Visioni su visioni - realismo pop. I lavori recenti di Liberati contengono una sorta di omaggio a Luca Maria Patella. L'artista inserisce, in una ventina di quadri, una serie di oggetti di Patella: non oggetti simbolici, ma reali e di uso comune.
La fascinazione del Cinema ha influito sui lavori di Angelo Liberati fin dai primi anni ’70 e dura vitale tuttora. L’idea che un’opera possa nascere come riflessione su temi del cinema o possa utilizzare immagini cinematografiche inizia a maturare con la visione di due film, Professione: reporter di Michelangelo Antonioni, del 1974, e Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, del 1972. Così nel 1973 in un olio su tela di grandi dimensioni, esposto l’anno successivo alla Galleria Sinibaldi di Cagliari e poi a Palermo, l’artista ritrae i due protagonisti, Marlon Brando e Maria Schneider, e nel 1975 realizza una acquaforte-acquatinta (fig. 1) a cui dà il titolo della pellicola.
Potremmo seguire questo percorso con alcune opere: Arafat del 1983, in cui si intravede il décollage del manifesto di Una donna tutta sola di Paul Mazursky (fig.2); I Duellanti del 1984, dall’omonimo film di Ridley Scott (fig. 3); Dopo il declino dell’impero americano, del 1990, sul décollage di Taxi Driver (fig. 4); fino al recente Because something is happening here, del 2007 (fig. 5), in cui al di sotto di un enigmatico “Angelo dubbioso” di Paul Klee ritroviamo gli elementi familiari del lessico dell’artista come Zabriskie Point di Antonioni e il volto di Bob Dylan.(…)
(…) emerge la forza stravolgente della pubblicità con la sapiente abilità nell’utilizzare il corpo femminile come strumento di convinzione o compaiono oggetti divenuti di culto, la macchina da scrivere Olivetti lettera 22; e poi il volto di intellettuali, Pavese, o i loro testi, come per Emilio Garroni.
Si può essere osservatori assenti o viceversa si può essere in grado di penetrare la pellicola trasparente che separa l’opera da chi guarda e allora ogni fermo immagine, che è stato scelto dall’autore, è pronto a raccontare la storia che porta con sè. Gli accostamenti non sono mai casuali e il gioco sta nello scoprire se la relazione è di tipo cronologico o di tipo sociale; se le immagini raffigurate percorrono la stessa direzione o perseguono direzioni opposte, come accade per il volto di Visconti e la Cardinale e la strage di Piazza Fontana (fig. 13) o per i volti di George Sand e Chopin e il bambino africano (fig. 12). È un fine divertimento intellettuale riuscire ad animare questi particolari fanta book della coscienza.
Solo alla fine ci si rende conto che in molte opere compare dipinta una luna rosa e che spesso l’immagine è accompagnata dalla trascrizione di un brano del cantautore inglese Nick Drake (1948-1974) intitolato Pink Moon del 1972: L’ho visto scritto e l’ho visto dire/ la luna rosa è in cammino/ e nessuno di voi potrà mai stare così in alto/ la luna rosa vi prenderà tutti/ ed è una luna rosa/ sì, una luna rosa...(…)(dal catalogo; testo di Maura Quartu)
I lavori più recenti di Liberati contengono una sorta di omaggio a un altro artista. Si tratta di Luca Maria Patella. Liberati inserisce, in una ventina di quadri dedicati, una serie di oggetti di Patella. Non oggetti simbolici ma proprio reali e di uso comune. E siccome Liberati aggiunge, piega e circonda religiosamente gli oggetti, con segni e immagini di propria mano, succede che rappresenta se stesso, mentre presenta un altro (dal catalogo; testo di Gino Melchiorre)
Liberati nasce a Frascati (Roma) il 2 giugno 1946. A Roma, nei primi anni '60, frequenta la Scuola Comunale di Arti Ornamentali. L'incontro con il pittore italo-argentino Silvio Benedetto, nel 1964, è l’occasione per l’apprendimento delle tecniche del mestiere di pittore, attraverso la frequentazione dello studio dell’artista, a Roma in via del Babuino, strada storica tra Piazza del Popolo e Piazza di Spagna. Sarà questo il suo percorso preferito per le frequentazioni delle gallerie di punta in quegli anni (Galleria Due Mondi, Il Fante di Spade, L’Attico, La Nuova Pesa). Nel 1970 si trasferisce in Sardegna dove, a contatto con le neoavanguardie isolane (Galleria Sinibaldi, Il Basilisco di Francesco Tanda, Arte Duchamp), matura una poetica che combina la rivalutazione dell’elemento pittorico con le pratiche del riporto e del décollage di provenienza pop. Programmaticamente il suo segno è permeato dall'influenza di Renzo Vespignani, maestro da sempre e amico fraterno per quasi vent’anni.
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