Le cose che pensano. Gli ultimi lavori pittorici dell'artista, dedicati allo studio di Morandi e di altri maestri, partono tutti dall'idea di feticcio e tentano di rispondere a una domanda quasi metafisica: perche' gli oggetti sono importanti? Mostra a cura di Laura Barreca.
a cura di Laura Barreca
Nel preparare la mostra Le cose che pensano, Andrea Facco si è concentrato non sul dipingere,
ma su domande intellettuali, che riguardano la pittura stessa come oggetto da analizzare.
In questo senso, i suoi ultimi lavori dedicati allo studio di Morandi e di altri maestri partono
tutti dall’idea di feticcio e tentano di rispondere a una domanda quasi metafisica: perché gli
oggetti sono importanti?
Così importanti che il Museo Morandi di Bologna dedica una sala intera alla ricostruzione
realistica dello studio del pittore, con tanto di sedie, tavoli, bottiglie e pennelli.
Le ‘cose’ dunque nel loro isolamento silenzioso. Le cose e i loro dialoghi, le cose e i loro
pensieri.
Sono gli oggetti che, con sconcertante personalità, conservano la vera memoria della vita
dell’artista. E’ la pittura stessa che si concettualizza attraverso la sua capacità di rendere non
tanto lo spazio quanto il tempo. La rappresentazione si estende dunque nel tempo e acquista una
durata svincolata dalla pura costruzione formale: è il tempo nella sua irriducibile fluidità.
Il tempo della coscienza, che lascia gli oggetti dialogare con i propri simili ed espandersi. Il
tempo nella sua fisicità che fa nascere cose nuove dove altre finiscono.
Così i colori usati da Andrea Facco per dipingere la ‘sedia di Picasso’ danno vita ad una
scultura fatta di sedimenti pittorici; il fondo del contenitore usato per sciacquare i pennelli crea
il grigio colore che usa per realizzare gli studi su Morandi. Un insieme di tracce, di impronte
dell’oggetto che creano senza soluzione di continuità altri oggetti immortalati nel tempo.
La narrazione non è dunque nella rappresentazione pittorica ma nel processo creativo.
La stessa lezione di Morandi non era sulla forma in sé, ma su come si debba accedere alla
forma.
Segni di un pensiero che supera l’idea di oggetto finito, i nuovi lavori di Andrea Facco cercano
di stabilire una sorta di opera aperta estensibile all’infinito.
Le opere presenti in mostra, residui fisici e simbolici, creano un universo polisemico attraverso
una navigazione continua nel mondo dell’arte e nei suoi oggetti, rendendola un’azione
postmoderna della pratica artistica. In fondo, non è forse l’arte, secondo le parole di Marcel
Duchamp, “un gioco tra uomini di tutte le epoche”? In questo mostra, l’uomo si mette da parte
lasciando spazio alle cose, che pensano.
Inaugurazione 18 dicembre 2008
Biagiotti Arte contemporanea
via delle Belle Donne 39r - Firenze
Orari: mart-sab 14-19
Ingresso libero