Galleria Bonioni Arte
Reggio Emilia
corso Garibaldi, 43
0522 435765 FAX 0522 435765
WEB
Fabian
dal 29/4/2008 al 10/5/2008

Segnalato da

Bonioni Arte



approfondimenti

Fabian
Domenico Montalto



 
calendario eventi  :: 




29/4/2008

Fabian

Galleria Bonioni Arte, Reggio Emilia

Eye. In questo inedito ciclo di immagini fotografiche l'azzurro del cielo e' una presenza costante, come quella dei corpi, che restano l'oggetto e il fine principale dell'obiettivo dell'artista. A cura di Domenico Montalto.


comunicato stampa

a cura di Domenico Montalto

«Il cielo è il pane giornaliero degli occhi»: l’affermazione di Ralph Waldo Emerson può in parte spiegare perché in questo inedito ciclo di immagini di Fabian l’azzurro del cielo sia una presenza costante, come quella dei corpi, che pur restano l’oggetto e il fine principale dell’obiettivo. I nostri occhi, sembra dire il poeta americano con geniale paradosso, sono fatti per guardare non avanti, ma in alto. Il che non va preso alla lettera. L’«alto», secondo le filosofie antiche, era infatti il luogo della profondità, dell’idea celeste di bellezza. E non c’è dubbio che Fabian, facendo qui coesistere due contrari, il corpo umano – emblema della finitezza per antonomasia – e l’infinitezza del cielo, metta in opera un suo singolare poeticissimo ossimoro, quasi a dirci: la sfrontata perfezione della danza, dell’amore, del ritmo, della forza, dell’intreccio vitale di giovani membra merita quel glorioso palcoscenico, quel fondale sublime.

In queste sue recenti bellissime fotografie Fabian riprende, con rigorosa coerenza, la tematica tersicorea intrapresa col precedente ciclo dei Corpi all’infinito. Corpi flessuosi, pieni di graziosa energia danzano e si librano stagliandosi contro un cielo nitido, terso, luminoso, racchiusi in un triplo «occhio». L’occhio dell’artista; quello dell’obiettivo fotografico; e l’oculo, la tonda finestra dell’aerea architettura del ponte costruito da Santiago Calatrava che scavalca l’Autostrada del Sole alle porte di Reggio Emilia: un’apertura circolare, ispirata a quelle dei tempietti quattrocenteschi, entro cui vediamo esibirsi danzatori e danzatrici dalla potente, atletica fisicità, impegnati in acrobazie ginniche, ora singoli ora in coppia, stretti in un abbraccio appassionato e sensuale, teso come tese sono le corde d’acciaio degli stralli che ascendono alle nuvole, sospendendo il ponte fra terra e cielo. Per ambientare questa sua nuova ricognizione della gloria somatica e della danza, Fabian ha scelto un’immensa, bianchissima arpa adagiata nell’aria, una struttura tecnologica «firmata» da un architetto di grido. Qui la danza – la prima fra tutte le arti, l’atto dionisiaco per antonomasia – convive con un’ardita icona del nostro presente, unendo primordialità e attualità, performance e scienza, in una parsimoniosa ma cristallina sfera cromatica di bianchi, di azzurri, di grigi, di rosa carnicini, di verdi chiari.

In queste immagini scolpite dalla luce e dal controluce i tre oculi, – la coscienza di Fabian, l’occhio ottico della fotocamera e l’occhio architettonico – sono l’uno metafora dell’altro; sono un gioco di specchi e di rimandi entro i quali l’autrice ferma, con impareggiabile eleganza formale, momenti di poesia del corpo e della natura legati al leit-motiv della danza.

E non solo il ponte di Calatrava, ma anche le storiche piazze e strade di Reggio Emilia, le campagne e i pioppeti del Reggiano fanno, in questo ciclo fotografico, da scenario o meglio da palcoscenico di passi e di gesti armoniosi, colti nella loro felicità dallo sguardo di un’artista internazionale che ha scelto la natìa terra emiliana come location e backstage di nuove visioni, di nuove forbite impaginazioni.

Fabian dimostra una conoscenza profonda dei linguaggi formali e mediatici della nostra epoca, soprattutto della foto e del réportage di moda, che ha saputo reinterpretare con originalità di ricerca e di risultati. Tuttavia nel suo operare non c’è artificio alcuno: nelle sue foto séguita a vivere l’antico mistero della fotografia, che mette in posa la realtà per rivestirla d’una bellezza nuova e sorprendente. Per Fabian l’immagine, cioè la forma estetica, preesiste al reale: basta saperla cercare e trovare per mezzo dell’occhio indagatore e scopritore. Tutto è immagine. Del resto il celebre incipit del vangelo giovanneo (En arché en o logos, «In principio era il verbo») ci ricorda come l’idea concettuale preceda l’oggetto, perché la bellezza è innata, archetipa nella mente umana. Tutta l’etimologia connessa all’atto creativo del vedere attesta la possibilità di una tras-formazione, come avviene nell’alchimìa, guidata dall’azione creatrice dell’oculo. Il latino imaginor è un verbo che indica un’attività sottile della mente, e imagines erano i fantasmi, le apparizioni illusorie, fra le quali l’eco dei suoni e – appunto – il riflesso dello specchio.

Queste stupende fotografie di Fabian sono frutti puri della visione, ottenuti restituendoci l’aura sublime delle persone, dei modelli, dei danzatori, e non manipolando elettronicamente le immagini in forma digitale, come avviene in certa «fotografia» contemporanea, dove la scansione della foto tramite il photoshop (fotoritocco elettronico) genera icone virtuali, geneticamente modificate. Fabian è invece fotografa di razza: il suo sguardo coglie in presa diretta, senza mediazioni tecnologiche, per intuito e per misteriosa affinità elettiva, come dimostra la purezza quasi rinascimentale di questa suggestiva suite d’immagini. Fabian ci restituisce l’aspetto poetico celato nelle forme e nel movimento, il “meraviglioso” di una realtà che guadagna un’altra dimensione mentale – modernissima, nella quale tutti possiamo riconoscerci – confermandoci quanto sosteneva Roland Barthes nei suoi Frammenti di un discorso amoroso: «…L’essenza della fotografia non è il rappresentare, ma il rimemorare».

Domenico Montalto

Inaugurazione 30 aprile 2008

Spazio Bonioni Arte
corso Garibaldi 43 - Reggio Emilia
Ingresso libero

IN ARCHIVIO [42]
Tensioni
dal 9/10/2015 al 28/11/2015

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede