L'esigenza di spostare l'attenzione verso spazi meno riconosciuti, meno circoscritti, non protetti dalla pietra delle mura cittadine, ma al contempo intrisi di possibilita' artistiche ha fatto nascere l'idea di questa installazione. Il luogo, in cui il silenzio e la nebbia sono complici, interagisce anche con il tema proposto: la guerra. Un campo verde, tipico della nostra agricoltura, può diventare, infatti, un campo da guerra, un argine, una trincea. Come accade in realta' le care cose di tutti i giorni si trasformano in spazi e presenze estranee e pericolose...
L'esigenza di spostare l'attenzione verso spazi meno
riconosciuti, meno circoscritti, non protetti dalla pietra delle
mura cittadine, ma al contempo intrisi di possibilità artistiche
ha fatto nascere l'idea di questa installazione. Il luogo, in cui il
silenzio e la nebbia sono complici, interagisce anche con il
tema proposto: la guerra. Un campo verde, tipico della nostra
agricoltura, può diventare, infatti, un campo da guerra, un
argine, una trincea. Come accade in realtà le care cose di tutti
i giorni si trasformano in spazi e presenze estranee e
pericolose che ci disorientano.
Da queste considerazioni e dalla schiacciante attualità del
tema, su cui è inevitabile confrontarsi, Ë nato un gruppo di
lavoro formato da quattro giovani artisti (Paul Journey, Silvia
Ferri, Nadir Mognato e Dario Peste) che lavorano in discipline
diverse e che hanno avuto esperienze espositive comuni e
personali.
L'invito è quello di confondersi con il campo, di perdersi e
smarrirsi sollecitando le proprie sensazioni e le proprie
riflessioni: il disorientamento viene alimentato dall'ignoto, dal
buio, dalla nebbia e dalla effetto allusivo delle 4 singole
installazioni.
Nadir Mognato propone un'opera caratterizzata dalla
ripetizione di oggetti, 3 tavoli quasi identici ma che recheranno
ad una più attenta analisi le indicazioni per trovare la strada
del ritorno.
Dario Peste ha pensato ad una installazione musicale che
diffonderà in tutta l'area una musica creata dal mix tra i canti
gregoriani e il muezin afgano.
Paul Journey si ricollega alla tragedia di N.Y. tracciando un
percorso ideale tra Kabul e N.Y. City evidenziato da due grandi
frecce luminose orientate in maniera esatta e da una grande
bussola centrale che segna il Nord. Noi siamo al centro di una
guerra senza rendercene conto.
Silvia Ferri, lavorando a ridosso dell'argine, crea stanze di
panni stesi che asciugano il sangue all'aria. Entrando nelle
stanze una serie ordinata e geometrica di piccole luci verdi
tutte uguali ricordano un cimitero di guerra. Una luce sottile e
un rumore di una sveglia concludono l'installazione. Ognuno
sta dentro delle stanze mentali, lontano dalle cose, ma
neanche l'acqua lava via la morte.
La serata avrà , oltre a questi interventi, una partecipazione da
parte degli artisti che si improvviseranno attoriî confondendosi
tra il pubblico. Un uomo in smoking, un pilota, una lavandaia ...
Questa serata non vuole essere un giudizio o una
manifestazione politica contro la guerra, ma
una "manifestazione sensoriale" più complessa sul significato
della guerra.
Venerdì 30 novembre 2001 - ore 21.00
Via Cucchetti - Noventa padovana PD