tuttavia in
comune un linguaggio figurativo; si tratta di forme d'arte molto alla moda,
che hanno l'onore delle pagine scelte nelle pubblicazioni culturali. Il
figurativo, però, è vivacissimo anche nell'opposto schieramento, quello
degli appassionati (non importa se dilettanti o professionisti) che si
riconoscono nella pratica "normale" dell'arte, quella fatta con più mestiere
che teoria, dove i sentimenti non hanno esitazione a farsi riconoscere.
La pittura di Marina Santaniello sembra effettivamente carica di questa
promessa d'affetti: pur nella semplificazione delle forme, la vibrazione del
colore e le situazioni in cui le immagini formano tutt'uno con l'ambiente
sono un po' il modello di quello che significa vivere la realtà in modo
ispirato: senza frammentare lo sguardo in tante percezioni isolate ma
cercando, invece, quello che unisce tutto e che, per forza, è un sentimento
della realtà.
Candida Scanu: l'arte moderna sembra aver spesso tenuto in sospetto le superfici lisce,
meticolosamente trattate, e le velature. Perché? In fondo, queste qualità
furono quelle che alle origini del Rinascimento decretarono proprio la
fortuna della tecnica all'olio di lino che permetteva una redazione del
dipinto dove quasi non si vedeva il segno della pennellata.
Probabilmente, ciò che è così perfetto e impeccabile viene oggi considerato
come metafora della finzione, della cura delle apparenze e, quindi, una
latente ipocrisia. Invece, la franchezza della pennellata, anche quando è
irruente, piace come la schiettezza di carattere di coloro che preferiscono
comunicare senza equivoci, anche a costo di qualche brusco accento.
I dipinti di Candida Scanu offrono un tratto pittorico di grande dinamismo
che riassorbe nella sua corsa figure, oggetti e sfondo, quasi a voler
significare che tutto è composto di una comune sostanza o, per meglio dire,
a tutto appartiene quello slancio vitale che sostiene l'esistenza di ogni
cosa anche di quelle apparentemente inerti.
L'espressionismo, il cubismo, il futurismo e, prima, divisionismo ed
impressionismo sono stati profondamente caratterizzati da questa
fascinazione del movimento che non è solo gusto dell'energia in atto, è
anche il sentimento dell'epoca stesa in cui viviamo la quale ha raggiunto
una certa oscura consapevolezza che l'assoluta stabilità non è attingibile
nella dimensione in cui l'uomo si trova a vivere e il solo modo per
contrastare l'azione demolitrice del tempo è quello di reagire, con
altrettanta forza costante.
Le marine di Candida Scanu hanno, come sfondo, il moto ondoso delle acque
che tende ad imprimersi allo stesso spicchio di cielo; le figure dei
bagnanti partecipano di questa tensione e si inseriscono in essa, per fare
un gioco di parole, come pesci nell'acqua.
Immagine: Michela Lenzi
Inaugurazione 11 gennaio ore 17.30
Biblioteca Marconi
Via Gerolamo Cardano 135, Roma
Ingresso libero