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Art e Dossier (2003 - 2005) Anno 18 Numero 195 dicembre 2003



Metafisica della ragione

Claudia Lamberti

La citta' futurista nei disegni di Mario Chiattone



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Mario Chiattone, Cattedrale VI (1914)

Mario Chiattone, Costruzioni per una metropoli moderna (1914); Pisa, Gabinetto disegni e stampe, dipartimento di Storia

Mario Chiattone, Casa e appartamenti VII (1915); Pisa, Gabinetto disegni e stampe, dipartimento di Storia dell'arte dell

La citta' futurista nei disegni di Mario Chiattone

METAFISICA DELLA RAGIONE
Di Claudia Lamberti

Futurista moderato e un po' scettico, compagno di viaggio di Sant'Elia, e come lui protagonista dell'elaborazione teorica su una nuova idea di metropoli, Chiattone si distingue per un atteggiamento razionalista e concreto, maggiormente incline al dialogo con la tradizione.

Mario Chiattone fu tra i primi aderenti al gruppo Nuove tendenze, movimento artistico riconosciuto dalla critica quale precursore del futurismo architettonico. Il gruppo era nato a Milano tra l'estate del 1913 e la primavera del 1914, per iniziativa del critico e disegnatore Ugo Nebbia e del pittore Leonardo Dudreville. La dichiarazione programmatica, diffusa "futuristicamente" su un volantino (questa infatti era la forma privilegiata dall'avanguardia per comunicare le proprie idee), venne firmata dagli architetti Chiattone e Sant'Elia.
La prima e unica uscita pubblica delle opere degli aderenti fu quella presso la Famiglia artistica di Milano. Dopo questa mostra, infatti, il gruppo si sciolse per contrasti interni dovuti al rapporto con l'avanguardia marinettiana: se l'architetto Giulio Ulisse Arata in Pagine d'arte intendeva porsi solo come «ala destra del futurismo», visto come «estrema sinistra rivoluzionaria dell'arte», fu poi proprio un altro architetto, Antonio Sant'Elia, ad associarsi esplicitamente al movimento futurista, trasformando il suo Messaggio sull'architettura, pubblicato sul catalogo dell'esposizione di Nuove tendenze, nel famoso Manifesto dell'architettura futurista.
La ricerca architettonica di Mario Chiattone sicuramente si avviò e si arricchì al contatto con la produzione santeliana, che costituì il riferimento e l'esempio per un'innovazione dell'arte italiana. Tuttavia, al momento del passaggio di Sant'Elia al futurismo marinettiano, egli rimase indifferente alla prospettiva di seguirlo, rifiutando la polemicità generale del movimento. Infatti se Chiattone aderì ai movimenti d'avanguardia fu unicamente nell'ottica di una riforma delle arti, e non delle istituzioni e dei valori borghesi. Perciò, dopo una produzione parallela all'amico, sia nel periodo della formazione accademica su modelli liberty e secessionisti, sia nelle opere di intento innovatore, si volse poi all'attività professionale e a progetti miranti a conciliare il linguaggio classico con l'architettura regionale storica ticinese.

- La metropoli moderna

Nell'esposizione milanese del 1914 Chiattone presentò tre disegni: Costruzioni per una metropoli moderna, Opificio e Forme (quest'ultimo fino a oggi non identificato tra la collezione dei lavori di Chiattone).
Nell'esigua rappresentanza dell'opera grafica di Chiattone nella mostra di Nuove tendenze, l'unico disegno a scala urbana è Costruzioni per una metropoli moderna. Misura cm 95 x 106 ed è realizzato con inchiostro di china su carta bianca e tinteggiato ad acquerello. L'uso del colore, nei progetti dell'architetto bergamasco, serve a movimentare i complessi di grandi dimensioni e far risaltare i volumi. Ciò costituisce, in Italia, un precedente degli Studi di cromatismi architettonici pubblicati nel 1926 da Pietro Bottoni nella rivista "Architettura e arti decorative". Scorrendo l'opera di Chiattone tra il 1914 e il 1918 ricaviamo l'immagine di una città ricca, oltre che di abitazioni, di opifici, stabilimenti, palazzi per esposizioni, stazioni, padiglioni per concerti, cattedrali. I prospetti sono spesso ondulati, composti di forme cilindriche, colorati e ricchi di finestre che ne interrompono l'uniformità piatta e contribuiscono a generare una nuova immagine dell'isolato, emancipandosi dai modelli tardo-ottocenteschi ancora presenti nell'architettura italiana.
La città di Chiattone è a scala gigante e si propone soprattutto come insieme di grattacieli ed edifici; egli si concentra principalmente sul problema della condensazione urbana, immaginando la metropoli moderna come la città dei grandi numeri, ma non indulge come Sant'Elia alla tematica futurista della vita dinamica delle grandi masse. Dai disegni di Chiattone sono assenti tutti gli elementi architettonici che fondano la retorica del movimento e della velocità: non ci sono ascensori che si arrampicano sulle facciate a gradoni, non vi è la rappresentazione del movimento né le prospettive nell'asse delle autostrade o delle linee ferroviarie.
Sia lui che Sant'Elia affrontano il tema della città senza ricorrere a planimetrie o progetti di pianificazione urbanistica, preferendo rappresentare spazi, elementi e parti della metropoli nella loro tridimensionalità. Tuttavia, nella produzione di Chiattone, i progetti che mostrano più di altri il pensiero urbano segnano anche le differenze più considerevoli fra lui e Sant'Elia. Nei titoli, per cominciare: la Città nuova di Sant'Elia è affiancata, nell'esposizione milanese, dalle Costruzioni per una metropoli moderna di Chiattone. Questo confronto conduce ad affermare che il concetto, presente in Sant'Elia, di uno spazio urbano tridimensionale e complesso, si riduce in Chiattone al concetto di edificio che significa, mediante un processo metonimico, quello di città.
Se per due disegni del 1914, Costruzioni per una metropoli moderna e Ponte e studio di volumi, si è parlato di filiazione, dipendenza, influsso di Sant'Elia, nelle altre opere contemporanee e seguenti si evidenzia un'idea di città e una poetica lontana da quella dell'amico. In tutti questi disegni infatti la preoccupazione di Chiattone è volta a rinnovare i prospetti delle quinte stradali, più che a studiare le relazioni tra gli edifici e favorire il movimento nella città attraverso vari livelli viari. Il gruppo di opere che caratterizza più fortemente la produzione grafica di Chiattone è infatti quello degli edifici di abitazione o di parti di isolati. La visione futurista investe la tipologia della grande costruzione isolata, piuttosto che l'insieme urbano.
Le differenze tra Chiattone e Sant'Elia sono divenute ormai un "topos" della letteratura critica, che ha insistito sulla maggiore purezza, freddezza analitica, metafisica bellezza, razionalità, assolutezza dell'universo architettonico del bergamasco. Si è scritto che Sant'Elia propone un paesaggio urbano, Chiattone uno mentale, che Sant'Elia è uno scenografo visionario, Chiattone un protorazionalista, che Sant'Elia preferisce lo schizzo al disegno, Chiattone invece esegue disegni netti, puliti, bene illuminati e spesso dotati di pianta. Al di là delle diversità tra i due architetti, che fanno propendere per una sospensione del giudizio sulla reale dipendenza di Chiattone da Sant'Elia, si dovrà comunque tenere sempre presente l'atteggiamento ambiguo dell'architetto bergamasco nei confronti del futurismo nel corso degli anni. Assodata una sua adesione di fatto nel 1914 all'ala moderata, e provata la sua diffidenza verso la corrente marinettiana, è interessante vedere come nel 1928 abbia accettato di esporre le sue opere alla Prima mostra di architettura futurista di Torino, acconsentendo implicitamente a includere la sua produzione nella sfera d'influenza del futurismo.
Un ulteriore interessante elemento che può costituire un indizio per accomunare, con maggior sicurezza, l'opera di Chiattone all'avanguardia futurista è il suo impegno come scenografo. L'artista futurista infatti è per definizione poliedrico e cerca di raggiungere l'opera d'arte totale, la costruzione e la rappresentazione della vita futurista e, di conseguenza, della città futurista quale ambiente e spazio vitale per antonomasia. Le scenografie hanno rappresentato l'unica realizzazione di città futuriste e in esse si sono cimentati esponenti sia dell'architettura come Virgilio Marchi, con le sue "scenarchitetture", sia della pittura come Fortunato Depero, con lo scenario di grattacieli e tunnel per il balletto New York - New Babel del 1930. Nell'universo futurista si sono spesso intrecciate idee di città come "imago theatri", luogo di stimolazione nervosa e ludica, e di teatro come "imago urbis". Mario Chiattone, con i bozzetti di scene metropolitane per il poema sinfonico di Lichtmann del 1925 La strada e il giardino rientra perciò perfettamente nella poetica del movimento futurista.

- Un prudente distacco

Nel 1915-1916, ormai privato dalla guerra dell'amicizia e dello scambio di idee con Sant'Elia, Chiattone continuerà la sua evoluzione verso immagini di edifici immersi in un'eternità astrale, immobile e senza tempo, simili alle architetture dechirichiane, condividendo la scelta dei pittori futuristi passati poi alla pittura metafisica. Come già accennato, i successivi sviluppi della carriera di Chiattone lo porteranno lontano dall'avanguardia italiana, fino al punto di ricordare con difficoltà, se non rinnegare, in interviste degli anni Cinquanta, l'adesione sua e di Sant'Elia al primo futurismo. In un periodo storico in cui la critica italiana non aveva ancora valutato l'opera degli architetti futuristi e l'aveva invece tacciata di mancanza di concretezza o l'aveva disprezzata a causa dell'adesione di alcuni suoi esponenti al fascismo, Chiattone preferì sminuire l'accento fantastico e la vicinanza al futurismo della sua esperienza giovanile. Per questo, pochi mesi prima della morte dichiarò a un giornalista: «Volevamo creare un'architettura nuova rispetto a quella diffusa da Vienna, perché pensavamo che si dovesse tener conto della nuova tecnica in rapido sviluppo e suscitatrice di visioni libere e nuove: ma pensavamo a un'architettura positiva, realizzabile». Se negli anni Cinquanta l'architettura futurista poteva non essere riconosciuta come positiva e realizzabile, la storiografia e la critica degli anni Novanta hanno reso giustizia all'importanza dell'opera teorico-progettuale del "primo" Chiattone.