Fiori. L'artista utilizza il sangue di bue lo stesso utilizzato come concime in botanica, l'odore di suoi fiori in questo senso rappresenta quello che non e' ma potrebbe essere. L'opera e' un rovesciamento totale, un paradosso. A cura di Gabriele Morleo.
a cura di Gabriele Morleo
Fiori è l’odore che si sedimenta in uno spazio. Fiori l’odore sgradevole che si sedimenta in uno spazio. Profumano i fiori, ma non quelli di Federico Cavallini. I Fiori dell’artista livornese puzzano, non perché essi sono altro dal fiore, ma in quanto sono l’altro del fiore.
Cavallini utilizza, per dare vita ai suoi Fiori, il sangue di bue lo stesso utilizzato come concime in botanica, l’odore di suoi fiori in questo senso rappresenta quello che non è ma potrebbe essere. La negazione del proverbiale profumo dei fiori, un odore che non è ma potrebbe essere.
L’opera è un rovesciamento totale, la sua, non è una natura morta ma piuttosto una natura morte, nasce laddove qualcos’altro muore, prende vita dal sacrificio. Cavallini esalta il paradosso e attraverso la sua opera è capace di incidere facendo scivolare. Il sangue di bue scivola su carta da macellaio, come a voler sottrarre al fiore la sua stessa ragione d’essere: la grazia. L’autore, in quest’opera sembra rinunciare alla bellezza per conservare la memoria.
Fiori posti l’uno accanto all’altro, l’uno sopra l’altro,come dinanzi a sepolcri, il condotto c (lo spazio che ospita la mostra), diviene un cimitero, Fiori fedeli alla propria vocazione rendono omaggio alla morte che li ha generati. Ma questa volta rinunciano ai colori, rinunciano al profumo, dismettono gli abiti di portatori di vita laddove regna la morte,l’oblio. Negano quel che sono per recuperare la
memoria di quello che sono stati. Sono tanti i Fiori di Cavallini, hanno forme diverse, forme che però, decriptate svelano tutte lo stesso contenuto.
Ma Fiori non è solo odore, fiori non è solo forma , fiori non è solo un’ opera. Fiori è l’autobiografia dell’opera stessa, raccontata attraverso quel colore che si muove sulla carta, scivola, come a voler evadere, quasi si ribellasse al pennello dell’artista. Il sangue di bue, la materia, fa un ultimo , disperato tentativo di sottrarsi alla propria sorte.
Il sacrificio invade tutta l’opera, la bellezza non ha più spazio, trasborda, fuoriesce … e quando viene fuori è già diventata il sublime.
Gabriele Morleo
Inaugurazione: venerdì 5 febbraio 2010 ore 19.00
Condotto C
Via Filippo Re 8 A, (Metro Porta Furba), Roma
Orari di apertura: solo su appuntamento – tel. 328 3914501
Ingresso libero