Il sentimento della memoria. Nelle sue opere l'artista si concede il lusso di essere inattuale e rintraccia l'archetipo della pittura utilizzando la tempera all'uovo, usata soprattutto nel periodo bizantino per dipingere le icone, ma che ebbe il suo massimo fulgore nel Rinascimento.
In contemporanea con la mostra nella galleria Hybrida Contemporanea visibile fino al 10 gennaio, il 22 dicembre alle ore 18,00 presso lo spazio Horti Lamiani Bettivò sarà presentata la seconda parte della mostra di Luigi Campanelli dal titolo “Il sentimento della memoria”, a cura di Martina Sconci.
Luigi Campanelli si può concedere il lusso di essere “inattuale” in quanto, con grande disinvoltura e capacità tecnica e con un linguaggio del tutto personale, riesce a reinterpretare l'ampio repertorio formale dei maestri dell'arte del Novecento: da Picasso a Carrà e Savinio, da Morandi a Depero. Recuperando i valori essenziali della pittura elabora forme enigmatiche, geometrie pure che vengono interrogate per mostrarci paesaggi desolati e atmosfere impalpabili.
L'artista, ricreando quell'unità tra forma e figura implicita nell'astrattismo ed esplicita nel cubismo, può comporre liberamente le relazioni fra i vari elementi come fossero metafore di un universo fantastico, creature di passaggio fissate tra il visibile e l'invisibile, risolte con un rigore assoluto e con una purezza formale che evoca e fa rivivere sentimenti legati ad una profonda spiritualità.
Questi elementi, queste forme complesse - che in altre opere, con effetti prospettici avevano richiamato le architetture del “fastoso scenario sospeso sotto la cappa del cielo”, nel film Metropolis di Fritz Lang - sono generate dal gesto lento di una manualità pittorica che procede muovendosi tra somiglianze e differenze, agendo in profondità nella preistoria del visibile.
La struttura dell'opera è sempre tenuta in perfetto equilibrio da una pittura sobria in cui il rapporto fra luce, spazio e colori genera forme fluttuanti e ambigue che si accostano e si intersecano tra loro come in un puzzle. La pittura di Campanelli è silenziosa, il tratto è pulito, a volte di una semplicità così infantile che sembra richiamare alla mente i disegni di Klee. E' un'arte quindi che non rimanda ad altro fuori di sé, che presenta se stessa nella sua essenza formale, nei suoi rapporti interni. Proprio di questo rapporto parlava Kandinsky sostenendo che “la forma, anche se è completamente astratta e assomiglia ad una figura geometrica, ha un suono interiore: è un essere spirituale che ha la qualità di quella figura”. Ci troviamo di fronte a un'arte che è dunque il frutto di una necessità e di una memoria ancestrale, un impulso innato nell'anima di ogni uomo.
Per farci assaporare la misteriosa materia delle sue opere, Campanelli rintraccia l'archetipo della pittura, utilizzando la tempera all'uovo, usata soprattutto nel periodo bizantino per la pittura delle icone ma che ebbe il massimo fulgore nel Rinascimento. L'elaborazione di questa tecnica gli permette di eliminare quell'effetto lucido tipico della pittura a olio e ridurre i colori all'essenziale, distesi con cura per mostrare la trama della tela, l'ossatura portante della materia pittorica.
In questo senso possiamo parlare di “sentimento della memoria”, inteso come abbandono ad un piacere per la pittura ormai perduto, ricordo di emozioni che nascono dal profondo, per mettere in risalto quella sinfonia essenziale delle forme che ci pone al riparo dal “rumore del mondo”.
Galleria Horti Lamiani - Bettivo'
via Giolitti, 163 - Roma
Orario: lun-ven ore 10-19
Ingresso libero