Palazzo Primavera
Terni
via Giordano Bruno, 3
0744 5441227, 0744 4831
WEB
Maria Giulia Alemanno
dal 10/10/2008 al 5/11/2008
mart-dom 10 - 13 / 16 -19

Segnalato da

Massimo Olivetti




 
calendario eventi  :: 




10/10/2008

Maria Giulia Alemanno

Palazzo Primavera, Terni

Mis Orishas tra gli Altari della Santeria Cubana. In occasione della personale l'artista ha realizzato su ruvida tela di sacco quattro nuovi grandi ritratti immaginari di divinita': Osain, Olokum, Iroko e Obba'.


comunicato stampa

Si va ampliando il personale Pantheon Yoruba di MARIA GIULIA ALEMANNO, l’artista italiana che Cuba riconosce come ambasciatrice dei propri Orishas, le divinità che gli schiavi portarono dall’ Africa , come unica ricchezza e speranza, quando raggiunsero l’isola a bordo di navi spagnole.

In occasione della personale a Palazzo Primavera, Terni, Maria Giulia Alemanno ha realizzato su ruvida tela di sacco quattro nuovi grandi ritratti immaginari di divinità: Osain, signore delle erbe medicinali,, Olokum, padrone degli abissi, Iroko, la ceiba, l’albero sacro che accoglie tutti gli Orishas, e Obbá, simbolo della fedeltà coniugale e signora della solitudine.

La mostra, organizzata dall’Associazione Nazionale di Amicizia Italia – Cuba, con il Patrocinio del Comune di Terni e la collaborazione dell’ Associazione Culturale Onlus Elegguà, è parte del percorso espositivo ORISHAS. Sincretismi Afrocubani , curato dal Prof. Carlo Nobili in occasione dell’Incontro Europeo di Solidarietà con Cuba, che prevede inoltre una mostra fotografica sulla Santeria cubana ed una grande istallazione di altari dedicati ad Obatalá, Changó, Ochún e Yemayá, quattro delle principali divinità dell’ olimpo afrocubano.

AFRICHE E MEDITERRANEI

C'era una volta la barbarie. C'era una volta un tempo in cui gli uomini non rappresentavano se stessi, le proprie glorie, i trionfi, i successi o le emozioni e le attese.
Rappresentavano invece oscure forze della natura, dei o spiriti, per ingraziarli, venerarli, imitarli, accattivarli. Questo è il confine di quella che noi chiamiamo arte.
La rappresentazione di un mondo che ormai diventa più conosciuto, conoscibile e, quindi gentile, in contrapposizione con gli anni in cui l'esigenza era quella di immettere nell'oggetto o nel manufatto l'essenza vitale e la forza, per conferire al blocco di legno o di pietra, magia, scongiuro, potenza, vitalità.

La “barbarie”, in questa accezione, è una categoria universale che ha attraversato i secoli dell'antica Europa, come dell'Africa stessa. Uscivano dalle foreste africane, come dai boschi di conifere del nord, ma anche dalle spiagge del Mediterraneo, maschere lignee, monoliti, dolmen, effigi di graniti e arenarie. inconsapevoli di naturalismo, ma evocatori dell'oltre, pilastri di confine e tramiti tra l'umano e il soprannaturale, l'essere e l'esistere, la fragilità della vita e il potere della morte. Presenze ormai lontane e remote, sentinelle di un mondo lasciato alle spalle, ma ancora cariche del fremito dell'ignoto, potenti nella loro insondabilità, aliene e incom-prese.

Maria Giulia Alemanno questa “ barbarie” l'ha trovata a Cuba. Lei, pittrice di fuochi e di risaie, dice di aver scoperto nell'isola caraibica i colori che aveva sempre cercato. Ha trovato di più. Ha trovato nell'evocazione degli Orishas la chiave per esplorare l'universo della forza e della potenza primigenia. Non è casualità che i suoi spiriti danzino su tela di sacco.

La materia, in questo universo profondo, incorpora gli elementi vitali e li trasfigura. La ruvida iuta veste e calza spiriti incatenati e deportati tra due continenti.

Non è un caso che siano sospesi per aria, a marcare una distanza fisica e, contemporaneamente, ad esercitare un'attrazione magnetica. Così mi chiedo, per quale combinazione astrale lei, donna del nord, nata tra nebbie e orizzonti limitati e conclusi, può immergersi nel caos primitivo della consustanziazione tra umano e inumano, tra corpo e spirito. Per quali percorsi inconsci questa viaggiatrice di latitudini dell'anima e di emozioni ha trovato dentro di sé il modo di penetrare l'ancestralità remota. Come può il suo Changó incedere con la stessa eterea falcata, la stessa grazia sovrannaturale, del Principe dei Gigli del palazzo di Cnosso. O la sua Yemayá attingere il mistero in comunione con la Dea dei Serpenti minoica.

Nella mia sfera circoscritta posso solo limitarmi a registrare la compenetrazione tra l'immobilità pietrificata dei volti degli Orishas e quella delle Korai e dei Kouroi di una Grecia che ancora non aveva scoperto l'autocelebrazione dell'arte, ma conviveva con pitonesse, pizie, gorgoni ed erinni a cui erano sufficienti della semplici “tekne” per condividere le vite, gli altari e le mense degli umani.

Una risposta è che Maria Giulia possiede il mitico tappeto di Sindbad il marinaio, quello che permetteva di volare oltre lo spazio, oltre il tempo e di congiungere i mondi, Afriche e Mediterranei, risaie e foreste, cascine e santuari sciamanici, e così può sincretizzare barbarie e classicità e distillare le emozioni dai limiti, dai canoni, dalle convenzioni che millenni di civiltà hanno codificato.

Come nella Incantatrice dei serpenti di Rousseau il Doganiere nel nero profondo di una foresta metamorfica i rami diventano rettili e co- loro che credevamo per sempre sepolti ritornano in vita evocati dalla trance pittorica di un barbaro artista, così gli Orishas di Maria Giulia trasvolano su tappeti di sacco Oceani e Mediterranei per ristabilire il vincolo di sangue e di sogno con il futuro del nostro passato.
Massimo Olivetti

Palazzo Primavera
via Giordano Bruno, 3 - Terni
Orari da martedì a domenica 10 - 13 / 16 -19 Chiuso il lunedì

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