Fresh air sur Terre. L'artista osserva la quotidianita' e la racconta con un linguaggio contemporaneo e accessibile. Problemi concreti come il traffico, l'inquinamento e il malessere - con i quali ogni giorno dobbiamo fare i conti - sono simulati in installazioni e fotografie.
A cura di Lavinia Filippi
Con la liberalizzazione dell’accesso all’informazione, guerre, catastrofi naturali, fatti di cronaca e storie di ordinaria esistenza sono spettacolarizzati e dati in pasto a tutti. L’arte che è spesso stata lo specchio della società, oggi è più che mai coinvolta e deve fare i conti con le contingenze che entrano a far parte e contaminano la quotidianità. Per questo motivo probabilmente molti artisti contemporanei raccontano la realtà attraverso una nuova interazione tra i linguaggi dell’arte e i mezzi di espressione che negli anni si sono infiltrati nella nostra cultura diventando un pozzo inesauribile di contenuti, con una forte influenza sulla forma. La storia dell’arte così come la musica, i videoclip, la moda, la fotografia, il cinema e internet, sono infatti fonti, e linguaggi, che vengono usati per raccontare verità romanzate, verosimili illusioni o banalità, generate e condivise velocemente attraverso i network virtuali.
Nella mostra Fresh air sur terre, Jasmine Bertusi osserva la quotidianità e la racconta con un linguaggio contemporaneo e accessibile. Problemi concreti come il traffico, l’inquinamento e il malessere che ne derivano, con i quali ogni giorno dobbiamo fare i conti, sono simulati nell’istallazione e nelle fotografie della Bertusi. Più di seicentomila macchine giocattolo ricostruiscono, senza sdrammatizzare, una situazione che quotidianamente siamo costretti ad affrontare. Il traffico in una città come Roma, che vive in un equilibrio precario tra eterno splendore e accettazione passiva del progresso, è una rincorsa al benessere che passa attraverso un accumulo di tensioni psicologiche, costrizioni fisiche e degrado dell’ambiente.
Alle 8.30 del mattino siamo incastrati in un mosaico di automobili con il muso puntato verso lo stesso orizzonte. Poi di nuovo alle 18 o già alle 16, in attesa di guadagnare qualche centimetro verso la meta. Tutto è immobile in un fermo immagine che vibra al suono muto del motore. Poi scatta la luce verde e comincia la lotta. Uno vicino all’altro alla conquista della strada, ogni centimetro è importante e non bisogna farselo soffiare. Si scatena l’aggressività, la rabbia, la frustrazione. Una guerra contro tutti, ma anche battaglie bilaterali quando il vicino di ingorgo è più accanito di te e ti ha sorpreso distratto o soprappensiero magari occupato a mandare un SMS o a finire una telefonata che giustifica il ritardo.
Allora prende vantaggio della situazione e tenta il sorpasso e non molla fino a quando il suo cofano non ha superato il tuo e poi riprende a lottare con la fila più avanti ormai convinto del vantaggio acquisito a tue spese. Tutti in coda con la rabbia che sale, è un odio contro gli altri che proprio quel giorno e a quell’ora hanno deciso di passare di li. La tensione è alta, sembra esplodere all’interno ma anche all’esterno dell’abitacolo. Volano parole, insulti che pesano, ma che sono solo di circostanza. Un odio represso che esce tutto insieme, probabilmente dovuto a una infelicità lasciata al punto di partenza o forse all’insoddisfazione che ci aspetta all’arrivo. Una frustrazione che si espande, fino a toccare quella del vicino, creando una cappa opprimente e densa che toglie il respiro e amplifica l’assordante coro di motori. In fondo siamo tutti uniti da questa sgradevole nube, in un moto perpetuo e schizofrenico tra lunghi attimi di vibrante pausa e fugaci scatti che ci riempiono di soddisfazione. In quel preciso momento però, l’unica cosa che conta è guadagnare un centimetro.
Di Lavinia Filippi
Fondazione Pastificio Cerere
Via degli Ausoni, 7 - Roma
Orario: lun-ven 15-19
Ingresso libero