Verso, Sospeso. Le opere di Moreno Pisapia, a tecnica mista su carta, indagano lo spazio minimo interiore a partire dalla metafora della gabbia. Le opere di Fabio Adani, realizzate con l'evanescenza impalpabile della luce, vogliono suggerire una direzione verso l'evocazione.
Il 12 aprile inaugura, presso D.Gallery, la bipersonale di Fabio Adani e Moreno Pisapia, “Verso, Sospeso”. Il sotteso ossimoro insito nel titolo della mostra pone l’accento sull’ambivalenza del viaggio, in bilico tra movimento e sospensione, tra fisicità e percorso della mente.
Le opere di Fabio Adani, realizzate con l’evanescenza impalpabile della luce, vogliono suggerire una direzione verso l’evocazione, l’introspezione, il dialogo silenzioso e irrinunciabile tra sé e l’opera, ma ancor di più con sé stessi, in profondità, in sospensione;
“Il suo punto di vista è sensoriale, trascendente e metafisico e, di per se, sfrutta le contraddizioni stesse o i vuoti che una simile geometrica struttura lascia all’osservatore. Colore, sedia (o altro tipo di oggetto, laddove l’uomo è più oggetto assoluto che non individualità) luce, in questa triade l’artista sviluppa il suo mondo, quasi come fosse un moderno Demiurgo; la sua maieutica prende direttamente le mosse dal livello metafisico del mondo senza, per questo, dimenticare il “luogo” in cui vive.Gli umani o le sedie in attesa di Adani appartengono, allora, al mondo delle idee di Platone, a quegli assoluti che esistono al di là di ogni referenza nel mondo reale. Le sue opere sono di grandissimo impatto emotivo e di forte intensità visuale. Il progetto di questa ricerca si basa sulla compresenza di due differenti visioni della concettualità contemporanea senza, per questo, tralasciare il lato emozionale dell’opera”. Massimo Sgroi
Le opere di Moreno Pisapia, realizzate per lo più a tecnica mista su carta, indagano lo spazio minimo interiore a partire dalla metafora della gabbia, luogo di costrizione all’interno del quale nasce il desiderio del viaggio che si alimenta di ricordi, sogni, visioni, attraverso scenari che mutano repentinamente.
“Le tracce che passano sulle opere sono sentieri tracciati dal lento passare delle ere. In esse, più che leggere la storia raccontata, si percepiscono le modificazioni, i solchi che gli eventi hanno prodotto. Le linee stesse che percorrono i quadri significano proprio perché sostituiscono l’evento reale, quasi come se assommassero l’inside degli eventi che hanno prodotto la traccia lasciata sull’opera. Ma, quasi come fossero una sintesi di una ritualità antica, esse sono dinamiche, non hanno l’immobilità della cristallizzazione del tempo sono, al contrario, manifestazioni del processo dinamico. Non è casuale che Moreno Pisapia intitoli una delle opere “Ora precipitano, ora si inarcano”. O, ancora “Ombre si addensano” quasi come se sulla superficie della carta o della balsa si verificasse il processo di agglomerazione di una funzione di per se immateriale.” Massimo Sgroi
D.gallery
Via Balme, 20 - Torino