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Art e Dossier (2003 - 2005) Anno 19 Numero 203 settembre 2004



Kiefer e Celan

Walther K. Lang

L'oro e la cenere



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Anselm Kiefer, I tuoi capelli di cenere, Sulamith (1981).

Anselm Kiefer, I tuoi capelli d’oro, Margarethe (1981)

Anselm Kiefer, I tuoi capelli di cenere, Sulamith (1981).

Kiefer e Celan
L’oro e la cenere
Una serie di opere di Kiefer riprende e rielabora materiali presenti in una delle poesie piu' note di Paul Celan: due figure di donna contrapposte, la tragedia della guerra e del nazismo a far da sfondo.

Fuga della morte(*), la poesia che decreto' la fama di Paul Celan (1920-1970) e che descrive con cupe immagini lo sterminio degli ebrei nei lager nazisti, fu composta nel 1945, lo stesso anno in cui nacque Anselm Kiefer. I genitori del poeta, ebreo rumeno, erano morti in un campo di concentramento ed egli, stabilitosi a Parigi dopo la guerra, si tolse la vita nel 1970.
Kiefer, cresciuto nella Germania Occidentale degli anni della ricostruzione e del miracolo economico, elabora un modo molto personale di interrogarsi sulla storia tedesca. In un’epoca in cui la condanna unanime dei crimini nazisti tendeva a relegare questo passato in un’ultradecennale terra di nessuno, in una sorta di ghetto storico, l’artista tedesco esordì con un’opera estremamente provocatoria. Nel 1969 infatti realizzo' Occupazioni, una raccolta di foto, scattate in diversi paesi europei, che lo ritraggono mentre fa il saluto nazista. Questa riesumazione del passato nazionalsocialista si distingue profondamente dalle numerose commemorazioni piu' o meno ufficiali perché infrange il tabu' del 'mai piu'' con un atto di mimesi. Secondo Kiefer solo immedesimandosi e' possibile comprendere: io non mi identifico con Nerone o con Hitler, ma devo imitare in piccola parte quello che hanno fatto per capire la loro follia.
Negli anni Settanta l’artista recupero' dall’oblio forzato alcune tematiche nazionaliste come la mitologia nordica e il mito wagneriano dell’eroe.

Il ciclo su Fuga della morte

Al 1981 risale il grande ciclo di pitture su Fuga della morte, che prende spunto solo da due delle numerose immagini contenute nella poesia, nella quale Celan ha rappresentato attraverso metafore una realta' altrimenti indicibile. L’ossimoro del «negro latte» e' forse il leitmotiv piu' ossessionante: questa bevanda portatrice di morte e' bevuta faticosamente da prigionieri anonimi, il «noi» del testo. Alla massa e' contrapposta la figura solitaria dell’aguzzino che, la sera, gioca con le serpi o scrive lettere d’amore alla fidanzata in patria, la bionda Margarethe. A quest’evocazione femminile fa riscontro, sul fronte ebraico, Sulamith dai capelli di cenere. Il verso finale della poesia, «I tuoi capelli d’oro, Margarethe, / I tuoi capelli di cenere, Sulamith» mette a confronto le due donne, ed e' intorno a questa coppia allegorica che Kiefer costruisce i suoi dipinti. La figura di Margarethe risale al Faust di Goethe e simboleggia la vecchia Germania, mentre Sulamith, l’amata del Cantico dei Cantici, e' la personificazione della nazione ebraica. La coppia allegorica delle due donne richiama quella medievale della Chiesa trionfante e della Sinagoga cieca e sconfitta, che il romanticismo tedesco recupera e reinterpreta come Sulamith e Maria. Nel 1812 Franz Pforr dipinse il piccolo quadro Sulamith e Maria, nel quale esprime una complementarita' contrapponendo la nordica Maria alla mediterranea Sulamith. Il quadro era stato pensato come segno d’amicizia per Friedrich Overbeck e a lui dedicato. Si osservi come in esso non venga tematizzata la fede ebraica: sullo sfondo di Sulamith e' raffigurato un paesaggio italiano, caratterizzato da chiese cristiane. Solo la scelta dei nomi mostra un riferimento evidente al confronto tra Antico e Nuovo Testamento, sottolineato anche dalla struttura – il dittico – scelta da Pforr per il dipinto. Lo stesso tema, interpretato da Overbeck, mostra invece Sulamith e Maria che si abbracciano con tenerezza. Dieci anni dopo la morte di Pforr, Overbeck traspone su olio il suo cartone del 1812 intitolando il quadro Italia e Germania.
Nel 1981, quando Anselm Kiefer dipinge Sulamith e Margarethe, il legame che teneva unite queste figure femminili e' irrevocabilmente spezzato: per l’artista e' impensabile conciliare tra loro le due allegorie e dedica i dipinti o all’una o all’altra donna. Alla mostra che si tiene l’anno successivo al museo Folkwangen di Essen sono infatti esposti quindici suoi dipinti dedicati a Margarethe e nove a Sulamith, intitolati quasi tutti I tuoi capelli d’oro, Margarethe o I tuoi capelli di cenere, Sulamith. Kiefer procede dall’unico elemento caratterizzante usato da Celan per evocare le due figure femminili: i capelli. I capelli di Margarethe sono d’oro, quelli di Sulamith sono di cenere e richiamano la tragedia dei forni crematori.

Sulamith e Margarethe

In diversi quadri della serie I tuoi capelli di cenere, Sulamith (1981), l’artista tedesco raffigura una donna nuda seduta, con i capelli sciolti e arruffati che le coprono il volto e sembrano staccati e autonomi rispetto al corpo. Gia' nell’opera poetica di Celan e' ben presente questa separazione, alla quale il poeta conferisce un significato di morte: «Vi e' uno che regge i miei capelli. / Li regge come si reggono in mano corpi morti» (Chanson di una dama nell’ombra).
A sua volta Kiefer, per il carattere feticistico e la connotazione di morte che possiedono, include anche delle ciocche di capelli tra i materiali usati per realizzare alcune sue opere successive, come per esempio il ritratto della leggendaria imperatrice Elisabetta d’Austria (1998). L’opera del pittore tedesco e' caratterizzata dall’uso della scrittura. Lungo i capelli di Sulamith corrono le parole «I tuoi capelli di cenere, Sulamith». Il segno grafico utilizzato e' talmente ingenuo da risultare infantile – si e' infatti parlato di grafia scolastica – soprattutto se raffrontato al contenuto che trasmette. Nel quadro intitolato Sulamith e' la parola scritta che rende esplicito il collegamento con la poesia di Celan. Il verso finale, citato in modo incompleto, fa percepire immediatamente l’assenza di Margarethe. Questo personaggio misterioso, che in Fuga della morte vive lontano dal luogo in cui si compie il crimine, nell’opera di Kiefer non e' mai raffigurato come una figura femminile: i suoi capelli d’oro la rappresentano come 'pars pro toto'. Nel dipinto I tuoi capelli d’oro, Margarethe lo spazio e' quasi interamente occupato da un campo brullo mentre del cielo e' visibile solo una minuscola striscia. La campagna ricorda quei paesaggi degli anni Trenta che rendevano omaggio al culto della terra. Al centro di questo terreno un inserto di paglia, come un ciuffo di capelli, richiama alla mente uno spaventapasseri; sopra di esso serpeggia incurvata la scritta «I tuoi capelli d’oro, Margarethe». Il materiale impiegato trasforma la donna invisibile in un’emanazione della terra. I tuoi capelli di cenere, Sulamith raffigura lo stesso campo. In questo dipinto pero' piccole fiamme lambiscono i solchi lasciati dall’aratro e tracce di colore lattiginoso evocano il fumo. La paglia qui e' lavorata assieme al colore a formare uno spesso strato. Il fuoco, che contenutisticamente rimanda alla terribile morte di Sulamith, sembra uno di quei fuochi primaverili con cui vengono bruciati i ramoscelli e gli sterpi seccati nell’anno precedente. Questa operazione utile e rigeneratrice, diventa pero' in Kiefer metafora opprimente. Margarethe e Sulamith non sono piu' rappresentanti del popolo tedesco o di quello ebraico, ma si fondono piuttosto nella stessa divinita' arcaica della terra, che nei culti rurali della fertilita' e' associata al simbolismo di morte e resurrezione. La desolazione di morte con cui e' raffigurata la terra, nel dipinto I tuoi capelli d’oro, Margarethe si riallaccia alla tematica dei paesaggi apocalittici frequentemente rappresentata nella produzione del pittore tedesco. Margarethe (1981) e' dominato da ciuffi di paglia applicati al dipinto, nel quale macchie rosa e bianche suggeriscono le fiamme. Queste luci indefinite danno l’impressione di fuochi fatui, che nelle tradizioni popolari sono spesso interpretati come spiriti vaganti di morti. L’unico elemento che si riferisce senza ombra di dubbio a Fuga della morte e' la scritta «Margarethe». Nessuna traccia, invece, dei capelli.

I temi tradizionali

Di questo dipinto esiste anche un gemello inquietante intitolato I maestri cantori (1981). L’unica divergenza e' la scritta, oltre al fatto che i fasci di paglia infiammati sono stati numerati da uno a tredici, a suggerire i personaggi dell’opera wagneriana. Kiefer riunisce in un sovratema molto ampio tematiche che a lui sembrano in qualche modo collegate. Certamente questo sovratema ha a che fare con l’identita' tedesca, ma anche con l’irrompere di forze irrazionali e con la stessa morte. I maestri cantori rappresentano tutto cio' che e' 'tedesco antico', la Norimberga dell’epoca di Dürer e di Hans Sachs, quella tradizione, infine, che fu riscoperta e rivalutata dal romanticismo. Non e' un caso che anche la vicenda di Faust (e con lui di Margarethe) sia ambientata nel tardo Medioevo tedesco. Eppure Norimberga ha anche una storia piu' recente come sede delle adunanze del partito nazionalsocialista e i nazisti avevano sfruttato per i loro fini politici la straordinaria musica di Wagner, il compositore dei Maestri cantori. A questo proposito si ricordi come anche in Fuga della morte la musica ha un ruolo piu' che ambiguo, quando per esempio il carnefice pretende che le vittime si scavino le tombe accompagnate dal suono del violino. Un’atmosfera simile si percepisce anche nel dipinto I tuoi capelli d’oro, Margarethe - Notte di san Giovanni (1981). Il titolo dell’opera ci svela un’altra particolarita' dell’artista: la sintesi piu' o meno arbitraria di due temi. In questo caso l’allegoria della Germania si fonde con i riti della notte di san Giovanni (il solstizio d’estate). Questa sintesi trova la sua dimensione storica nel recupero forzato, da parte dei nazisti, di antichi riti legati al fuoco, i fuochi di san Giovanni, appunto. Come in molti altri lavori Kiefer riattualizza lo slancio romantico verso l’irrazionale e aggiunge, senza commenti, allusioni alla manipolazione storica che viene facilitata da un’emozionalita' così impulsiva. Particolarmente cupo e' l’effetto prodotto da un dipinto di poco successivo intitolato Sulamith (1983). Questo dipinto, che fa parte di un altro ciclo di pitture, incentrato sulle architetture naziste, mostra una vista prospettica di una sala a volte che suggerisce una sintesi tra tempio dei morti e fortezza medievale. Sotto la volta si apre uno spazio scuro nel quale appaiono alcune fiamme sopra un altare a forma di piramide.

La scritta «Sulamith» e' posta sulla prima arcata. L’evocazione della donna ebraica qualifica lo spazio come monumento commemorativo di un genocidio. La provocazione consiste nel fatto che l’architettura raffigurata e' la fedele imitazione di un progetto nazista per la cappella mortuaria «dei grandi soldati tedeschi», opera dell’architetto Wilhelm Kreis. Il monumento commemorativo dedicato a Sulamith risulta molto piu' buio e macabro del progetto di Kreis, che gia' impressiona per la sua fredda monumentalita'. Il colore scuro si infittisce al centro della volta fino a diventare un’ampia massa nera. Il senso di decadimento che emana dagli edifici nazionalsocialisti nei dipinti di Kiefer e' dovuto anche all’uso del fuoco come 'mezzo pittorico'. Con questo procedimento infatti l’artista non esita a bruciare e forare la tela. Il declino che accomuna tutti gli edifici 'di regime' rappresentati da Kiefer e' intenzionale: si tratta di un declino romantico che corrisponde abbastanza alle fantasticherie di Hitler sull’aspetto che avrebbero avuto i suoi edifici dopo molti secoli. La divinita' adorata in questo cupo sacrario e' la morte. Nelle sue ricostruzioni 'archeologiche' del recente passato tedesco il pittore traspone la storia in mito, coerentemente con la sua convinzione che l’uomo abbia bisogno di miti e di misteri: «Quanti scrivono che adesso i miti non debbano essere piu' usati o non possano piu' esistere, commettono un grave errore concettuale. Pensano infatti che poiché i nazisti si sono serviti dei miti […] ora sia necessario farli scomparire. Ma non e' affatto vero». Anselm Kiefer conferisce una dimensione mitica alle immagini poetiche di Celan. Il confronto tra le due allegorie femminili, essenziale in Celan, e' molto meno tangibile in Kiefer. Quasi quarant’anni separano la poesia di Celan, marcatamente autobiografica, dalle visioni di Kiefer, che sembrano evocare un passato ormai remoto. La realta' indicibile, che gia' Celan riusciva a rappresentare solo attraverso immagini oniriche, nelle opere del pittore diventa leggenda, una «favola di tempi antichissimi». Una differenza fondamentale distingue tuttavia i due artisti: la posizione dell’uomo in rapporto al mondo che lo circonda. Nell’universo del poeta e' l’uomo il protagonista; il dolore e lo smarrimento dell’umanita' sono i suoi temi ricorrenti e anche se le immagini poetiche che crea sono irrazionali e fantastiche, il punto di riferimento resta l’uomo. E' vero che la morte e' un’ossessione costante nella sua opera, tuttavia occorre sottolineare che il poeta si confronta solo con l’aspetto terreno, fatto di dolore, separazione e disperazione: in Celan la morte e' priva di qualsiasi trascendenza. Kiefer invece traspone il dramma umano in una dimensione cosmica. Nella sua opera la nuda terra o il seme si sostituiscono alla vittima umana e al suo carnefice, mentre l’uomo e' quasi completamente assente: la rappresentazione di Margarethe attraverso un feticcio e' un tipico esempio di questa tendenza. L’individuo ha un ruolo secondario nella cosmologia dell’artista. Le forze metaempiriche e la soluzione apocalittica evocate da Kiefer si rivelano nemiche della vita.



(*) Paul Celan
Fuga della morte

Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte
noi ti beviamo al mattino come al meriggio ti beviamo la sera
noi beviamo e beviamo
Nella casa vive un uomo che gioca colle serpi che scrive
che scrive in Germania quando abbuia i tuoi capelli d’oro Margarethe
i tuoi capelli di cenere Sulamith noi scaviamo una tomba
nell’aria chi vi giace non sta stretto

Egli grida puntate piu' fondo nel cuore della terra e voialtri cantate e suonate
egli trae dalla cintola il ferro lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
voi puntate piu' a fondo le zappe e voi ancora suonate
perché si deve ballare

Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte
noi ti beviamo al meriggio come al mattino ti beviamo la sera
noi beviamo e beviamo
nella casa vive un uomo i tuoi capelli d’oro Margarethe
i tuoi capelli di cenere Sulamith egli gioca colle serpi
Egli grida suonate piu' dolce la morte la morte e' un Mastro di Germania
grida cavate ai violini suono piu' oscuro così andrete come fumo nell’aria
così avrete nelle nubi una tomba chi vi giace non sta stretto

Negro latte dell'alba noi ti beviamo la notte
noi ti beviamo al meriggio la morte e' un Mastro di Germania
noi ti beviamo la sera come al mattino noi beviamo e beviamo
la morte e' un Mastro di Germania il suo occhio e' azzurro
egli ti coglie col piombo ti coglie con mira precisa
nella casa vive un uomo i tuoi capelli d’oro Margarethe
egli aizza i mastini su di noi ci fa dono di una tomba nell’aria
egli gioca colle serpi e sogna la morte e' un Mastro di Germania

i tuoi capelli d’oro Margarethe
i tuoi capelli di cenere Sulamith


(*) Per le citazioni delle poesie di Celan e' stata utilizzata la traduzione di Giuseppe Bevilacqua (Paul Celan, Poesie, a cura e con un saggio introduttivo di G. Bevilacqua, Milano 1998 (N.d.T.).