Finish line. In questa mostra, l'artista svizzero ci introduce nei meandri dell'ossessione feticistica delle Slot Cars, trasformando la galleria in un luogo polisensoriale dove alcune automobili "non comuni" si fanno creatrici di pathos e immaginario. Bertoglio mette l'aura su un mondo per pochi adepti e costruisce l'immaginario sopra la pura immagine. A cura di Gianluca Marziani.
a cura di Gianluca Marziani
Alla sua prima personale alla Galleria Pack, l'artista svizzero Edo
Bertoglio ci introduce nei meandri dell'ossessione feticistica delle Slot
Cars, trasformando la galleria in un luogo polisensoriale dove alcune
automobili "non comuni" si fanno creatrici di pathos e immaginario. La
passeggiata nel luogo espositivo si trasforma così in una lunga catena di
pit stop e ripartenze sull'andamento dinamico di una particolare ossessione,
modello paradigmatico di tutte le altre.
Con Slot Cars si indicano solitamente le macchine in scala progettate per
correre su piste a moduli componibili col solco e le due bandelle
elettrificate (basti ricordare la Polistil con cui molti hanno giocato da
piccoli).
Edo Bertoglio (Lugano, 1951 ) rappresenta un riferimento centrale nella
cultura outkast della New York anni Ottanta. Dopo il diploma di regia al
Conservatoire du Cinema di Parigi si trasferisce prima a Londra e poi a New
York. Nel 1976 inizia la sua vicinanza con Andy Warhol, la collaborazione
come fotografo per Interview Magazine, la presenza da occhio indiscreto per
documentare eccessi, successi e cadute della Downtown Scene più dinamica,
trasgressiva, oltraggiosa ma, soprattutto, inventiva e talvolta geniale. Un
racconto videofotografico che trovò a Manhattan il suo apice di eclettismo
creativo. E che ci porta con la memoria cinematografica al progetto DOWNTOWN
81, il film con cui Bertoglio ha raccontato Jean-Michel Basquiat e un nuovo
modo di intendere il legame tra arte e vita.
Face addict è il film del 2005 con cui Bertoglio riprende il filo su quel
momento storico attraverso i personaggi (sopravvissuti nel senso vero del
termine) che si mettevano in (s)ballo tra musica, arti visive, cinema,
giornalismo, letteratura, moda e quanto di meglio offriva la metropoli prima
di alcuni tragici eventi (Aids in primis).
Quel titolo potrebbe essere oggi trasformato in Car Addict, anche perché,
dal punto di vista dell'ossessione nulla praticamente cambia. Prima i corpi
reali di esistenze libere e borderline, oggi i corpi inorganici di macchine
elettriche che vivono con la stessa precarietà di chi sceglie la velocità,
il rischio della sbandata, la curva parabolica al posto dei facili
rettilinei. Bertoglio affonda forme e concetti nei parametri di un tema
ossessivo e catalizzante, varcando la soglia del puro divertimento,
commissionando la realizzazione delle macchine che poi entrano nella sua
collezione privata, entrando nei meandri feticistici e psicanalitici che
governano una passione privata. L'occhio indiscreto del fotografo si scatena
sulle pelli cromate, sui dettagli modellistici, sulle astrazioni filanti
delle auto in corsa. Ma non dimentica lo sguardo degli appassionati, la vena
folle che pulsa sotto una comunità di adepti e appassionati radicali. Dai
trasgressivi corpi americani ai prototipi in scala non cambia la passione
per i margini anomali dell'esistenza, per le forme d'espressione in cui arte
e vita si mescolano con perfetta soluzione di continuità.
Micro a macro, falso e vero, statico e dinamico: la contrapposizione risolta
come cuore pulsante di un'ossessione che somiglia al culto per le scarpe
femminili. Bertoglio mette l'aura su un mondo per pochi adepti e costruisce
l'immaginario sopra la pura immagine. Evoca i futuristi storici, in
particolare gli aeropittori come Tato e Gerardo Dottori. Richiama la
scultura di Gianni Piacentino e Maurizio Mochetti, aggiungendo il legame
sublimato con la realtà. Ma soprattutto ricorda l'approccio di Carlo
Mollino, artista polisensoriale che amava donne e velocità con la stessa
intensità feticistica. Ad ulteriore riprova che il passaggio creativo di
Bertoglio (prima i corpi organici, adesso i corpi inorganici) detiene la
coerenza dei progetti epocali.
Inaugurazione Giovedì 27 Novembre 2008, dalle 18 alle 21
Galleria Pack
Foro Buonaparte 60 - Milano
Orari: dal martedì al sabato dalle 13.00 alle 19.30
Ingresso libero