Con Monicelli a spasso per la Biennale

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Indice :

1 Il lato australe della Biennale

2 Visioni dal Palazzo Enciclopedico e dal Padiglione Italia...

3 Visioni dai Padiglioni Nazionali...

4 Appunti sulla Biennale e dintorni #1

5 Appunti sulla Biennale e dintorni #2

6 Appunti sulla Biennale e dintorni #3

7 Appunti video sulla Biennale: Teresa per Alice

8 Appunti sulla Biennale e dintorni #4

9 Appunti sulla Biennale e dintorni #5

10 Gli scatti di Giulia Ticozzi

11 Appunti sulla Biennale e dintorni #6

12 Appunti sulla Biennale e dintorni #7

13 Al ritorno da Venezia. Riflessioni e connessioni di Marcella Anglani

14 Il Vaticano alla Biennale di Venezia

15 Sislej Xhafa: Parallel Paradox

16 Marcello Maloberti: La voglia matta e Bolide...

17 Fe2O3, Ossido ferrico, di Francesca Grilli

18 Video: Fabio Mauri. Ideologia e Natura

19 Le immagini del Padiglione Italia e intervista a Bartolomeo Pietromarchi

20 Un McQueen d’annata alla Biennale

21 Padiglioni polifonici alla Biennale

22 Le avventure di tre giovani artisti durante l'opening...

23 Around Gioni

24 L'Arsenale in UnDovisione

25 Con Monicelli a spasso per la Biennale

26 Biennale pavillion promenade

27 Gioni risponde

28 La Biennale alla Quadriennale

29 Risposta alla risposta

30 Francesco Arena: Masse sepolte

31 L'arte non parla arabo

32 Dal Marocco con fervore

33 Biennale amore mio










Di Letizia Caudullo


Girando per i Padiglioni della Biennale ci si imbatte spesso, forse troppo spesso, in installazioni audiovisive.
A volte sono dei veri e propri documentari, con l’unica differenza che difficilmente li si vede dall’inizio, ma è il caso a dettare il punto da cui si comincia a guardarli.

Mario Monicelli, indiscusso maestro del nostro cinema italiano, diceva che i film non andrebbero mai visti dal principio ma dalla metà, per poi rivederne l’inizio. Così, diceva, si capisce meglio la trama e i meccanismi della storia.
Certo Monicelli era un provocatore ma ho pensato a lui quando all’Arsenale mi sono imbattuta nel finale del video “Da Vinci” di Yuri Ancarani, prodotto da Maurizio Cattelan.
Il video finisce con le immagini di un uomo in camice e mascherina che gioca a domino con una grande macchina computerizzata che si chiama “Da Vinci“.
Rimango affascinata dalla purezza delle immagini nel descrivere i dettagli della macchina. Subito mi torna alla mente “2001 Odissea nello spazio”, di Stanley Kubrik.
L’uomo sposta le pedine del domino muovendo le braccia meccaniche del Da Vinci, ma una pedina gli sfugge. Stacco. Fine.

Pazientemente aspetto che ricominci. Ed ecco la delusione! La parte più bella era il finale! Tutto il resto è una fin troppo dettagliata descrizione di un intervento all’addome in laparoscopia, fatta proprio con il sistema robotico Da Vinci.
Capitolo conclusivo di una trilogia incentrata sul tema del lavoro, il video di Ancarani è ambientato infatti tutto all'interno di una sala operatoria, dove una telecamera stereoscopica, applicata a uno dei bracci meccanici sapientemente guidati dallo staff medico, ci mostra l'interno del corpo umano, quasi come un pianeta da esplorare.
L’operazione va a buon fine ma un brivido mi percorre la pelle!
Il chirurgo che avevo visto nel finale non stava semplicemente giocando, si stava esercitando e l'ultima mossa è stata fatale.
Aveva ragione Monicelli, averlo visto dalla fine lo ha reso almeno più eccitante!

Non mi ha deluso affatto, anzi l’ho trovata una delle istallazioni video più riuscite, “History Zero”, di Stefanos Tsivopoulos nel Padiglione della Grecia ai Giardini.
Il film è scomposto in tre parti, tre "History”, ognuna di 12 minuti, proiettata in una stanza diversa, ogni stanza ben separata dalle altre.
Le tre storie sono però strettamente connesse tra loro.
Nella History 1, un’anziana collezionista malata di Alzheimer crea fiori con origami usando banconote al posto della carta. Quando i fiori sono vecchi, li cambia con nuovi origami e butta gli altri nella spazzatura.
Nella History 2, un giovane immigrato di colore, rovista nei cassonetti della spazzatura in cerca di metallo da rivendere. Trova i fiori fatti di soldi, li prende abbandonando il carrello con i rottami.
Nella History 3, un artista in giro per Atene, trova il carrello pieno di rottami e ne fa il pezzo centrale della sua nuova istallazione. Un’anziana collezionista malata di Alzheimer la comprerà per migliaia di euro.
Nella parte centrale del padiglione è esposto un archivio di testi e immagini, esempi e descrizioni di vari modelli di sistemi di scambio alternativi a quello monetario.
History Zero, è un’evidente riflessione sulla crisi economica in Grecia e in Europa, un invito a cercare nuove forme di ripresa e di crescita; ma nuovo è anche il linguaggio con cui Tsivopoulos ce la propone. Anche questo uno stimolo a pensare in modo indipendente a diverse formule narrative.
Di solito avremmo visto le tre storie montate parallelamente in un unico film, con un intreccio già definito.
Tsivopoulos invece, destruttura il montaggio, lo scompone in tre blocchi assoluti, ognuno con un unico protagonista in scena.
Ogni singolo filmato può essere visto nell’ordine in cui si vuole, lasciando allo spettatore la libertà di rimontare il film, nel proprio immaginario, nella sequenza che più si preferisce.

Chissà come lo avrebbe ricomposto l’amato e compianto Monicelli?


Di Letizia Caudullo puoi leggere anche: Un McQueen d'annata alla Biennale
http://www.undo.net/it/my/55biennalevenezia/221/576



LETIZIA CAUDULLO (Catania 1968), si è laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul montaggio cinematografico, all'Università La Sapienza di Roma, dove vive e lavora.
Diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia in montaggio ed edizione nel 1996, da allora si occupa prevalentemente di editing audiovisivo.
Tra i film di cui ha firmato il montaggio: "Terramatta" di Costanza Quatriglio (69° Mostra del cinema di Venezia, Nastro d’Argento 2013 come miglior documentario); "L'estate di Bruno Cortona" di Gloria De Antoni (Torino Film Festival 2012) "Poeti" di Toni D'angelo (66° Mostra del cinema di Venezia); "Il nostro Rwanda" di Cristina Comencini; "Gulu" di Luca Zingaretti (60° Mostra del cinema di Venezia) "Paz" di Renato De Maria.