Biblioteca comunale Guglielmo Marconi
Roma
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Prospettive interiori, realta' esteriori
dal 10/1/2008 al 28/1/2008
ore 17.30
06 5593471

Segnalato da

Tiziana Di Bartolomeo




 
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10/1/2008

Prospettive interiori, realta' esteriori

Biblioteca comunale Guglielmo Marconi, Roma

Collettiva. Una mostra che tenta una conciliazione fra due dimensioni, quella esigente e appassionata dell'interiorita' e quella enigmatica e potenzialmente dispersiva del mondo circostante, attraverso il linguaggio espressivo della pittura.


comunicato stampa

A cura di Tiziana Di Bartolomeo

Tutta la modernità si è intensamente rivolta alla realtà interiore, come continente da scoprire, sorgente dello slancio che deve guidare alla rinascita di un rapporto col mondo esterno. La psicologia, l'indagine sull'individuo, l'espressionismo e il surrealismo hanno dato un posto d'onore all'universo intimo; la stessa religiosità moderna si è maggiormente avvicinata alle esigenze della persona singola, come capace di autonoma ispirazione verso il bene. Il genio stesso, in fondo, è un concetto che descrive il rapporto esclusivo, indecifrabile, fra l'artista e la sua interiorità.

Che dire, allora, del suo contrario, la dimensione esteriore, il "fuori", ciò che in psicologia si chiama "l'altro"? Utopie ed ideologie hanno tentato di colonizzare la realtà partendo dalla dimensione personale e teorica ma con scarso successo: la realtà risulta spesso impenetrabile alle indagini troppo preordinate, anche la scienza si trova sempre di fronte a nuovi confini da esplorare. In arte, c'è stato un lungo oblio del cosiddetto realismo, sia per la sua stretta vicinanza con la pratica accademica del disegno e della tecnica sia veruna certa impazienza verso gli aspetti accidentali del vero, che si vorrebbe superare il favore di una concezione più universale.

In questa esposizione si tenta questa difficile conciliazione fra le due dimensioni, quella esigente e appassionata dell'interiorità e quella enigmatica e potenzialmente dispersiva del mondo circostante. Alessandra Buccilli, Dalma Cimino, Michela Lenzi, Stefania Panelli,Candida Scanu e Marina Santaniello offrono al pubblico la loro soluzione, che potremmo considerare, con paragone culinario, come una ricetta per far coesistere due elementi fra loro inizialmente estranei: immaginiamo una ricetta nella quale qualcosa di oleoso debba fare corpo con un ingrediente che abbia dell'acqua. Per fare questa emulsione – questa "metafisica maionese" bisogna operare con accortezza (per non farla "impazzire"), pazienza: insomma, *mestiere.* Le artiste in mostra hanno tale qualità e riescono a dare forma plausibile ad una realtà intima che è anche condivisibile e, all'opposto, ad un realismo che non manca mai di una forte carica esistenziale.

Alessandra Buccilli: il Minimalismo è termine entrato nel linguaggio corrente per designare aspetti della realtà che sono considerati, appunto, di rilevanza assai piccola e quindi non ci si aspetta posano diventare oggetto della raffigurazione artistica. A dire il vero, la storia dell'arte è piena di rivoluzioni che sono state fatte mettendo in evidenza, sotto la luce dei riflettori, temi, tecniche o materiali considerati "minori"; da questo contrasto fra la ribalta della cultura e l'opinione comune che relegava quelle cose fra le ultime nasce un vero incremento di cultura e di gusto che segna la propria epoca. Nelle sue scene di interni ed esterni con figura di Alessandra Buccilli si affida ad inquadrature, che, nella pratica della fotografia, potrebbero apparire casuali ma che sottopone all'*incremento* di una redazione asciutta e intensa. La modernità, in fondo, è essenzialità e forza di convinzione; Buccilli ha una pennellata incisiva e accentua il colore come avviene quando nel ricordo le cose assumono quella intensità che è data dalla partecipazione affettiva. Nelle figure di nudo (quelle che un tempo si chiamavano "accademie") il problema è, in genere, quello di decidere come presentare il corpo femminile (sono più rari, in epoca moderna, i nudi maschili): semplice posa di studio? Una meditazione affettiva con la persona ritratta? La ricerca di un significato più universale? A mio parere Alessandra Buccilli si affida alla terza via, quella cerca, dietro il quotidiano, il segno della condizione umana e nel corpo il luogo dove è custodita la personalità. Pose, quindi, di studio ma anche tagli e composizioni che introducono elementi drammatici; i colori, qui come nelle scene urbane, sono intensificati nel timbro, con una particolare attenzione a dare cromatismo anche alle parti scure, limitando l'uso del nero.

Dalma Cimino: l'Ottocento fu maltrattato dalla critica, salvo per le anticipazioni della modernità; l'Ottocento italiano lo fu particolarmente. Ne rese testimonianza lo stesso Federico Zeri che, nel commentare la qualità di una raccolta privata di incisioni di Fattori, si lamentava del deserto critico ed espositivo che aveva penalizzato quella stagione invece gloriosa. Cosa può avere a che fare un *incipit* di questo genere con la pittura di Dalma Cimino? Il discorso sulla *qualità*. I detrattori della pittura ottocentesca non ne discutono l'alta maestria tecnica, sono in disaccordo con il modo di impostare i temi e nella fedeltà alla tradizione. La letteratura in arte ha avuto vita difficile nell'ultimo mezzo secolo. Dalma Cimino – nella *qualità * - sembra riprendere un discorso interrotto senza farsi intimidire dai pregiudizi. Affronta la figura umana, le scene d'interno e d'esterno, persino il tema simbolico di ascendenza mistica. La tecnica è sperimentata, cioè attuale ma conquistata sul campo della pratica quotidiana; non c'è accademismo nelle sue immagini che sono libere pur se corrette nel disegno. Sa anche percepire quelle situazioni che non sono ancora letteratura ma potrebbero diventare argomento di racconti scritti e li risolve da pittrice, ragionando per spazi e colore; in questo modo, si tiene al riparo dal cedere al gusto ottocentesco per l'aneddoto, un peccato forse veniale che tanto fu scontato da quei nostri antenati. In mostra non sono presenti esemplari delle sue opere musive ma vale la pena di fare un cenno ad esse. La tecnica del mosaico ha una storia che sempre consente di ripetere il fascino del sacro impaccio in cui si muovono le figure del medioevo. La rigidezza e il brillio delle tessere impongono un sovrappiù di agilità nell'artista che deve vincere la natura del materiale ma anche deve saper governare l'intensa luminosità dei timbri cromatici. Un po' come nello spettacolo circense dove l'abilità del domatore fa tutt'uno con il magnetismo delle fiere che sottomette. Il mosaico traversa i secoli, resiste alle intemperie e, per questo, tanto emozionante è la voce che da lontano nel tempo ci raggiunge con tanta chiarezza. Dalma Cimino non ha avuto timore di metter in gioco il suo talento per entrare in contatto con questa tradizione. La sua novità è forse racchiusa nel felice rapporto con le potenzialità del colore che riesce ad essere vivo anche nell'ombra, che sa far reagire i contrasti complementari per dare all'immagine non solo più luce ma anche una segreta energia. Nel gioco di colori di Dalma Cimino sta una sapiente libertà che si trasmette allo spettatore.

Michela Lenzi: la pittrice che imita la natura – non perché la copia ma perché agisce in sintonia con la natura stessa - intreccia una relazione con le cose che rappresenta e si specchia nelle immagini che ha creato un po' come Narciso alla fonte, restando incerta se imprimere il proprio slancio alle cose o farsi da esse plasmare nell'intimo. Nelle opere recenti si assiste ad un progressivo addensamento della macchia cromatica che acquista margini più netti e sembra che alla relativa incertezza della visione del naturale (che si attaglia al linguaggio impressionista) si vada sostituendo un'immagine più mentale, una sintesi dell'*impressione *che si trasforma in *sensazione*, secondo un processo anch'esso molto spontaneo, simile a quello che caratterizza l'apprendimento nella fase evolutiva della nostra crescita. Un dato importante per verificare la *naturalezza* dell'ispirazione di Michela Lenzi è forse proprio contenuto in questo cambiare del linguaggio perché solo ciò che si trasforma può dirsi vivente. Per quanto riguarda i colori, invece, in continuità rispetto al suo percorso originario, la pittrice accosta tinte di intensa qualità, cosa che la sua scelta stilistica (sul crinale tra figurazione ed astrattismo) le consente di fare senza vincoli od inibizioni che in genere derivano dalla scrupolo veristico. Tradotto i termini sentimentali, il colore è verace come un gesto spntaneo.

Stefania Panelli: la figura umana può offrire una sua particolare geometria che molto ha affascinato gli artisti del Novecento. Come uscire dalla strette di un astrattismo che, per non denotare alcuna cosa, può finire con l'essere un gioco ripetitivo e, d'altra parte, come evitare la pesantezza e la qualità "antigraziosa" del verismo accentuato? Stefania Panelli propone una via d'uscita con la sua pittura allo stesso tempo esenziale e riconoscibile, del cubismo di antica memoria ha catturato il gusto per la visione secondo piani che, a volte traversano le forme, come il filo di un pensiero può esser seguito anche nel variare dei contesti (anzi, è proprio "cucendo" tra loro le dimensioni del vivere grazie ad un'idea unificante che si ha la sensazione di dialogare con la realtà). Il suo cubismo è vicino a quello, elegantissimo,di Bruno Cassinari. Si è toccata la storia dell'arte e la citazione dalla *Madonna dei pellegrini *di Caravaggio si offre come esempio di quanto detto. Nei pochi i livelli in cui lo spazio viene frazionato, Stefania Panelli colloca le parti esenziali del dialogo pittorico che caravaggio stesso intendeva costruire. Merisi si affidava all'intensità dello scuro che inghiottiva tutto ciò che fosse inessenziale alla rappresentazione, Panelli adotta il moderno e analitico metodo della scomposizione che produce un effetto analogo perchè isola dei percorsi visivi. Oggi siamo abituati a questo codice, non ci è faticoso passare da un piano all'altro in moltissime attività intellettuali: dal colto al popolare, dal comico al tragico in poche sequenze o poche righe. Nel nostro stesso pensiero si è forse creata questa facoltà di seguire più di un possibile percorso di ragionamento, nell'attesa di scegliere fra quelle opzioni la più praticabile. Inevitabilmente, nella pittura – che è anche la forma visibile del nostro pensare - prende aspetto visibile l'attitudine profonda. Stefania panelli riesce però a cavare musica anche da questo nuovo strumento, ancora tutto da scoprire.

Marina Santaniello sembra possedere due qualità che sono molto significative per un pittore figurativo: quella di essere realista ma anche di saper essere visionaria. Nel recente avvicendarsi degli stili in quest'epoca che è stata definita "della tarda modernità" si assiste ad un vitalismo della figurazione che si potrebbe, con un termine in voga, definire "trasversale": la Transavanguardia, il ritocco su base fotografica, l'irruzione della pubblicità sono tutti fenomeni che, pur tra loro diversi, hanno tuttavia in comune un linguaggio figurativo; si tratta di forme d'arte molto alla moda, che hanno l'onore delle pagine scelte nelle pubblicazioni culturali. Il figurativo, però, è vivacissimo anche nell'opposto schieramento, quello degli appassionati (non importa se dilettanti o professionisti) che si riconoscono nella pratica "normale" dell'arte, quella fatta con più mestiere che teoria, dove i sentimenti non hanno esitazione a farsi riconoscere. La pittura di Marina Santaniello sembra effettivamente carica di questa promessa d'affetti: pur nella semplificazione delle forme, la vibrazione del colore e le situazioni in cui le immagini formano tutt'uno con l'ambiente sono un po' il modello di quello che significa vivere la realtà in modo ispirato: senza frammentare lo sguardo in tante percezioni isolate ma cercando, invece, quello che unisce tutto e che, per forza, è un sentimento della realtà.

Candida Scanu: l'arte moderna sembra aver spesso tenuto in sospetto le superfici lisce, meticolosamente trattate, e le velature. Perché? In fondo, queste qualità furono quelle che alle origini del Rinascimento decretarono proprio la fortuna della tecnica all'olio di lino che permetteva una redazione del dipinto dove quasi non si vedeva il segno della pennellata. Probabilmente, ciò che è così perfetto e impeccabile viene oggi considerato come metafora della finzione, della cura delle apparenze e, quindi, una latente ipocrisia. Invece, la franchezza della pennellata, anche quando è irruente, piace come la schiettezza di carattere di coloro che preferiscono comunicare senza equivoci, anche a costo di qualche brusco accento. I dipinti di Candida Scanu offrono un tratto pittorico di grande dinamismo che riassorbe nella sua corsa figure, oggetti e sfondo, quasi a voler significare che tutto è composto di una comune sostanza o, per meglio dire, a tutto appartiene quello slancio vitale che sostiene l'esistenza di ogni cosa anche di quelle apparentemente inerti. L'espressionismo, il cubismo, il futurismo e, prima, divisionismo ed impressionismo sono stati profondamente caratterizzati da questa fascinazione del movimento che non è solo gusto dell'energia in atto, è anche il sentimento dell'epoca stesa in cui viviamo la quale ha raggiunto una certa oscura consapevolezza che l'assoluta stabilità non è attingibile nella dimensione in cui l'uomo si trova a vivere e il solo modo per contrastare l'azione demolitrice del tempo è quello di reagire, con altrettanta forza costante. Le marine di Candida Scanu hanno, come sfondo, il moto ondoso delle acque che tende ad imprimersi allo stesso spicchio di cielo; le figure dei bagnanti partecipano di questa tensione e si inseriscono in essa, per fare un gioco di parole, come pesci nell'acqua.

Immagine: Michela Lenzi

Inaugurazione 11 gennaio ore 17.30

Biblioteca Marconi
Via Gerolamo Cardano 135, Roma
Ingresso libero

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