L'artista presenta una scelta di monocromi bianchi che interagiscono quasi in maniera epidermica con le pareti della galleria. Come una seconda pelle le tele emergono dal fondo con un gioco di consapevole mimetismo, lasciando il fruitore immerso in una atmosfera sospesa e irreale.
con un testo critico di Patrizia Ferri e Gianluca Brogna
Turi Simeti conduce fin dagli anni ’60 un lavoro di riduzione del segno e della forma. Culturalmente legato alla grande stagione dell’arte programmata, l’artista siciliano ha progressivamente abbandonato la proliferazione seriale dell’ovale, segno iconico di riferimento in tutta la sua opera, costringedolo ad una essenzialità minimale che deforma la tela. Si allontana così dal gesto replicato per avvicinarsi ad una azione formale ripetuta che annulla qualsiasi rapporto gerarchico fra spazio e tempo. Gli ovali appaiano come degli elementi isolati e secolari, come rilievi in pietra calcarea lentamente scolpiti dal vento.
Come sculture in fieri, le sagome di Simeti, definiscono non solo lo spazio superficiale ma tentano di superarlo, un accadimento compreso anche da Lucio Fontana che lo volle fra gli artisti rappresentati della mostra simbolo dell’eredità spazialista nel 1965: Zero Avantgarde. Da questo momento Simeti ha proseguito nella sua ricerca procedendo una continua riduzione fino ad ottenere un segno assoluto che nel suo isolamento diventa icona minima, lieve increspatura dell’anima.
L’artista presenta in mostra una scelta di monocromi bianchi che interagiscono quasi in maniera epidermica con le pareti della galleria, anch’esse rigorosamente bianche. Come una seconda pelle le tele emergono dal fondo con un gioco di consapevole mimetismo, lasciando il fruitore immerso in una atmosfera sospesa e irreale.
Turi Simeti nasce ad Alcamo nel 1929 e si traferisce poi a Roma, dove a mododi conoscere Alberto Burri. Dopo aver fissato al sua residenza a Milano verso al metà degli anni ’60, partecipa alla mostra Zero Avantgarde nel 1965 presso lo studio di Lucio Fontana. Tra il 1966 e il 1969 è invitato come artista residente dalla Faileigh Dickinson university e in seguito continua atrattenersi per lunghi periodi a New York. Negli stessi anni partecipa ad alcune mostre di “Nuove Tendenze” ed esponi in importanti gallerea in Germania fra cui la M di Bochum. Nel 1981 gli viene commissionata una scultura per Gibellina e nel 1991 presenta una sua importate retrospettiva nel Museo d’Arte Contemporanea di questa città siciliana. Nel corso degli anni ’90 altre importi retrospettive gli vengono dedicate dalla Kunstverein di Ludwigsburg in Germania ed a Erice in Italia. Nel anni 2000 ha esposto nella Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate alla Fondazione MUDIMA a Milano.
Inaugurazione mercoledì 30 settembre 2009, ore 19
Studio d'Arte Contemporanea Pino Casagrande
via degli Ausoni 7 - Roma
Lunedì - Venerdì 17,00 -20,00
Ingresso libero