Presto con rabbia. L'astrazione in queste tele e' l'esito di un processo di progressiva riduzione al nulla di un soggetto originariamente figurativo, di cui resta una traccia labile.
L’immaginario di Marco Tracanelli abbraccia un arco che va dalla figurazione alle soglie dell’astrazione. La componente figurativa ha quasi i tratti delle rappresentazioni infantili, con la sua disattenzione al naturalismo per quanto riguarda spazi e volumi e la sua attenzione invece, caparbia, ostinata e addirittura didascalica, ad alcuni dettagli, come nei volti delle figure.
L’astrazione è l’esito di un processo di progressiva riduzione al nulla di un soggetto originariamente figurativo, di cui resta sì e no una traccia labile, spesso riconducile al motivo ispiratore solo attraverso il titolo. Vedi la tela qui proposta intitolata Gerusalemme assediata, che fa eco ovviamente alla Gerusalemme liberata del Tasso e in cui la tragedia millenaria della città, sacra alle tre religioni monoteiste e perciò da sempre contesa, si riassume in un opaco fondo monocromo, un’atmosfera plumbea in cui si può immaginare che sia rimasta sospesa la polvere degli antichi assedi o quella dei bombardamenti più recenti. Su questo grigio sordo spicca una sola macchia rossa, come fosse la sintesi e la condensazione di tutto il sangue versato, allora e sempre.
In questa mostra abbiamo voluto giustapporre questi due estremi, l’astrazione e la figurazione, compresenti anche nella fase più recente dell’attività dell’artista e complementari, gettando luce l’uno sul senso dell’altro.
L’aspetto figurativo è centrato su un tema a cui Tracanelli si è dedicato negli ultimi due anni, bambine e bambole. Ma il riferimento al giocattolo non fa che aggravare la violenza cruda di queste immagini, spiattellata davanti senza mezzi termini. Queste bambine non sono innocenti, fanno alla bambola “ciò che vorrebbero fosse fatto a loro”, e rivelano in quella loro aria tra l’ingenuo e il malizioso la brutalità di una società – la nostra – che violenta l’infanzia fin nei suoi sogni, nella proiezione di sé che il gioco rappresenta. Sono bambine violate nell’intimo, dai modelli della velina o della top model imposti ad oltranza dai mass media, e violano a loro volta.
Non a caso l’altra faccia di questa stessa riflessione sono i piccoli quadri ispirati alle ragazze-copertina, le bambine cresciute inseguendo il mito dell’apparire, cristallizzate in pose ormai stereotipate da femme fatal. E un’altra faccia ancora, anzi altre facce, sono quei volti non belli, rappresentati anche questi in una serie di piccole tele, che in una memorabile installazione a San Vito al Tagliamento, nel teatro Arrigoni, accompagnavano un grande, tragico quadro di una bambina con bambola. Hanno tutti gli occhi chiusi, e non esprimono nient’altro che la volontà di non vedere e non sentire, di chiudersi alla bruttura del mondo e perdersi in un sonno eterno.
C’è un’istanza di denuncia sociale dunque in queste opere, ma anche un respiro, una portata che vanno oltre il piano dell’attualità, oltre l’urgenza della denuncia. Da qui l’accostamento con quadri pressoché astratti, con cui le figure hanno in comune la stessa materia pittorica: gli sfondi delle bambine, come quelli di altri momenti figurativi come la serie delle ombre o le figure femminili di qualche anno fa, hanno infatti una vita propria, una loro ricca, calda vitalità materica. Anche quando la finitura è più compatta e liscia, anche allora sugli strati di colore e intonaco si apre qualche crepa, resta una scalfittura che fa percepire lo spessore stratificato del supporto, metafora dello spessore del tempo. Questa materia diventa protagonista nelle tele di carattere più astratto, e con essa la metafora del Tempo, del moto implacabile del Divenire dall’essere al non essere. Quadri come i Paesaggi dell’animo o la Gerusalemme assediata sono sprofondamenti totali e allucinati, dove la violenza della storia o dell’attualità si confonde e scioglie nel senso dell’assurdità dell’esistere.
“Ad un tempo reso insopportabile soprattutto dalla volgarità e dalla mediocrità consumistiche – scrive Tracanelli – vorrei opporre un ‘radicale spaesamento’ in un’arte capace di interrogare ‘regioni ignote e proibite della condizione umana’. […] Opere diverse per tema e per tecnica, connesse le une alle altre per lo stile asciutto e semplice, si potrebbe anche dire povero, che oscilla in sospeso tra astrazione e figurazione con l’illusione di un barlume di verità in una domanda a cui non risponde offerta. Un pittura sempre più inattuale, mi sembra, quella che faccio in questi ultimi anni, una bambola di pezza tra meravigliose bambole di silicone parlanti.”
Inaugurazione 6 febbraio ore 18.30
Centro Culturale Aldo Moro
via Traversagna, 4 - Cordenons (PN)
Orario: martedì,ven.,sab.,dom. ore 16-19
Ingresso libero