Urban necessity. Una suggestione letteraria come quella di Calvino diventa qui un pretesto d'ispirazione dal quale partire per condurre un'indagine sulla citta'.
“I sottili trampoli che s’alzano dal suolo a gran distanza l’uno dall’altro e si perdono sopra le nubi sostengono la città. Ci si sale con scalette. ( …) Nulla della città tocca il suolo tranne quelle lunghe gambe da fenicottero a cui si appoggia e, nelle giornate luminose, un’ombra traforata e angolosa che si disegna sul fogliame.” Così Italo Calvino nel 1972 descriveva ne “Le città Invisibili” la città di Bauci. Così il giovane artista romano Marco Milia dà forma alle sue città immaginarie, quelle che crea da circa quattro anni, da quando ha iniziato una ricerca sul contesto urbano-architettonico, lo stesso che è presente in tutte le sue opere.
Una suggestione letteraria come quella di Calvino diventa quindi “soltanto” un pretesto d’ispirazione dal quale partire per condurre un’indagine sulla città, una analisi che non è né puramente architettonica né esclusivamente di origine urbanistica ma è di più: è uno sguardo mentale che tiene conto degli spostamenti, dei mutamenti delle infinite forme che il tessuto urbano può assumere. Una città vista quasi come se fosse un’entità dotata di personalità propria con cui interagire, al fine di riappropriarsi di uno spazio, di occuparlo e viverlo con rispetto e cura. Tutto questo è racchiuso nelle opere “Discesa da Bauci II” del 2007 e nella più recente “Città dorsale”( 2008) in cui la metropoli è rappresentata con sembianze simili a quelle umane, con una colonna vertebrale che crea volume e occupa lo spazio in maniera imponente.
Acciaio inox e legno-sabbia sono i materiali usati e assemblati con rara abilità da Milia per plasmare le sue città e dare vita alle sue opere: vuoti, pieni, ombre e luci fanno il resto, proprio come in una città immaginaria.
Valentina Bernabei
Opening 23.04.09 ore 18.00
e' stile bookstore
via Chiana, 15 - Roma
Ingresso libero