Un'operazione che potrebbe essere facilmente etichettata come 'arte pubblica'. Due artisti, SK e ET, per circa 6 mesi, tra il 2006 e il 2007, si sono attribuiti dei nick name, e hanno iniziato a chattare. Prima si sono costruiti un'identita', una seconda vita, e poi sono entrati nel clan, ponendosi in rapporto, in relazione con gli altri.
a cura di Maria Rosa Pividori
LA MAIEUTICA IN CHAT
di Angela Madesani
Un’operazione come quella di Salvatore Falci e Simona Barzaghi potrebbe essere facilmente etichettata come “arte pubblica”. Due artisti, SK e ET, per circa sei mesi, tra il 2006 e il 2007, si sono attribuiti dei nick name, e hanno iniziato a chattare. Prima si sono costruiti un’identità, una seconda vita, e poi sono entrati nel clan, ponendosi in rapporto, in relazione con gli altri.
Nessun trucco, nessun imbroglio. Hanno giocato pulito, si sono rivelati, hanno conosciuto persone, ci sono andati a bere un caffé, a mangiare una pizza-perchè no?- a letto. «Dal reale al virtuale e ritorno senza virtù», per usare le parole di Falci. Il materiale raccolto ora dà vita a un libro di circa cinquecento pagine. È uno spaccato antropologico in cui si intrecciano trame, passaggi esistenziali, giochi, battute, infelicità, drammi: quotidianità. Un’azione di arte contemporanea diviene così opera letteraria.
I fogli stampati con la corrispondenza in chat, opportunamente censurati[1][1], sono incorniciati, impacchettati”, in ordine cronologico, e appesi. All’interno della mostra, inoltre, sono anche due postazioni attraverso le quali i visitatori possono chattare, provare il brivido di un’identità virtuale più o meno virtuosa. Ma ritornando all’affermazione iniziale, appunto, un’operazione come questa può essere definita “arte pubblica”? Oltre al fatto che le etichette sono quasi sempre un limite, un cassetto troppo piccolo, dove stipare faticosamente le cose.
Trovo che il lavoro di Barzaghi e Falci, che hanno operato autonomamente, sia, anzi, un’ottima occasione per fare luce sull’abuso di termini facili, di mode culturali e a maggior ragione artistiche. Falci dagli anni ottanta, dal tempo dei Piombinesi e quindi, nel decennio successivo, quando è uno dei motori del gruppo Oreste, antesignano in molte delle più interessanti operazioni dell’attuale panorama artistico, afferma che il compito dell’artista non è quello di creare, piuttosto quello di fare uscire, come una levatrice.
Anche questa è un’operazione maieutica dove i due artisti hanno indotto partecipato attivamente alle situazioni senza interpretarle. Hanno inserito il granello di sabbia nell’ostrica. Il lavoro di Sophie Calle Take care of yourself (2007), all’ultima Biennale, potrebbe apparire vicino al loro, ma tuttavia là è stata compiuta un’operazione di interpretazione che qui non c’è.
Barzaghi e Falci si pongono dentro le cose e non cercano di sottoporcele modificate, sono registratori e allo stesso tempo interpreti delle diverse situazioni. E il pubblico determina effettivamente il risultato finale. È protagonista e quindi coautore. Come di rado accade nella cosiddetta “arte pubblica” e come è stato nelle Esposizioni in tempo reale di Franco Vaccari, a partire dalla fine degli anni sessanta.
Inaugurazione mostra giovedì 15 maggio 2008 ore 18/21
10.2! DIECI.DUE! international research contemporary art - associazione culturale
L.go Isabella d'Aragona 1, Milano (angolo Via Bocconi 1/dentro le mura spagnole)
ingresso libero