L'Europa delle Corti e il Grand Tour. La mostra presenta 80 dipinti, 15 disegni e alcune significative testimonianze di arredo ed arti decorative, che ripercorronno in modo completo ed esaustivo le vicende di uno dei maggiori protagonisti dell'arte europea del Settecento, nel terzo centenario della sua nascita. L'esposizione si articola in sei sezioni che permettono di individuare e ripercorrere le diverse fasi della sua lunga vicenda artistica.
A Palazzo Ducale, 80 dipinti, 15 disegni e alcune significative testimonianze di arti decorative, ripercorreranno in modo completo ed esaustivo le vicende di uno dei maggiori protagonisti dell’arte europea del Settecento, nel terzo centenario della sua nascita.
La città toscana rende così omaggio al suo illustre concittadino, che in questa terra si è formato per poi affermarsi a livello internazionale, a Roma e soprattutto in Inghilterra dove è stato uno dei pittori più ricercati dall’aristocrazia britannica.
Lucca si appresta a ospitare un grande evento d’arte. Dal 6 dicembre 2008 al 29 marzo 2009, a Palazzo Ducale si terrà la grande mostra su Pompeo Batoni (Lucca 1708 – Roma 1787), uno dei maggiori protagonisti dell’arte europea del Settecento.
Con questa esposizione la città di Lucca, nel terzo centenario della nascita, rende omaggio al suo illustre concittadino, che proprio nella città toscana si è formato per poi affermarsi a livello internazionale, a Roma e soprattutto in Inghilterra dove è stato uno dei pittori più ricercati dall’aristocrazia britannica. E proprio il mondo anglosassone ha dedicato quest’anno al pittore due mostre, prima al Museum of Fine Arts di Houston, quindi alla National Gallery di Londra. Ora Lucca corona questo itinerario internazionale, promuovendo la realizzazione della rassegna conclusiva, la più completa, non solo per il numero delle opere ma anche per la presenza, accanto ai ritratti e ai soggetti profani, dei dipinti di grande formato e delle spettacolari pale d’altare.
L’iniziativa è promossa dal Comitato Nazionale per il III Centenario della Nascita di Pompeo Batoni, dalla Fondazione Ragghianti, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e da altre istituzioni cittadine quali la Provincia, il Comune, la Camera di Commercio e la Fondazione Banca del Monte di Lucca ed è organizzata da Civita. La curatela è affidata ad un prestigioso Comitato Scientifico, presieduto da Edgar Peters Bowron, composto da alcuni dei maggiori esperti del settore, quali Hugh Honour, Fernando Mazzocca (Università di Milano), Liliana Barroero (Università di Roma Tre), Peter Björn Kerber (The J.Paul Getty Museum), Carlo Sisi, Enrico Colle (Università di Bologna) e coordinato da Maria Teresa Filieri, Direttore dei Musei Nazionali di Lucca e della Fondazione Ragghianti
Nella mostra, dal titolo Pompeo Batoni. L’Europa delle corti e il Grand Tour, saranno esposti 80 dipinti, 15 disegni dell’artista lucchese, concessi in prestito dalle maggiori collezioni pubbliche e private europee ed americane, in un percorso articolato in sei sezioni, che servirà a individuare e ripercorrere le diverse fasi della sua lunga vicenda artistica, nelle quali la presenza di una serie di arredi e oggetti d’arte restituirà il contesto e il gusto del “ritratto ambientato”, il genere a cui è legata la fama internazionale di Batoni.
La prima sezione, Le allegorie delle arti e gli ammaestramenti della mitologia, raccoglierà una serie di dipinti allegorici che, concentrati soprattutto negli anni quaranta del Settecento ed eseguiti in prevalenza per committenti lucchesi e fiorentini, consacravano il suo successo e finivano con rappresentare una sorta di dichiarazione, per immagini, della sua poetica. Tra questi, il più significativo è l’Allegoria delle Arti, eseguito nel 1740 per uno dei suoi fedeli corrispondenti, il marchese fiorentino Vincenzo Maria Riccardi.
Anche la mitologia finiva con assumere un valore allegorico, o comunque un significato educativo e morale, come nel caso dei due capolavori eseguiti tra il 1740 e il 1743 per il marchese Ludovico Sardini di Lucca ed ispirati alle Metamorfosi di Ovidio: Minerva infonde l’anima all’automa modellato da Prometeo e La morte di Meleagro.
La seconda, Le grandi pale d’altare e i dipinti di devozione domestica, analizzerà il successo di Batoni nell’àmbito della pittura sacra, un genere cui era particolarmente predisposto sia per la sua profonda religiosità, sia per la sua formazione determinata dallo studio di Raffaello, di Correggio e di grandi classicisti del Seicento, come Domenichino e Guido Reni. Dai suoi esordi giovanili, la pala della Vergine e il Bambino con i beati Pietro, Castora, Forte e Lodolfo, eseguita tra il 1732 e il 1733 per la chiesa di San Gregorio al Celio, si giungerà alle importanti commissioni da parte della corte pontificia, qui testimoniati dal grande dipinto Cristo consegna le chiavi a S. Pietro, collocato nel 1742 nel Caffeaus del Quirinale, o la pala monumentale rappresentante La caduta di Simon Mago dipinta tra il 1746 e il 1755 per la basilica di San Pietro ma poi collocata in Santa Maria degli Angeli, opere che lo consacrarono come l’ultimo grande interprete della gloriosa Scuola Romana fondata da Raffaello.
Le pale d’altare, inserite nel percorso espositivo, documentano come Batoni si debba considerare il maggior pittore di argomento sacro del suo tempo, non solo in area lombarda (Milano, Brescia, Chiari) dove era molto attivo, ma anche nella sua terra con gli splendidi esempi dell’Estasi di Santa Caterina da Siena del 1743 e il Martirio di San Bartolomeo del 1749 eseguiti per due chiese lucchesi, e persino in Sicilia, dove nel 1752 inviò la sua opera di maggiori dimensioni, il San Giacomo condotto al martirio, originariamente pensata per la Chiesa delle Anime del Purgatorio di Messina, ora custodita nella chiesa dei Marchesi di Cassibile (Siracusa) e oggetto di un attento restauro, grazie all’intervento della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Le pale, soprattutto quelle eseguite per le chiese lombarde, rispondevano alle esigenze di una religiosità riformata, e alle istanze di un rinnovamento artistico, mostrando, insieme alla capacità di reinterpretare Raffaello e Correggio, una straordinaria abilità nel conferire a figure convenzionali un nuovo slancio attraverso una moderna resa dei moti dell’animo e dei sentimenti, espressi nei gesti e nel gioco sapiente degli sguardi.
La terza, I ritratti del Grand Tour, presenterà i grandi ritratti della maturità quando Batoni, a partire dal 1750, già affermato come pittore di storia e per gli altissimi risultati conseguiti nel genere sacro, cominciò a produrre un tipo particolare di opere destinate a dargli grandi guadagni e un successo internazionale, tanto da divenire in breve tempo il principale ritrattista di Roma. I suoi clienti erano i giovani aristocratici inglesi, scozzesi e irlandesi che soggiornavano a Roma nell’ambito di quel viaggio di formazione detto il Grand Tour, che li portava in Italia per godere la mitezza del clima, lo splendore luminoso del paesaggio mediterraneo, ma soprattutto per ammirare i capolavori dell’arte antica da cui apprendere, con i segreti della vera bellezza - quella ideale - le norme del buon gusto.
Batoni li ritraeva magnificamente, in pose informali, generalmente in interni, alla presenza delle antichità più famose, come nel monumentale ritratto del ricchissimo Thomas Dundas, vero capolavoro del genere, dove in un vertiginoso allestimento d’invenzione compaiono i celeberrimi capolavori delle raccolte vaticane come l’Apollo del Belvedere, il Laocoonte, l’ Antinoo del Belvedere e la Cleopatra (oggi Arianna) che esercitavano un fascino magnetico sui nobili, i principi e i sovrani europei in viaggio nel nostro paese.
Mentre la straordinaria pittura allegorica, sacra, mitologica e storica fece la fama di Batoni nelle grandi corti europee, la grande produzione dei ritratti, apprezzati soprattutto per la loro verosimiglianza, assicurò all’artista un enorme successo professionale determinato da una forte e continua richiesta sia interna che internazionale. Questo sarà l’oggetto della quarta sezione, La società internazionale: aristocratici, ecclesiastici, intellettuali. Batoni seppe alternare ai ritratti tipici del Gran Tour, immagini più semplici dove, senza una particolare ambientazione, emergevano i personaggi fermati nella loro individualità attraverso un’indagine e una resa più approfondita dei caratteri e delle psicologie, ma anche mediante una maggiore concentrazione nella resa pittorica, caratterizzata da una qualità altissima, delle stoffe e dei dettagli degli abiti. È il caso di Lionel Damer o dell’altrettanto affascinante Sir Charles Watson, identificato nel pittoresco Vandyke dress, l’elegante costume alla Van Dyck divenuto comune tra l’élite alla moda, o ancora del Barone François de Chambrier davvero superbo nella sua spavalda giovinezza e nello splendore cromatico assoluto della giacca scarlatta.
Accanto ai ritratti di questi personaggi anonimi s’incontra tutta una serie di figure che compongono uno straordinario affresco della società del tempo e delle diverse categorie da lui prese in considerazione. Prima di tutto le donne, innalzate dalla cultura a un ruolo fino ad allora inedito, come la dama romana Giacinta Orsini Boncompagni Ludovisi, Duchessa d’Arce, la cui immagine può addirittura assurgere a simbolo di un’epoca, o Gerolama Santacroce Conti, per la cui smania per i gioielli è stata raffigurata come un’allegoria della Vanitas. O ancora, il ritratto, capolavoro finora inedito, di Teresa Ugurgieri Spinola che nasconde nella raffinatezza dell’impaginazione e nell’allusione lunare alla dea Diana, una triste vicenda di violenza familiare impressa con grande misura nel malinconico viso dell’effigiata.
La quinta sezione, Le corti e le immagini del potere, seguirà l’affermazione di una nuova tipologia, quella del ritratto di Stato. Gli esponenti delle case regnanti e dell’aristocrazia pontificia trovano in lui un perfetto interprete, in grado di creare indimenticabili immagini che traducono in un linguaggio accessibile e diretto la dignità connessa al ruolo di governo e la consapevolezza del rango. Tranne i pontefici, tutti i potenti effigiati da Batoni si recarono personalmente a posare nel suo studio. Si trattava di eventi decisamente fuori dell’ordinario: nella maggior parte dei casi erano gli artisti a recarsi a corte, o si servivano di ritratti e di incisioni. Le cronache del tempo sottolineano con compiacimento le soste nella casa di Batoni in via Bocca di Leone, nel cuore della Roma del Grand Tour.
Non solo; l’Elettore di Baviera Karl Theodor che, oltre al proprio ritratto a figura intera con armatura, scettro, manto e corona, ne richiese un secondo a mezza figura, ringraziò il pittore con una lettera di sua mano pubblicata sul Diario Ordinario di Roma e con doni raffinati quali una tabacchiera d’oro e di smalti “di molto prezzo”. Maria Teresa, compiaciuta per la straordinaria qualità del ritratto dei due figli, commissionò a Batoni il ritratto postumo del consorte Francesco I e lo compensò, oltre che con la somma pattuita, con gioielli e monete d’oro, ma soprattutto gli concesse il titolo baronale con facoltà di trasmetterlo agli eredi. In questo modo Batoni, che da allora poté premettere al suo nome la particella nobiliare “de’”, ottenne una distinzione incomparabilmente più elevata rispetto agli altri artisti. L’aspirazione ad elevarsi alla condizione di intellettuale e di nobiluomo era comune da secoli agli artisti, e non tutti riuscirono a conseguire un livello sociale che li riscattasse da una condizione meramente artigianale e subalterna.
Nel caso dei ritratti dei potenti le antichità romane e l’immagine della città non sono più un ricordo del Grand Tour, diventano emblemi di virtù o dell’investitura divina. Così alle spalle di Giuseppe II – erede del Sacro Romano Impero - e di Pietro Leopoldo compaiono i luoghi simbolici dei due poteri, il Mausoleo di Adriano a rappresentare la dignità imperiale e la cupola di San Pietro per la legittimazione divina. La dea Roma (o la Roma Triumphans capitolina) stabilisce una linea di continuità con gli antichi imperatori, e il busto di Minerva non esalta soltanto le qualità intellettuali, come nel ritratto del duca di Württemberg Carl Eugen, ma anche le sue doti di governante illuminato
La sesta e ultima sezione, Dal paesaggio alla storia, proporrà alti esempi di pittura paesaggistica e storica dell’artista lucchese. A partire dal Seicento, la pittura di paesaggio era avidamente collezionata e soddisfaceva le esigenze dei ceti socialmente più elevati e del collezionismo internazionale. La campagna romana o i siti archeologici offrivano infiniti spunti ai paesaggisti, italiani e stranieri, coi quali Batoni talvolta collaborò eseguendo figure all’antica, sul genere dei quadri analoghi di Domenichino o di Poussin. L’apporto di Batoni a queste opere, le elevava dalla categoria della pittura di paesaggio a quella detta del “paesaggio istoriato”, ossia paesaggio con dignità di pittura di storia. È dovuta certamente alla collaborazione con questi artisti, soprattutto Paolo Anesi, la straordinaria capacità di Batoni nella definizione delle luci e delle lontananze, che si riscontra negli inserti di paesaggio che compaiono in tanti suoi ritratti e nei quadri di soggetto storico.
Anche nel momento della sua massima fortuna come ritrattista, Batoni volle sempre ricordare di essere prevalentemente un pittore di storia, in grado di comporre sapienti allegorie politiche, di illustrare momenti di storia antica e i racconti mitologici e biblici. Il suo esordio in questo campo è costituito dal Trionfo di Venezia, impegnativo e complesso dipinto realizzato nel 1737 quando era ospite dell’ambasciatore della Repubblica Marco Foscarini nel palazzo di Venezia, fitto di riferimenti storici e letterari certamente dovuti alla sapiente guida del suo committente. Per “storia”, Batoni intendeva anche la poesia epica, come quella virgiliana, da cui deriva La fuga di Enea da Troia. In questo splendido e drammatico dipinto, Batoni si misura con piena consapevolezza del suo valore con l’interpretazione del tema che egli poté conoscere in due prestigiose opere sullo stesso argomento, allora come oggi conservate nella Galleria Borghese: il quadro di Barocci e la scultura di Bernini.
Organizzazione: Civita
Catalogo: Silvana editoriale
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Palazzo Ducale
Cortile Carrara, 1 - Lucca
Orari: dal martedì alla domenica, dalle ore 10,00 alle ore 19,00
La mostra sarà chiusa il 25 dicembre e il 1°gennaio e il lunedì di ogni settimana ad eccezione dell’8, del 22 e del 29 dicembre 2008 e del 5 gennaio 2009.
Biglietti: intero euro 10; ridotto euro 8 (minori di 18 o maggiori di 65 anni, gruppi (minimo 15 unità), universitari con tesserino, possessori di appositi coupons o convenzioni); ridotto scuole euro 4; gratuito minori di 6 anni, diversamente abili e accompagnatore, due insegnanti per classe, guide turistiche nell’esercizio della propria attività e giornalisti con tesserino.
Prenotazioni: Obbligatoria per gruppi e scuole.
individuale euro 1
gruppi euro 20
scuole euro 10
Visite guidate (massimo 25 alunni)
scuole euro 60
scuole percorso tematico euro 80
gruppi euro 100 (radioguida inclusa)
visite in lingua euro 125 (radioguida inclusa)
Radioguide euro 30
L’uso delle radioguide è obbligatorio anche per i gruppi con guida propria.