Giorgio Azzaretti
Matteo Bonafede
Lorella Calzolari
Carlo Gioia
Longsheng Ma
Greta Penacca
Francesca Petronici
Silvia Petronici
Con la collettiva si inaugura il progetto Gavagai.art, che coinvolgera' varie sedi per un percorso espositivo e di ricerca a cui parteciperanno una ventina di artisti. L'idea e' quella di sviluppare le suggestioni filosofiche ed estetiche contenute nel tema del dualismo mente-corpo.
Giorgio Azzaretti, Matteo Bonafede, Lorella Calzolari, Carlo Gioia, Longsheng Ma, Greta Penacca e Francesca Petronici
A cura di Silvia Petronici Gavagai
Con la collettiva intitolata “IL FANGO E LA LUCE, una ricerca sul tema mente-corpo” a cura di Silvia Petronici presso lo Spazio Artsenal63 di Firenze si inaugura il progetto GAVAGAI.art. Si tratta di un progetto di ricerca artistica ambientato in un territorio di confine tra arte e filosofia.
A63 a Firenze dal 15 al 24 dicembre accoglie la prima collettiva di un ciclo di mostre intitolato “IL FANGO E LA LUCE” in cui sono coinvolti gli artisti aderenti al progetto GAVAGAI.art.
L’idea è quella di articolare le suggestioni filosofiche ed estetiche contenute nel tema del dualismo mente-corpo con un percorso espositivo e di ricerca in sedi e città differenti.
IL FANGO E LA LUCE è una mostra collettiva che ripropone con il linguaggio dell’arte l’indagine sul tema mente-corpo.
Le opposizioni e i dualismi si portano dietro un’aria mitica a cui non si resiste, il mistero della fusione di elementi diversi ci affascina e insieme ci turba. L’alchimia come la generazione della vita, la nascita delle stelle come i miti della trasformazione.
La razionalità rasserena con lo strumento della separazione, la concettualizzazione avanza in un territorio oscuro, estrae dal fango porzioni di materia e le porta ad asciugare al sole così che ormai morte e vuote possano essere usate, divenire strumenti inerti nel meccanismo analitico degli schemi concettuali.
Ma la vita resta fuori dall’astrazione scientista. La vita è umida, compromessa e confusa. L’organico è misto.
Cartesio, con la falce di Occam, separa la mente dal corpo e lo fa con ardore allo scopo di fornire una spiegazione convincente di un fenomeno, quello della loro reciproca implicazione, fino ad allora rimasto oscuro; spiriti divini si incaricavano di vivificare la materia inerte, principi immortali intrappolati nel corpo ne garantivano movimento e intenzione. Il corpo e la mente come lo spirito e la materia, il contenuto e la forma, sono considerati da quel momento e per lunga parte della storia della cultura occidentale due sostanze ontologicamente diverse, due “cose” di diversa natura: una estesa, materiale, pesante, l’altra volatile, leggera, più vicina a Dio.
Ora, gli scultori e i pittori e tutti gli artisti sanno quanto sia impossibile separare la forma dal suo contenuto, quanto l’equilibrio di forze che si incontrano nell’opera d’arte sia frutto di compromissione e sporcatura. La luce è già nel fango, non vi giunge misteriosamente dall’esterno e il fango non è il mucchio di argilla a partire dal quale lo scultore ha realizzato la sua statua ma è lo scultore stesso e la sua percezione complessa e mutevole della realtà che lo circonda. La percezione è complessa perché emerge da percorsi che sono contemporaneamente intellettuali, cognitivi e sensoriali; sono strade di fango e di luce, amore e analisi quelle che l’uomo percorre conoscendo la realtà.
La separazione cartesiana è, quindi, superata dalla contemporanea lettura olistica dei fenomeni; il fango e la luce, perciò, sono i due termini di un’unica realtà globale, una realtà complessa e plurale, mai uguale a se stessa, il cui inestricabile impasto definisce non solo l’umano e la sua dimensione mista di pratica e teoresi ma l’intero vivente.
All’arte, alla sua intensa capacità di penetrazione conoscitiva del reale e alle sue spesso commoventi soluzioni espressive è, quindi, lasciato il compito di risolvere il nodo che presiede all’equilibrio tra struttura e materia, luce e ombra, pieno e vuoto, peso e leggerezza. Le radici della ricerca artistica affondano nel fango della materia, nella dimensione percettiva. In essa la visione creativa trova un ordine sempre diverso, un ordine sottile che diviene la sostanza della sua struttura - almeno nella misura in cui ogni opera si trova occasionalmente e di volta in volta ad avere una forma.
Quindi l’opera d’arte come, a sua volta, realtà globale, sintesi ed impasto di struttura e caos, diviene intensa metafora dell’uomo, opera a sua volta, lenta e inesorabile costruzione della vita che lo attraversa. L’artista è costruttivo anche quando rappresenta il più oscuro caos. La rappresentazione stessa, nella dimensione creativa in cui si svolge (e in cui diviene opera d’arte) è un mondo nuovo: una nuova misura e una nuova forma dell’unione di acqua e fuoco, fango e luce, mente e corpo.
Vernissage 15 dicembre 2008 ore 18,00
Finissage 24 dicembre 2008 ore 18,00
Artsenal63
via Santa Reparata, 19/r Firenze 50129
lun/sab ore 9.30/21.00; dom ore 14.00/20.00
Ingresso libero