Sutures. Tele di medio e grande formato, immagini e rielaborazioni digitali, numerologia, macchie, rattoppi chirurgici e mezzitoni, esprimono chiaramente la forza del medium linguistico maturato dall'autrice.
di Guglielmo Greco
All’interno del progetto Cibo&Arte 2008/2009, CasaRita Show Food in via Berardi a Taranto, inaugura la nuova stagione di appuntamenti con le arti contemporanee, con una personale dell’artista MariaMex - che tra segni, immagini, lacerazioni e suture - traccia un altro capitolo in questa nuova edizione.
Nell’exhibition intitolata “Sutures (Suture)” tele di medio e grande formato, immagini e (ri)elaborazioni digitali, numerologia, macchie, rattoppi chirurgici e mezzitoni, esprimono chiaramente la forza del medium linguistico maturato dall’autrice dopo un lungo periodo di assenza dalle scene artistiche, come momento di riflessione e ricercata sperimentazione stilistica.
Una ricerca che ha portato l’autrice fino a questa personale, in nuovo concetto che passa dalla wet art (arte bagnata) per poi attraversare un altro concetto di Nuovo Simbolismo, senz’altro molto più contemporaneo.
Proprio da questi ultimi rattoppi chirurgici, strappi, suture e cesure di tessuti organici rivitalizzati da cromatismi talvolta netti o del tutto evanescenti, l’autrice esplora e rivive un promettente stato di grazia, creativo ed emotivo, amplificato e visualizzato in questo suo ultimo percorso espositivo.
Le ferite, le ricuciture, anche quando appaiono ridondanti e disturbanti, ci rassicurano sul fatto che noi per primi, siamo esseri in balia del gioco di un destino molto spesso cinico, macabro, spietato.
MariaMex ben sa come comunicare ogni stadio di avanzamento e metastasi del dolore, fino a traslocare in una o più possibili rinascite, meritato traguardo di una dimensione che le permetterà di entrare in una modalità di contatto molto più risolta e cosciente che certi eventi, quotidiani e universali, hanno obbligato ad affrontare.
Il numero “37”, ricorrente molto spesso nell’iconografia di MariaMex, si riduce ad un Tutto unico e inscindibile, marchiando l’intero linguaggio espressivo dell’autrice. Così come nella numerologia satanica, il numero “666” è il numero terrorifico distintivo della Bestia, che si preannuncia prima di corrompere e devastare qualsiasi essenza nell’animo umano.
Per cui rotaie, binari, grandi campiture bagnate, risultato di una tecnica d’azione rapidissima e istintiva (dal momento che sulle tele, inchiostri puri ed ecoline, risultano essere troppo liquidi), partecipano ad uno schema compositivo assolutamente insolito e inedito, denso di grande fascino e significati.
Come enormi scenografie, le deliranti visioni di MariaMex ci parlano di dimensioni interiori, paesaggi irrisolti o, perché no, di mappe psico-emotive a volte clementi, talvolta troppo severamente impervi; quasi a ricordarci che persistenza, tempo e longevità, restano in ogni caso, concetti assolutamente astratti e paradossali, a tal punto da illuderci e fino a prevaricare qualsiasi azione razionale.
Privilegi che di certo non appartengono alla sfera umana.
Con prevedibili effetti e conseguenze emozionali a dir poco devastanti e ulceranti.
Sarà per questo, forse, che l’artista agisce nella stessa nervosità ansiogena, urticante e pungiforme di certe piante mediterranee, che proprio per sopravvivere ad agenti atmosferici e attacchi temporali, modificano inesorabilmente le fito-superfici della propria essenza, con spaccature e lesioni di ogni forma e profondità.
Una volta ricucite naturalmente dal sole, dall’azione di succhi e secrezioni naturali, non rimane che un altro aspetto della loro bellezza: passaggio obbligato per una nuova rinascita.
Ultima catarsi di una ricerca sofferta, emaciata, ricostruita, ma di sorprendente e dirompente bellezza e intensità. Stupefacente e alchemica combinazione di materie, pittogrammi, fotografie, elementi umani e icone che compartecipano all’azione comune del gesto creativo di MariaMex.
Dalla fotografia all’installazione, dalla pittura al video, l’artista riesce a farci riattraversare ogni stato del dolore e delle angosce, prima di varcare la soglia di un presente molto più indulgente e rasserenante. Proprio perché il costante senso di precarietà della persona, dell’uomo in genere, occupa dimensioni sociali troppo ingombranti e sconvolgenti per potersi arrogare la pretesa di un controllo assoluto sull’azione erosiva dell’Infinito. Che tutto controlla e muove, senza troppi sconti emotivi e parzialità alcune.
E prima di tornare ad un nuovo equilibrio sarà necessario, in ogni caso, epurarsi totalmente, ripulirsi del pus fuoriuscito da escrescenze e lesioni di qualsiasi forma e natura, che il dolore provocato da certe ferite dell’anima ci porta a sviscerare con non poche difficoltà e tribolazioni.
Casarita Show Food
via Berardi, 81/83 - Taranto
Ingresso libero