Raffaello
Tiziano
Lorenzo Lotto
Federico Zuccari
Federico Barocci
Giulio Romano
Simone De Magistris
Filippo Mignini
Incontro di civilta' nella Cina dei Ming
Direzione scientifica del progetto: Prof. Filippo Mignini
La Regione Marche, nella logica di realizzare strategie di internazionalizzazione attiva per
penetrare il mercato cinese, ha ideato e promosso il Progetto Padre Matteo Ricci (Macerata
1552 – Pechino 1610), con il quale s’intendono tutte le iniziative promosse dalla Regione
Marche, di concerto con altri Enti ed Istituzioni, da realizzarsi durante il triennio 2009-2011.
In questo contesto è stata ideata la mostra Matteo Ricci. Incontro di civiltà nella Cina dei Ming
che, per la prima volta in Cina, ricostruisce gli eventi e ripercorre le orme di Matteo Ricci,
gesuita marchigiano, eroe della storia culturale del mondo: il primo uomo che stabilì un solido
ponte culturale fra Occidente e Cina, aprendo al mondo il grande Paese sul finire della
dinastia Ming.
Promossa e realizzata grazie all’impegno eccezionale della Regione Marche, terra natale di Ricci, e
organizzata da Mondomostre, la rassegna è curata da Filippo Mignini, direttore dell’Istituto Matteo
Ricci per le relazioni con l’Oriente e già responsabile di tre esposizioni su Ricci: Macerata 2003,
Roma (Vittoriano) 2005 e Berlino 2005 ed è allestita in tre tappe, a Pechino, Shanghai, e
Nanchino.
L’esposizione documenta il primo significativo incontro tra la civiltà europea e la civiltà cinese
attraverso la figura e l’opera del gesuita maceratese, nel quarto centenario della sua morte e allo
stesso tempo rappresenta una metafora del percorso compiuto da Ricci nell’impero dei Ming. La
rassegna presenta una selezione di 200 opere, provenienti dalle maggiori Istituzioni museali italiane
e cinesi, tra cui capolavori del Rinascimento italiano (Raffaello, Tiziano, Lotto, Barocci) che
saranno per la prima volta esposti in Cina accanto a preziosi documenti dell’arte e della cultura
dell’impero dei Ming.
“Il nostro intento, in occasione del 400^ anniversario della morte di padre Matteo Ricci –
spiega il presidente della Regione Gian Mario Spacca - è quello di ricordare la forza delle
idee, la cultura, la ricchezza intellettuale di questo gesuita maceratese che riuscì a fare
breccia nella corte imperiale cinese e ricevette l’onore mai concesso prima ad uno straniero, di
essere seppellito lì.
La sua opera è infatti ancora oggi apprezzata, ricordata e studiata nel Paese che lo accolse, la
Cina, mentre è poco conosciuta in Italia. Pochi lo sanno, ma fu proprio lui l’ispiratore,
durante la guerra fredda, della ‘diplomazia del ping pong’. Nel 1971 il Segretario di Stato
americano Henry Kissinger che aveva approfondito gli studi sull’abilita diplomatica e la
grande conoscenza dei cerimoniali della corte imperiale cinese di Padre Matteo Ricci, fu
promotore nell’ambito del 31° Campionato Mondiale di Tennis in corso in Giappone di uno
scambio di visite tra giocatori di ping pong di Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese.
L'evento costituì un momento di distensione nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti d'America,
che aprì la via alla visita del Presidente americano Richard Nixon alla Cina nel 1972.
Questa capacità – prosegue Spacca - di aprire un dialogo, di creare un confronto con una
civiltà così lontana, di integrarsi e di integrare, rappresenta per noi marchigiani
un’importante lezione che dobbiamo tenere bene a mente anche oggi per incrementare la
nostra capacità di realizzare progetti innovativi nella dimensione globale. Matteo Ricci infatti
insieme al proprio bagaglio di studi, in Cina portò anche lo spirito della sua terra natale, le
sue peculiarità che percepiva come un valore aggiunto tanto da teorizzare che non esiste ‘vera
unità senza differenze’, un principio sacro, che vale in tutte le manifestazioni del vivere
quotidiano. Se quindi, la cultura fu per Matteo Ricci la ricchezza per conquistare buone
relazioni e dialogare, non c’è modo migliore di una mostra importante per simboleggiare il
suo messaggio e per rendere omaggio a un genio, così come è percepito in Cina e in tutto
l’estremo Oriente”.
Nel momento di massima apertura della Cina sul mondo, la mostra si propone quindi di narrare la
grande impresa congiunta di quegli intellettuali europei e cinesi che, all’inizio dell’età moderna,
posero le basi di questa apertura, nel duplice segno della conoscenza e dell’amicizia.
I due mondi fino ad allora reciprocamente ignari l’uno dell’altro vennero da Ricci messi in contatto
e nelle sue opere si riconobbero come le due metà di un intero. L’importanza di questo scambio e la
grandezza dell’uomo che ne fu all’origine furono espresse dai cinesi, che pur nutrivano grande
diffidenza nei confronti degli stranieri, nel titolo assolutamente inusitato di Xitai, “il maestro
dell’estremo Occidente”, conferito a Padre Matteo Ricci.
I risultati dell’opera di Ricci in Cina furono di enorme portata: primo fra tutti fu aver conquistato la
fiducia del popolo cinese e di averlo reso attento e curioso verso il mondo: in termini di efficacia e
durata, un evento dalla portata incalcolabile e tale da giustificare, da solo, la perenne gratitudine
della Cina al suo Li Madou (traslitterazione del nome “Ricci Matteo” in cinese).
Per non parlare delle innovazioni scientifico-tecnologiche, filosofiche e religiose, letterarie e
artistiche che elevarono Ricci nell’olimpo dei grandi della Cina: l’unico occidentale, insieme a
Marco Polo, ricordato a Pechino nel grande monumento agli eroi cinesi del secondo millennio.
Tuttavia, mentre Marco Polo ha soltanto fatto conoscere all’Europa il Catai dei Tartari, Matteo
Ricci ha compiuto una profonda e duratura comunicazione nelle due direzioni, svelando la Cina
all’Europa e trasmettendo documenti fondamentali della civiltà europea alla Cina. Matteo Ricci si
adoperò per introdurre presso i cinesi la scienza occidentale.
Per dimostrare lo stato avanzato raggiunto dalla tecnologia europea, mostrò nei suoi incontri con i
letterati confuciani e le personalità importanti un orologio automatico e la carta geografica del
globo. Avendo trovato delle somiglianze tra la cultura filosofica dei mandarini e la filosofia greca,
Ricci fece conoscere ai cinesi alcune opere fondamentali del pensiero greco. Tradusse in cinese il
Manuale di Epitteto, intitolandolo "Il libro dei 25 paragrafi" e parafrasandone in senso cristiano
molti passi. Nel 1607 Ricci, insieme con il matematico cinese cattolico Xu Guangqi, tradusse i
primi libri degli Elementi di Euclide in cinese. Inoltre Ricci si dedicò alla realizzazione di un atlante
mondiale in cinese, curando personalmente la traduzione dei nomi europei nella lingua locale.
Molte dei nomi da lui coniati sono usati tutt'oggi in Cina. Ricci, inoltre, introdusse, presentandoli
sotto una luce favorevole, molti aspetti della civiltà cinese in Europa.
La mostra
La prima parte della rassegna ricostruisce il tessuto culturale e artistico dell’Occidente da cui muove
Ricci negli anni del Rinascimento maturo; in mostra, per la prima volta in Cina, dipinti di alcuni fra i
maggiori artisti italiani del tempo (tra cui Raffaello, Tiziano, Lorenzo Lotto, Federico Zuccari,
Federico Barocci, Giulio Romano, Simone De Magistris) accanto ad altre opere, documenti e
strumenti scientifici che attestano la compiutezza e l’importanza degli innesti di conoscenze ed
esperienze della civiltà europea in Cina: libri e manoscritti, tra cui l’Astronomicum caesareum di P.
Apianus, il Theatrum orbis terrarum di Ortelio, una copia del quale Ricci regalò all’imperatore, la
Humani corporis fabrica di Vesalio e la Biblia poliglotta di Anversa, insieme ad altre decine di preziose
cinquecentine, rilegature artistiche, incisioni su rame e modelli in scala della Roma antica e
rinascimentale, strumenti musicali, macchine leonardesche e dispositivi meccanici, congegni per la
misura del tempo e dello spazio, nonché pezzi di arredamento tardo rinascimentali e i famosi arazzi su
cartone di Raffaello, attualmente conservati presso la Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, a
ricostruire l’ambientazione tipica dei palazzi italiani di fine ‘500.
La seconda parte della mostra illustra il mondo che Matteo Ricci trova in Cina al suo arrivo e ricostruisce,
attraverso documenti originali e oggetti d’epoca cinesi, il “viaggio”, ossia l’esperienza di incontro,
dialogo e comunicazione compiuta da Ricci e dai suoi interlocutori cinesi da Macao (primo approdo) a
Pechino, dove è tuttora conservata la tomba del grande pioniere. Le opere cinesi esposte evocano gli
aspetti fondamentali della civiltà cinese con i quali Ricci si è misurato, la lingua e la scrittura, la
produzione libraria, le tre grandi religioni (confucianesimo, buddismo e taoismo), le opere prodotte da
Ricci e dai suoi amici in Cina, libri, carte geografiche, strumenti scientifici. Un accento particolare viene
posto sulla vita e sulla comunità dei letterati cinesi, dalla quale Li Madou fu accolto e riconosciuto
maestro. Preziosi oggetti in oro e giada evocano il fascino della corte di Wanli, nella quale il letterato
straniero ebbe libero accesso. In mostra anche un dipinto che i cinesi attribuiscono allo stesso Ricci
raffigurante un paesaggio con bosco nei dintorni di Pechino.
Questo evento, unico nel suo genere e finalizzato a comporre una visione complessiva della figura e
dell’opera del grande gesuita, è realizzato dalla Regione Marche, nell’ambito del Comitato promotore
delle Celebrazioni del IV Centenario dalla morte di padre Matteo Ricci.
Biografia
Matteo Ricci nasce a Macerata nel 1552, dove compie i primi studi umanistici sia in casa sia nel
collegio dei Gesuiti istituito pochi anni prima a Macerata. Fino a sedici anni trae linfa per la
formazione della sua mente, della sua affettività e del suo sguardo sul mondo, dalla terra e dalla
cultura che gli ha dato i natali. Inviato dalla famiglia a Roma nel 1568 per iniziare la facoltà di
diritto alla Sapienza, entra nel 1571 nella Compagnia di Gesù, studiando nel Collegio Romano,
dove trova come maestro il celebre matematico Cristoforo Clavio. Ancora studente di filosofia, nel
1577 viene assegnato alle missioni dell’India. Dopo quattro anni in India viene chiamato a Macao
per studiare la lingua cinese e prepararsi a tentare l’impresa della Cina. Nel settembre 1583 entra
nella città di Zhaoqing, dove fonda la prima residenza. In diciotto anni di faticosissima ascesa verso
la corte imperiale apre altre tre residenze, finché non viene chiamato a Pechino con decreto
imperiale a presentare doni quale ambasciatore d’Europa. Dal 1601 vive a Pechino protetto
dall’imperatore, che tuttavia non poté mai incontrare, producendo le sue opere cinesi più importanti.
Alla sua morte, avvenuta nel 1610, l’imperatore concesse, per la prima volta nella storia della Cina,
un terreno per la sepoltura di uno straniero.
Immagine: Emmanuele Yu Wen‐Hui (detto Pereira) - Ritratto di Matteo Ricci, 1610 olio su tela, 120x95 cm. Roma, Chiesa del Gesù (deposito)
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Pechino, Capital Museum, 6 febbraio – 20 marzo 2010
Shanghai, Shanghai Museum, 2 aprile – 23 maggio 2010
Nanchino, Nanjing Museum, 4 giugno – 25 luglio 2010
Capital Museum
No. 3, Guozijian Street, Dongcheng District, Beijing
Orari: 8:30-16:30, Chiuso lunedì