Nel corso di tre viaggi recenti lungo la costa francese, l'autrice ha ripercorso cio' che resta dell'Atlantikwall, il progetto d'architettura militare pensato da Hitler, fotografandone le tracce per informare e raccontare una storia senza narrazione. La mostra dei suoi scatti e' itinerante.
Il 23 Marzo del 1942, in una direttiva di guerra, Adolph Hitler definiva i principi fondamentali che avrebbero costituito la fisionomia di un’immensa opera di architettura militare, denominata Atlantikwall (paragonabile, secondo Paul Virilio, alla Muraglia Cinese o al Vallo di Adriano)
6500 Km di area interessata da Capo Nord ai Pirenei.
6 paesi europei coinvolti ( 7 se includiamo l’Inghilterra con le Channel Islands)
15mila corpi di fabbrica strategicamente disposti lungo la costa atlantica.
13 milioni di metri cubi di cemento armato.
334.000 operai, sia tedeschi che gente del posto.
Un esempio unico di architettura prefabbricata.
L’Atlantikwall è un prodotto di una cultura tecnologica avanzata, di una società, la Germania del Reich, fortemente industrializzata, in grado di sostenere in così poco tempo uno sforzo costruttivo mastodontico e tecnicamente avanzato.
“E così, tutto il territorio della costa atlantica diventa “proibito”, occupato soltanto dagli occhi attenti dei soldati di guardia barricati nei bunker, diventa uno “spazio estremo”, come il deserto, una regione inospitale alle forme di vita... I bunker, le casematte sono un luogo di impegno ed obbedienza, che comprime i corpi fino a ridurli parte del sistema, dei componenti necessari al funzionamento corretto del sistema stesso, un’architettura dove corpo umano e arma si integrano in un'unità preposta per fare la guerra.
In queste architetture, l'uomo cessa di essere centrale alla visione e si trasforma in una parte del meccanismo ottico generale del sistema di controllo.” (G. Padovani)
Oggi, di questo mastodontico confine politico oltre che architettonico, di questa linea di demarcazione concepita con l’idea di controllo sui confini e nel tempo trasformatasi in altro, di questi corpi di fabbrica in cemento grezzo, in molti casi, non esistono altro che le vestigia, segni di un passaggio.
Nel corso di tre viaggi (2007-08) Amelia Valletta ne ha ripercorso alcuni frammenti lungo la costa francese, da Dieppe in Normandia fino a Saint Malò, per proseguire poi verso la Bretagna, Brest, le basi sottomarine di Lorient e Saint Nazaire, scendendo infine lungo la costa occidentale fino alle batterie di Soulac sur Mer, Saint Barbe e Saint Jean de Luz.
L’idea è quella di completare un rilievo fotografico del paesaggio contemporaneo e delle sue microevidenze, restituendolo quanto più possibile in forma anonima e documentaristica, con occhio freddo, con l’esplicita intenzione di informare, raccontare una storia senza narrazione, senza interpretare, senza mettere in scena.
Allo stesso tempo, spiega l’artista, “non ho potuto evitare di cogliere alcuni messaggi che questi bunker mi suggerivano. Messaggi di speranza, di gioco, di amore”.
I dettagli di questo viaggio, mappe, percorsi, appunti, e le foto naturalmente, sono raccolti in un piccolo carnet di viaggio* che si pregia del contributo di alcuni studiosi provenienti da discipline completamente diverse, invitati a riflettere sul tema del “bunker” in senso ampio.
Questo progetto prende spunto da The Atlantic Wall Linear Museum, una ricerca finanziata dalla Comunità Europea, promossa dalla Sezione di Museografia del DPA-Politecnico di Milano e diretta dal prof. Gennaro Postiglione, in collaborazione con il Raymond Lemarie International Centre for Conservation, a Leuven e il GRAI dell’Ecole d’Architecture de Versailles.
Tappe della mostra:
- 5/12 luglio 2007, invitata alla rassegna di giovani artisti ZOOART, Cuneo
- 5/12 ottobre 2007, Libreria Evaluna, Napoli. Introduce Virginio Briatore.
- 14/12 maggio 2008, Libreria Mondadori, Latina.
- 27/04 2009– Circolo Arci Bellezza, Milano.
- giugno 2009 – Facoltà di Architettura di Lucca.
Amelia Valletta nasce a Napoli nel 1970. Architetto, fotografa e giornalista, lavora da anni sul tema della “narrazione archetipa”, una ricerca che investe ambiti apparentemente molto distanti ma in realtà profondamente legati da ciò che in essi vi è di immutabile. Studiosa dei linguaggi della creatività contemporanea, a Milano ha fondato lo studio Designtools che si occupa di ricerca sui linguaggi del design e dell’architettura. Vive e lavora tra Napoli e Milano.
Inaugurazione 27 aprile ore 19.30
Ore 20.30 convivio con pasta e fagioli
Ore 21,30 proiezione di un documentario del D Day
Circolo Arci Bellezza
via Giovanni Bellezza, 16 Milano
TESSERA ARCI OBBLIGATIORIA