RAM /Soundartmuseum
Roma
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WEB
Camere n.8
dal 1/4/2009 al 27/5/2009
mart-sab 16.30-19.30

Segnalato da

Felix Monguilot-Benzal




 
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1/4/2009

Camere n.8

RAM /Soundartmuseum, Roma

Il dispositivo curatoriale di Camere prevede l'invito di tre artisti che coabitano gli spazi della galleria disponendo di una "camera" personale. Ogni stanza e' intesa come luogo di concentrata affermazione dell'individualita', ma anche quale strumento di una convivenza e di un dialogo necessari. Ospiti di questa edizione: Giulio Paolini, Erwin Wurm e Olafur Eliasson. A cura di Helmut Friedel, insieme a Giovanni Iovane.


comunicato stampa

a cura di Helmut Friedel e Giovanni Iovane

Helmut Friedel è il curatore insieme a Giovanni Iovane dell’ottava edizione del progetto CAMERE presso la Galleria RAM radioartemobile di Roma. Helmut Friedel attualmente è il Direttore del Museo Lenbachhaus di Monaco di Baviera. Ha pubblicato una grande quantità di monografie dedicate ad artisti come Kandinsky (2008) o Gerhard Richter: Red, Yellow, Blue (2007). Inoltre ha curato recentemente importanti mostre tra le quali Franz Marc: The Retrospective (Monaco di Baviera, 2005). Giovanni Iovane, curatore indipendente e prof. Di Storia dell’Arte Contemporanea a Brera. Guest curator alla Lenbachhaus di Monaco e al Museo Cantonale d’Arte di Lugano, ha scritto (insieme a Filipa Ramos) Oggetti smarriti. Crisi della memoria nell’arte contemporanea, Silvana ed. Milano, 2009.

Olafur Eliasson, artista danese  nato a Copenaghen nel 1967, ha studiato all'Accademia Reale delle Belle Arti. Le sue opere sono installazioni che vengono di solito concepite per degli spazi specifici sia interni che esterni e per un periodo di tempo limitato. Infatti questi lavori non sono spesso concepiti per entrare a formar parte di una collezione visto che gli stessi esistono per un breve periodo di tempo. Questi non possono essere preservati ma sopravvivono soltanto attraverso immagini o la parola. Eliasson si avvale di elementi naturali come il fuoco, l’acqua o il legno, che spesso vengono usati per ricreare un ambiente esterno o dei fenomeni naturali (cascate, l’arcobaleno o il sole) all’interno di uno spazio chiuso. Dalla metà degli anni Novanta Eliasson comincia ad esporre i suoi lavori al gran pubblico e partecipa ad importanti mostre( Tra le altre è noto per aver esposto, nella Turbine Hall, alla Tate Modern di Londra, la sua installazione The Weather Project nel 2003). Tra le sue personali recenti, si segnalano quelle al Moma, New York (2008) e al Kunstmuseum di Basel (2008)

Giulio Paolini (Genova, 1940) . Spesso associato all’Arte Povera, il lavoro di Paolini si distingue per una rigorosa pratica concettuale, definita ed ovviamente non conclusa, a partire dalla sua prima opera realizzata nel 1960, Disegno geometrico. A partire da questa prima riflessione sullo spazio della rappresentazione e sullo statuto dell’opera d’arte, Paolini ha sviluppato una complessa ricerca sia sugli strumenti del fare artistico quanto sulla figura dell’autore; un autore complice insieme del linguaggio e dello spettatore. Tra le principali caratteristiche del suo modo operativo figurano la citazione, la duplicazione e la frammentazione, impiegati come espedienti per inscenare la distanza rispetto al modello compiuto e per fare dell’opera un “teatro dell’evocazione”. Paolini ha esposto sia in importanti gallerie che in numerosi musei internazionali. Ha partecipato più volte alla Biennale di Venezia e a Documenta Kassel. Tra le sue esposizioni recenti si ricorda la mostra personale alla Fondazione Prada (Milano 2003), al Kunstmuseum di Winterthur (2005) e alla Gamec di Bergamo (2006).

Erwin Wurm (Bruck an der Mur, 1954) è un artista austriaco che vive e lavora tra New York e Vienna. Dal 2002 insegna all’Università delle Arti Applicate della capitale austriaca. Oltre alle sue più recenti Fat Sculptures che ribaltano i parametri delle stesse (volume, peso, gravità stabilità ed equilibrio), precedentemente, alla fine degli anni Ottanta aveva già sviluppato le One Minute Sculpture. Queste possono essere considerate performance di carattere effimero ma allo stesso tempo opere materiali, che da una parte si svolgono in un breve periodo di tempo prima di finire, ma che dall’altra perdurano attraverso lo scatto fotografico o la registrazione. Lui stesso o il pubblico possono essere coinvolti all’interno di queste manifestazioni che propongono azioni inusuali con oggetti quotidiani. "I am interested in the everyday life. All the materials that surrounded me could be useful, as well as the objects, topics involved in contemporary society. My work speaks about the whole entity of a human being” dichiara l’artista. Tra le sue mostre più importanti ci sono le personali al MOCA di Lione (2007), al MACRO di Roma (2006), al Palais de Tokyo di Parigi (2002), al Drawing Centre di New York (2001) e al MAMCO di Ginevra (2001). Inoltre ha partecipato all collettive Games. Kunst und Politik der Spiele alla Kunsthalle Wien (2008), Tempo al MOMA di New York (2002) e alla 49° Biennale di Venezia (2001).

CAMERE è un progetto di RAM radioartemobile avviato alla fine del 2005. Il dispositivo curatoriale di Camere prevede l’invito di tre autorevoli artisti che coabitano gli spazi della galleria disponendo di una «camera» personale. Ogni stanza è intesa come luogo di concentrata affermazione dell'individualità ma anche quale strumento di una convivenza e di un dialogo necessari. Insieme al rispetto della diversità, intesa quale carattere peculiare ed essenziale all’individuazione, il progetto Camere rivendica parallelamente il valore del dialogo tra differenti posizioni di linguaggio, di pensiero e di forma. Ogni camera si sottopone al così confronto e alle influenze delle stanze attigue e la nostra possibilità di attraversarle stipula con ciascuna di esse quei legami di relazione a detrimento di ogni possibile solipsismo.

Le edizioni passate di Camere sono: Camere #1, dicembre 2005-febbraio 2006 (Sol LeWitt, Jannis Kounellis, Franz West); Camere #2, maggio-luglio 2006 (Getulio Alviani, Carla Accardi, Lawrence Weiner); Camere #3, febbraio-aprile 2007 (Dan Graham, Gert Robijns, Donatella Spaziani); Camere #4, luglio-settembre 2007 (Giovanni Anselmo, Domenico Bianchi, Gunther Forg); Camere #5, dicembre 2007 – febbraio 2008 (Luigi Ontani, Vettor Pisani, Emilio Prini); Camere #6, maggio – luglio 2008 (Jimmie Durham, Luca Maria Patella, ManfreDu Schu); Camere #7, novembre 2008 – gennaio 2009 (Maria Thereza Alves, Gülsün Karamustafa, Cesare Pietroiusti).

Fuori gioco

Lo spazio è il problema principale della modernità. Lo spazio sociale, politico, geografico, poetico ( e come poetica dello), lo spazio esterno e quello interno, insieme all’ intérieur o le Weltinnenräume di Rainer Maria Rilke.
Persino in questioni che riguardavano il tempo, come ad esempio la memoria, lo spazio ha assunto un ruolo dominante.
Oltre che per i dittatori, il problema dello spazio è divenuto essenziale anche nell’esperienza artistica, a cominciare dalla distruzione della sua forma avverbiale, la spazialità, che Mondrian, sin dal 1917, elimina quasi completamente dai suoi quadri sostituendola con una rete (un network) di linee.

Durante gli anni 60 la definizione e persino l’individuazione di una specie di spazio sembra essere stata contesa da un rigore spiritual-strutturale minimal o dall’illusionismo psico-sensoriale dell’arte optical.
Nel 1966 Giulio Paolini si chiama fuori da questa contrapposizione con una serie di opere; una di quelle s’intitola Ut Op. Con il suo abituale e oramai paradigmatico esprit de finesse (rara combinazione di geometrie e di sguardi che caratterizzano anche la sua scrittura), l’artista alludeva allo storico ut pictura poesis e alla allora contemporanea optical art.
Ut Op non è, naturalmente, solo un gioco linguistico concettuale. L’opera si compone di tre superfici quadrate disposte in un angolo di una stanza. Si trattava (e ovviamente si tratta), per dirla con le parole di Paolini, di “lavori realizzati con tele preparate per la pittura, non erano cioè interventi astratti o ‘ambientali’ ma era pur sempre la tela a configurarsi nello spazio”.

Fuori gioco, per Camere #8, con opere e interventi di Olafur Eliasson, Giulio Paolini, Erwin Wurm è stata pensata in relazione al luogo, le camere appunto di RAM a Roma, al titolo e, con un salto temporale all’indietro, comincia ad essere in gioco ( e a finire naturalmente fuori) con Ut Op del 1966. Da quest’angolo, insieme concreto, presente e storico, Paolini interviene con una contemporanea rivisitazione; un supplemento ma forse anche e soprattutto un ampliamento di campo che rivendica, tra le altre cose, come l’opera sia sempre (o quasi) predestinata e circolare.
Nondimeno, quell’opera di Paolini segnava un importante punto a favore della –rara-chiarezza critica; i suoi non erano interventi astratti e nemmeno ambientali (cosa non da poco se si pensa alla natura di migliaia di interventi ed installazioni da allora sino ad oggi).

Specialmente quel “non essere ambientale”, quel negativo essere al di là del gioco comune, vale senz’altro come guida e come arbitro per una precisa definizione di opere di artisti di generazioni successive.
E’ il caso, così, di Olafur Eliasson che in tutte le sue opere degli ultimi anni affronta l’idea, e la sua materializzazione, di “panorama” come luogo in cui si gioca la realtà della nostra percezione del mondo (talora da un particolare angolo prospettico, che nelle traiettorie della storia dell’arte, possiamo rintracciare nell’osservatore di Caspar David Friedrich mentre in Paolini, secondo altre geometrie, si potrebbe rintracciare nel giovane che guarda Lorenzo Lotto ).
Per localizzare esattamente quella specie di spazio che Olafur Eliasson sperimenta ( e ci fa sperimentare come osservatori) è utile e sintetico il titolo di una sua mostra personale del 2008 a Berlino: Inside of Outside.
Di natura simmetricamente opposta, outside of inside, sono invece le sculture di Erwin Wurm. L’artista austriaco nelle sue opere persegue una costante definizione dell’idea stessa di scultura abbinata ad un campo in cui giocano sorprendenti e complesse manifestazioni psicologiche e comportamentali. Talora il richiamo alla letteratura e alla teoria freudiana sono ulteriore occasione per liberare una leggera ed acuta (angolare, benché si presenti sotto forma concettuale e concreta di piattaforma) piccola psicopatologia della vita quotidiana e, insieme, un motto di spirito; uno “spirito di patata” come riflette benissimo una delle sue sculture in mostra.
(Helmut Friedel Giovanni Iovane)

Ps
Fuorigioco (Offside) è ovviamente anche un termine che si richiama al gioco del calcio. Alla sua secolare e ampia letteratura, gli autori di questo breve testo un pochino alludono.

Immagine: Erwin Wurm, Fear, 2007

Inaugurazione, giovedì 2 Aprile 2009, dalle ore 19

RAM radioartemobile
Via Conte Verde, 15 - Roma
da martedì a sabato, dalle 16.30 alle 19.30
ingresso libero

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