Il lavoro nasce dall’incontro di due profonde tradizioni legate al territorio: gli Stramadécc e le rocche. A Monno si diceva: “andiamo a Stramadécc” per indicare l’incontro ed il chiacchiericcio tra parenti e amici che si teneva nelle stalle durante le serate invernali, mentre si lavorava. La rocca in nocciolo, che veniva usata un tempo per filare la lana, racchiude in sè le tradizioni della tessitura e del legno tipiche della comunità. Le nonne del paese narrano di come, un tempo, i fidanzati regalassero alle loro donne queste rocche, tutte decorate in segno d’amore. La rocca, strumento quotidiano di lavoro, diventava così anche simbolo di unione tra le persone.
Maria Zanchi incontra queste tradizioni dialogando con il falegname, gli esperti di nocciolo, le maestre, il sindaco, gli anziani, i bambini e tutti gli abitanti. Con loro trasforma la piazza di Monno in un laboratorio a cielo aperto in cui costruire rocche monumentali. Gli abitanti, incuriositi dal fare collettivo, si sono avvicinati ricreando così l’atmosfera degli stramadécc di un tempo. La piazza è diventata il luogo dell’incontro tra le rocche, le tradizioni e gli abitanti. Da questo dialogo nasce un prato di rocche, segno visibile di una nuova coralità comunitaria. Possono le stalle di un tempo diventare le piazze di oggi?"
Maria Zanchi (1981) vive e lavora a Bergamo. La sua ricerca mira ad indagare e a mettere in discussione i confini che identificano spazio pubblico-privato e comunità- individuo, attraverso progetti che si sviluppano sul territorio e con chi lo abita.
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