Nello scorrere gli appunti di Daria Cerqueni che ho davanti, nell'accingermi a dire qualcosa della sua esperienza e del suo percorso artistico (iniziato nel '94 con l'arrivo nel mio laboratorio e proseguito a partire dal suo accoglimento della difficoltà e della durata di una formazione interminabile), mi viene a mente il vecchio adagio natura maestra di vita, che mi interroga altresì sulla collocazione, per così dire "esterna" dell'essere umano nella natura, pur facendone parte. Contraddizione insanabile, doppio irriducibile che ci destina ad essere osservatori e osservati, testimoni, interfaccia.
Nello scorrere gli appunti di Daria Cerqueni che ho davanti,
nell'accingermi a dire qualcosa della sua esperienza e del suo percorso
artistico (iniziato nel '94 con l'arrivo nel mio laboratorio e
proseguito a partire dal suo accoglimento della difficoltà e della
durata di una formazione interminabile), mi viene a mente il vecchio
adagio natura maestra di vita, che mi interroga altresì sulla
collocazione, per così dire "esterna" dell'essere umano nella natura,
pur facendone parte. Contraddizione insanabile, doppio irriducibile che
ci destina ad essere osservatori e osservati, testimoni, interfaccia.
E' lì, in questo "fra" che, mi sembra, Daria collochi il suo
cavalletto (mobile per eccellenza, malfermo e precario), cioè a metÃ
strada fra la certezza illusoria dell'io "che già sa" e la natura "che
fa" agita da una conoscenza che ci trascende e ci interroga.
Il riemergere del sacro. quanto più ci si distanzia
dalla natura umana ormai degradata, disperatamente inconsapevole.
Daria Cerqueni non ama dipingere gli umani; ad essi preferisce sempre
alberi, boschi, squarci, vecchie strade, sentieri, cielo.
Il suo
segno-gesto non è umanamente espressionista né concettualmente
astratto in senso kandinskiano ma profondamente cezanniano, teso cioè
verso lo schiudersi di una progressiva conoscenza-coscienza di se e del
mondo, un fare con attenzione, rigore e tempo (tutto il tempo
necessario.), un avvicinarsi progressivo alla struttura della natura,
nella sua specifica vegetale, per introiettarne i suoi ritmi, le sue
virtù. La sua pittura-esperienza così ascende, per successivi
dissolvimenti del suo ego, propiziati dal dischiudersi al suo sguardo,
passo dopo passo, dell'esistenza nobile, dell'essenza eterna e quindi
sacra della natura senza l'uomo.
I suoi quadri testimoniano il
progressivo espandersi accogliente della "sua natura".
I quadri di Daria Cerqueni si impregnano progressivamente di
semplicità quanto più cresce la sua tecnica:
non c'è semplice dove regna il facile.
Come in Mondrian, tutta l'arte di Daria Cerqueni è tesa alla
semplificazione e alla ricerca dell'essenziale.ma è lunga la via da
percorrere per trovare il semplice...va attraversata la difficoltà .
Come fare a convincersi oggi che è la strada più lunga a portarti a
casa prima, come in un bordo di bolina, come in una salita in montagna.
Iniziare un vero percorso artistico equivale ad accettare che il tempo
"si segni", ci insegni, ci cambi.
Per Daria Cerqueni il dipingere è dare senso
all'Intervallo perduto (G. Dorfles) anche a costo
di essere fuori tempo.
E' possibile trovare il semplice senza aver considerato la
complessità ? Come cavar Natura dalla natura? e percepire l'equilibrio
se si è squilibrati, e vedere gli oggetti essendo miopi, e ascoltare
se distratti? E' l'attenzione ciò che necessita ad ogni dispiegarsi di
verità , quella di Cezanne, quella di Nicolas de Stael, di Zao Wou
Ki...maestri-faro incontrati per strada e, come strada, percorsi,
mirati.
Sistemare il Mito dinanzi a se per vivificarlo col proprio fare laddove
lo sguardo all'indietro, sistematico, lo rende mitologia inservibile.
L'Arte parte dal non sapere, dal far husserliana "epochè"! E' ciechi
che si inizia un itinerario artistico. E' considerando il nostro limite,
la nostra inadeguatezza, il nostro deficit. Come ammetterlo, perché
farlo? Accade. Dove, in ogni vita, inizia a fallire l'illusione del
controllo su ciò che è Altro, sul nostro es, laddove, nel percepirsi
vacillare non si ammette né droga né psicofarmaco a dissolverci il
disagio, lì è il luogo di ogni cominciamento, di ogni passo di
un'impossibile presa definitiva (cioè che definisca, controlli,
completi). Nessuna fine e nessun fine in un percorso artistico.solo
rilanci all'infinito, semplificando ancora, accogliendo nuove domande.
Come capire l'arte contemporanea e come poterla amare se non si coglie
la relazione profonda instaurata dopo la fine degli accademismi
(complice anche l'invenzione freudiana dell'inconscio), fra l'opera e
l'autore, fra l'io profondo (l'es) e il suo specchio, fra contenuto e
contenitore, fra motivo esigenza e dunque forma.
L'arte visiva è "forma informata" dall'autore che ne viene sorprendentemente a conoscenza per primo e se ne nutre divenendo
Altro.
Il lavoro di Daria Cerqueni, nella sua raggiunta personale bellezza,
parla di tutto ciò con umiltà e fermezza: ora sta a noi trovare la
via per intenderlo.
inaugurazione :
sabato 19 gennaio 2002 ore 18.30
A.C.T.I.S.
via Corti 3/a Trieste
orario:
giovedì 19.00-20.30
venerdì 19.00-20.30
sabato 17.00-19.30
domenica 11.00-13.00
catalogo a cura di Paolo Cervi Kervischer in galleria