Sue Carlson
Anna Johnson
Eloise Ghioni
Yuki Ichihashi
Andrew Smaldone
Ellesworth Kelly
Andrew Smaldone
Un progetto ideato da Eloise Ghioni e Andrew Smaldone che nasce dalla riflessione sul rapporto tra: 'segno naturale' e 'segno artificiale' e di come tale rapporto si relazioni all'interno di ambiti differenti. 'Ho popolato di nomi il silenzio' e' invece la Playlist di questa settimana a cura di Barbara Meneghel che ha selezionato artisti appartenenti per la maggior parte alla giovane scena italiana.
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Water Carefully nasce dalla riflessione sul rapporto tra: "segno naturale" e "segno artificiale" e di come tale rapporto si relazioni all’interno di ambiti differenti. E' evidente, nel lavoro dei sei artisti internazionali partecipanti alla mostra, la consapevolezza dei richiami ideologici che fanno parte del paesaggio culturale contemporaneo quali l’eco del modernismo, i riferimenti a contesti storici ed anche un interessante tentativo di affrontare un nuovo misticismo.
Nei lavori di Sue Carlson possiamo osservare riferimenti alla nebbia o ad un paesaggio nordico dove il freddo domina sovrano, mentre nel video di Neil Stewart si vede concretamente la bruma che circonda una formazione rocciosa; tale paesaggio potrebbe raffigurare una visione idilliaca dell’estremo oriente, riferita all’antica Cina degli imperatori, o fare da scenografia ad una favola arcaica. Il paesaggio naturale è presente anche nei lavori di Anna Johnson, benché all’interno siano inseriti elementi geometrici; suggestivo è il risultato dato dalla combinazione di una qualità prettamente femminile come ‘hand craft’ e dall’astrazione geometrica tipica dei pittori maschili della meta del Novecento. Anche l’artista Eloise Ghioni si appropria del richiamo all’astrazione pittorica maschile del Novecento, pur inserendo dei riferimenti culturali dell’Estremo Oriente, in particolare del Giappone, tramite l’utilizzo della carta di riso che sottolinea come il modernismo occidentale sia sempre stato influenzato dalla filosofia e dall’estetica dell’Estremo Oriente.
L’installazione collocata a mezz’aria tra il soffitto e il pavimento di Ghioni serve anche come gateway tra i diversi lavori all’interno dello spazio di Neon e stimola una riflessione sul concetto di pieno/vuoto riferito al luogo fisico della galleria. Yuki Ichihashi precede l’installazione della Ghioni con una proiezione video che ritrae l’interno di un paesaggio industriale, dove il lento e cadenzato cadere di una goccia d’acqua al suolo, unito al canto di quattro voci, tenta un’equivalenza fra suono naturale e voce umana; si crea così un chiasmo fra parole sensate (seppur appena percettibili) e la pura sonorità dell’acqua. Nell’opera di Andrew Smaldone invece, si trovano riferimenti allo stile architettonico dell’ottocento ‘Antebellum’, tipico del sud est degli Stati Uniti d’America. Dialogano con il quadro rappresentante la facciata architettonica di una villa coloniale americana altri lavori di piccolo formato, creando un senso di atmosfera derivante dalle forme geometriche che li compongono. Questi elementi possono essere descritti, citando Ellesworth Kelly, "come il desiderio di trovare i propri temi nella casualità dei piccoli momenti", ad esempio nei ‘pattern’ geometrici delle ombre delle finestre, anche se in realtà quelle finestre hanno un riferimento politico.
Spesso il confronto diretto tra lavori di diversi media che affrontano questioni ‘importanti’ conduce ad un risultato che è nel migliore dei casi superficiale, e rischia inoltre di illustrare solo un punto di vista. Ciò che avviene in questo caso è invece curioso, perché dimostra come questa collettiva sia capace di riscoprire tramite la manipolazione degli oggetti, dei materiali e delle immagini il miglior modo di elaborare le idee, irrorandole con freschezza per renderle assolutamente attuali.
Andrew Smaldone
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Water Carefully was born from a reflection on the relationship/s between ‘natural signs’ and ‘artificial signs’ and how connections among signs function within
different contexts. Evident in the work of the six international artists participating in the show is an awareness of layered ideas that make up the contemporary cultural landscape such as: the legacy of modernism, notions of history, and even attempts at a type of new mysticism.
In the work of Sue Carlson we see references to mist or a Nordic type landscape where cold reigns supreme, while Neil Stewart’s work literally depicts the mist surrounding a rock formation that one might find in China or perhaps even a magical place described in a fable from times past. Anna Johnson’s work also contains elements of the natural landscape, but these are contrasted by geometry and her use of ‘feminine craft’ through sewing convoluting notions of the traditionally male territory of non-objective art in the first half of the twentieth century. Eloise Ghioni also appropriates modernist abstract techniques often associated with men, but references Japanese culture as well through her use of rice paper, indicating that certain aspects of Western modernism always had something of Eastern philosophy or aesthetic ideals in it to begin with. Ghioni’s installation is positioned halfway between the ceiling and the pavement serving as a gateway between works and stimulating ideas surrounding fullness/emptiness that are also referenced physically in Neon’s exhibition space.
Another artist Yuki Ichihashi precedes Ghioni’s installation with a video projection of an industrial landscape, where the slow cadence of water droplets to the ground – unified by a song in four voices – demonstrates the equivalency between natural sound and human voice. In this way a chiasm of sensory words (even if it is only slightly perceptible) and the pure sound of water is created. On a different note, Andrew Smaldone references the 19th century antebellum architecture often found in the American South of the United States. This architecture, however, is exhibited alongside other small works that emphasize atmosphere and geometry that might best be described as approaching Ellesworth Kelly’s desire to find motifs in everyday accidents, such as: particulars of shadow patterns and window frames even when those frames are overtly political.
But putting this work together in order to addresses ‘important’ issues is at best superficial and would only serve to illustrate a banal point. What is more curious is the attempt of this group exhibition to re-find life affirming moments through the manipulation of everyday objects, materials, and images in order to best irrigate the title-less present. Andrew Smaldone
Inaugurazione venerdi' 15 maggio 2009 ore 18
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PLAYLIST
Ho popolato di nomi il silenzio
a cura di Barbara Meneghel
(Ri)costruire una vita come si racconta una favola è un gesto che può assumere diverse connotazioni. Può essere il lavoro di scavo in un bacino di memoria autobiografica e familiare, anche solo facendo parlare il proprio passato. Può indicare il proposito di immaginarsi percorsi di vita altrui, di dar voce a identità sommerse da un silenzio finora fatalmente inevitabile. Può indicare, semplicemente, il desiderio di confrontarsi con la propria tradizione più diretta, per riconoscersi come parte di un flusso temporale - artistico e biografico al contempo.
Estrapolato dal contesto dell’ermetica letteraria e nichilista (in cui indica più direttamente l’atto di creazione poetica), il verso di Giuseppe Ungaretti evoca il gesto intimamente creativo di restituire volti, voci, nomi a un passato dimenticato o dimenticabile. Dunque, al silenzio.
È quello che hanno scelto di fare gli artisti selezionati, appartenenti per la maggior parte alla giovane scena italiana: li accomuna l’esigenza di restituire identità a quell’intreccio di passato - potenzialmente infinito - che ciascuno avverte come inscindibile dal proprio essere presente.
Ognuno di loro affronta il tema della memoria archivistica e (auto)biografica, intrecciando i due piani con una prima fase di indagine d’archivio (ricerca di materiale iconografico e interviste) e una seconda operazione di (ri)costruzione narrativa sulla base del materiale reperito. Quest’ultimo può essere appartenente alla vita stessa dell’artista (foto di famiglia, documenti legati alla propria storia e al proprio passato personale), estraneo (ritrovato su bancarelle, mercatini, durante viaggi, ecc), oppure può semplicemente risultare dalla voce diretta dei protagonisti interrogati. A loro volta, le ricostruzioni biografiche raccontate nei video possono essere realmente legate al vissuto dell’artista, oppure completamente rivissute. L’elemento caratterizzante rimane però il lavoro di ricerca archivistica applicata al piano biografico-personale, che segna un’evidente tendenza al confronto con il passato. Come un continuo guadarsi allo specchio.
VIDEO SELEZIONATI:
Mirko Smerdel, Angel hair, 2007.
Moira Ricci, Amore mio ti amo (muro), 2001.
Moira Ricci, Amore mio ti amo (albero), 2001.
Maria Pecchioli, Play ‘77, 2007.
Maria Pecchioli, Risorgimento, 2007.
Riccardo Giacconi, Mia nonna legge le 21 ‘Tesi sul concetto di Storia’ di Walter Benjamin, 2007.
Francesca Grilli, Gordon, 2007.
Francesca Grilli, 149.9 MHz, 2006.
Giulio Squillacciotti, Far, from where we came, 2008.
Patrizio Di Massimo, Pelo&Contropelo, 2007.
Ciro Vitale, Ecco l’aprile, 2006.
Maggie Cardelùs, Zoo age 10, 2007. 10 years. Courtesy Francesca Kaufmann, Milano.
venerdì 15 maggio dalle 20
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via Zanardi 2/5 Bologna
mar-sab 11-13 e 15-19 e su appuntamento
ingresso libero