Adriano Altamira
Amira
Guido Anderloni
Elizabeth Aro
Nanni Balestrini
Milena Barberis
Maurizio Cattelan
Peppe DiGiuli
Paola Fiorido
Loredana Galante
Eliana Galvani
Silvia Levenson
Maura Garau
Moreno Gentili
Gigi Rigamonti
Keith Haring
Ronnie Cutrone
Valeria Magli
Sara Magni
Running Mannarelli
Andrea Mattoni
Carlo Mattoni
Michelangelo Jr
Claus Miller
Maria Mulas
Silvia Palombi
Andrea Scarabelli
Mariuccia Secol
Jean Toche
Albero Tognola
Michelle Vasseur
Marlene Winkes
Il tema della mostra si inserisce nei nostri giorni per assumere un altro punto di vista da quello fornitoci dal business e dal ridondante spettacolo mediatico della moda. In mostra opere di: Elizabeth Aro, Nanni Balestrini, Andrea Scarabelli, Keith Haring, Jean Toche e molti altri. A cura di Milli Gandini.
a cura di Milli Gandini
artisti partecipanti Adriano Altamira, Amira, Guido Anderloni, Elizabeth Aro, Nanni Balestrini, Milena Barberis, Maurizio Cattelan, Peppe DiGiuli, Paola Fiorido, Loredana Galante, Eliana Galvani, Silvia Levenson, Maura Garau, Moreno Gentili, Gigi Rigamonti, Keith Haring & Ronnie Cutrone, Valeria Magli, Sara Magni, Running Mannarelli, Andrea Mattoni, Carlo Mattoni, Michelangelo Jr, Claus Miller, Maria Mulas, Silvia Palombi, Andrea Scarabelli, Mariuccia Secol, Jean Toche, Albero Tognola, Michelle Vasseur, Marlene Winkes .
Il materiale e la storia vera che lo riguarda, a cui facciamo sempre riferimento nelle nostre collettive con opere di piccolo formato, viene dal diario-romanzo di Paula Fox intitolato appunto Il vestito della festa. Paula ricorda esattamente solo uno dei suoi abitini comprato proprio per lei, bambina adottata, che coincide con la sua prima apparizione in pubblico: la lettura ad alta voce in chiesa di una poesia del reverendo Elwood Amos Corning (lo zio adottivo): “…un abito bianco di mussola che ricadeva dritto dalla pettorina arricciata, con i pois in rilievo e il colletto tondo (…) E così avevo qualcosa di nuovo da mettere davanti alla comunità mentre pronunciavo le parole del reverendo. Adoravo lo zio, e adoravo il vestito a pois.”* L’unico grande avvenimento, di una infanzia durissima, lo ricorderà sempre come una sua festa personale come una presentazione in società con un ruolo più importante di un ballo…
Un rovesciamento completo di ruolo, il cambiarsi d’abito diviene il simbolo di un’investitura, donando la consapevolezza di poter ricoprire più ruoli.
Il vestito inteso come mezzo per giungere alla festa (meta) quindi in effetti un abito mentale, con la decisione di manifestare ironia, malessere, sfida o seduzione - sempre una verità comunque addobbata travestita. Ma non conta il mutare dei tempi e le diverse culture (happy hour prima di cena e il ritrovarsi in discoteca ogni sera, l’abito usa e getta l’“essere in quanto indosso” una routine priva di fascino) è il desiderio della festa che porta alla preparazione interiore che fa la scelta del messaggio personale da emanare tramite il vestito, alla vigilia, nell’attesa di gioia amore successo sta il “…giorno d’allegrezza pieno…”**
Il tema della mostra (come la precedente “La favola del cibo”) si inserisce nei nostri giorni per provocatoriamente assumere un altro punto di vista da quello fornitoci dal business e dal ridondante spettacolo mediatico della moda (alcuni performer mimando le sfilate indosseranno la propria opera) per proporre l’esserci dentro nel vestito e non sentirsi unicamente lati A e B.
Spazio Anfossi
via Anfossi - Milano
Ingresso libero