La mostra Exclusively Drawings presentata 36 lavori su carta che coprono la maggior parte dell'arco temporale dell'attivita' dell'artista e che rappresentano le principali fasi del suo lavoro: dal celeberrimo ritratto di Mario Schifano sino al piu' recente Dont Walk realizzato nel 2006.
La galleria Rossoquarantuno presenta la mostra di Enrico Manera Exclusively Drewings. Saranno presentati trentasei lavori su carta del maestro che coprono la maggior parte dell’arco temporale della sua attività e che rappresentano le principali fasi del lavoro dell’artista. Dal celeberrimo ritratto di Mario Schifano, presentato per la prima volta in occasione della mostra Mario Schifano da 1 a 10 (presso lo Studio del Canova a Roma) di fine anni settanta, sino al più recente Dont Walk realizzato nel 2006. La mostra si colloca in un momento di grande interesse per l’opera di Enrico Manera; in occasione dell’esposizione pugliese sarà pubblicato un catalogo di 48 pagine con un testo critico di Piero Boccuzzi.
ENRICO MANERA di Piero Boccuzzi
La caparbietà con cui Enrico Manera porta avanti il suo lavoro e la notevole incidenza che assume la sua opera all’interno delle vie consolidate della cultura collettiva rappresentano una vitalità particolare nel contesto del complesso panorama dell’arte italiana; la sua generosità coloristica, la sua inattaccabile positività, il suo umore libero e scevro da ogni compromesso, la sua cifra stilistica popolare lo differenziano dagli altri, lo rendono un ottimo osservatore e un profondo conoscitore, come sottolinea Duccio Trombadori, della comunicazione globale. È naturale definirlo un ricercatore infaticabile, uno studioso che tende a fare uso di tutti gli strumenti possibili che il sapere, il suo sapere, gli mette a disposizione per investigare, progettare e creare; tutto nelle sue mani diventa fonte di attrazione, curiosità, riflessione e rielaborazione. Di fatti, quelle enormi accensioni, quei tratti che tendono ad annullare e a interrogare la rigidità consolidata di alcuni simboli del potere comunicativo diventano intriganti e affascinanti quesiti che il ricercatore più attento pone alla Storia o, ricordando la lezione di Benedetto Croce, alla Storiografia ufficiale. L’enorme mole di dubbi e domande scardina celermente l’indifferenza dello spettatore meno accorto con quella forza che è caratteristica peculiare e imprescindibile delle sue opere pittoriche e non.
Manera preferisce attaccare il nemico direttamente, lo affronta a viso scoperto, lo aggredisce sferrando il colpo proprio nel punto più solido e meno vulnerabile, il posto da cui può trarre maggiore visibilità, per svelare le contraddizioni legate alla loro ineccepibile condotta morale che diviene simbolo dell’interesse collettivo. Attaccare le grandi compagnie produttive divenute quasi istituzionali vuol dire raccontare le contraddizioni che viaggiano indisturbate sulla scia della contemporaneità, vuol dire infastidire chi serenamente li reputa come giusti esempi di democraticizzazione planetaria. La sua ricerca si allinea non tanto con le idee degli artisti dalla Pop americana (a cui sembrerebbe alimentarsi costantemente) ma con il lavoro che ha reso famoso Arman in Europa a inizio anni sessanta: non ha più senso scavare nei rifiuti e salvaguardarli sotto plexiglass, trasformandoli in cimeli, per capire e evidenziare i contrasti che la società produce, consuma e scarta; adesso bisogna scoprire cosa si nasconde dietro i lustrini abbaglianti di una forma accattivante divenuta oramai familiare che vive a stretto contatto con noi e ci segue con infaticabile discrezione.
Analizzando tali aspetti e sistemandoli come tasselli di un infinito e gigantesco puzzle sul tavolo della logicità storica, Manera compie una operazione filologica di recupero e sistemazione dei “documenti” che domani serviranno ai sociologi, dedicandosi a quella fitta rete di rapporti che regola la dinamica del potere economico e quindi politico, creando una alfabetica corrispondenza tra quel mondo e l’arte. È un gioco a cui divertito si sottopone con quella semplicità che è propria dell’artista, della persona che in un momento accumula riflessioni e pensieri e li sistema come un archeologo fa con i reperti di un’antica società ordinandoli con una vivacità mentale che libera nuove soluzioni e collegamenti da cui trarre le dovute considerazioni. Ecco che la pittura travalica la semplicità decorativa, l’ostacolo che risulta essere vincente dal punto di vista mercantile, e si tramuta in una questione squisitamente mentale e non concettuale perché la sua arte, pur essendo ricca di spunti interpretativi, fa a meno di assonanze pseudo misticheggianti e cerebrali per descrivere un concetto rimanendo sempre ancorata ad una sorta di equilibrio etico che risulta essere efficace al punto di eludere l’affannosa questione della lettura della Pop Art (ammesso che ne faccia parte) in chiave figurativa. L’arte non ha costrizioni di sorta e non si è mai preoccupata di formulare sentenze o di etichettare i veri artisti.
Oggi, a distanza di anni il lavoro di Enrico Manera assume i caratteri classici di una carriera compatta, se pur ricca di avvenimenti particolari, dalla ineccepibile linearità poetica e programmatica. I suoi lavori esprimono l’idea di un work in progress costante, di un continuo girovagare all’interno di una struttura che percepisce solo sovrastrutture ridondanti e pericolose sempre pronto a far emergere quello che di contraddittorio in essa si sviluppa e si consuma. Enrico Manera ama il caos, ama le esplosioni controllate, ama far rumore e riesce, con le sue gesta, a produrre l’effetto desiderato spingendosi di sovente fuori dai canoni prestabiliti con una semplicità disarmante e allarmante, come se avesse sempre un piede in avanti pronto per occupare ancora una volta territori inesplorati e quel futuro più prossimo che ultimamente gli risulta essere molto familiare.
inaugurazione sabato 20 Settembre 2008, h. 19
ROSSOQUARANTUNO Galleria d’arte contemporanea
Via delle Crociate, 41 – Trani (Bari)
Orario apertura: 10.30/13.00 – 18.00/21.00
ingresso libero