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Espoarte Anno 9 Numero 54 agosto-settembre 2008



Lawrence Carroll

Elena Forin

Intervista



Contemporary Art magazine


[GIOVANI]
18 Carles Congost
24 Giuseppe Stampone
28 Donato Piccolo
32 Chiara Lecca
36 Marta Sesana
40 Pietro Iori

[PROTAGONISTI]
46 Lawrence Carroll

[SPECIAL GUEST]
54 Barry X Ball
60 Gregor Schneider
66 Almagul Menlibayeva

[RUBRICHE]
74 Speciale Manifesta7
81 [No man’s Land]
84 [Rapture]
Mobile Art
[Progetti&Dintorni]
88 Brown Project Space
90 Backpackers
92 Fabrizio Musa
94 Ernesto Neto
95 Giuseppe Capitano

96 Editoria

[Dossier Luoghi Spazi]
98 Nomas Foundation
102 O’artoteca

[Profili]
106 Armida Gandini

[EVENTI]
112 Scultura Internazionale ad Agliè
114 Igino Legnaghi | François Morellet
116 Gordon Matta-Clark
118 Carol Rama
120 Save As... Arte Contemporanea dalla Turchia
122 Eurasia
124 Espana. 1957|2007
126 Roberto Barni
128 La sottile linea d’ombra
129 -30. Pratiche pittoriche in Italia
130 Heimo Zobernig
131 Mimmo Paladino

[IN GALLERIA]
134 Philippe Perrin
135 Dacia Manto
136 Pae White
137 BLU
138 Donna Conlon
139 Democracia
140 My name is red
141 Kim Joon
142 Vincenzo Rusciano
143 Tina Sgrò
144 Nikola Uzunovski
145 Michael Fliri
146 Paul Etienne Lincoln
147 Aurore Valade
148 Ed Ruscha
149 Leo Matiz
150 Kenneth Noland
151 Luigi Carboni
152 Marco Tirelli
153 nardiescopetta
154 Mònica Alonso
155 Kristof Kintera | Ilona Nemeth
156 Luis Molina-Pantin
157 Studio Vigato

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Snow ball bucket, 2007
carta, colla e vetro di murano, cm 31x33x26

Untitled (Hand painting), 1998-1999
olio, cera, tela su legno, spago e intonaco, cm 274x228x12,7

Untitled, 2003
olio, cera, tela, scarpe, fiori di plastica, vernice su legno, cm 300x213,5x10,5

Si è da poco conclusa la personale che il Museo Correr ha dedicato a Lawrence Carroll. La mostra, che si apriva con un’opera di Morandi, celebrava l’artista proprio a partire da uno dei suoi più intimi riferimenti, per poi raccontare, attraverso opere di grandi dimensioni e dalla notevole forza estetica, le fasi più importanti e necessarie di una ricerca in cui stratificazione, emotività, conoscenza, natura e memoria, si costituiscono come gli assoluti di una poesia personale e collettiva.

Elena Forin: Come sei arrivato a trovare il tuo linguaggio?
Lawrence Carroll: Da bambino ero attratto dal disegno e mio padre portava a casa dal lavoro dei fogli su cui continuavo a disegnare; a quel tempo, tuttavia, non potevo immaginare che tutto ciò mi avrebbe portato a fare l’artista. Ripensandoci, credo che quello fosse uno dei modi che avevo per comunicare, per raccontare storie e immaginare mondi fantastici lontani dalla realtà. Oltre a ciò era anche un’importante via di fuga, perché mi stimolava a girovagare ed esplorare… E poi era una fondamentale alternativa alla vita in un piccolo paese ad un’ora da Los Angeles.
Nel 1984, finita la scuola d’arte, mi trasferii a New York, e questo mi aiutò moltissimo a capire in quale direzione andare in campo artistico, visto che fino a quel momento non avevo un’idea precisa. Alcuni incontri ed esperimenti in studio furono fondamentali: la scena newyorkese era dominata dai dipinti eroici, gestuali e di grandi dimensioni di Polke, Richter, Kiefer, Salle, Schnabel, ecc... Ma c’erano anche degli artisti che ancora non conoscevo e che stavano cercando la loro strada esattamente come me. Ero affascinato da tante cose, e ad un certo punto capii che dovevo muovermi in un’altra direzione, così passai la maggior parte delle mie serate chiuso nel mio studio a 6 miglia dal centro di Manhattan, senza mai conoscere nessuno e cercando di trovare nella pittura qualcosa che fosse veramente mio. Molte di quelle prove non raggiungevano risultati soddisfacenti, e sapevo anche che molti dei miei quadri non erano buoni, ma proseguivo pensando che non potevo far altro che migliorare, e che questo continuo sforzo mi avrebbe accompagnato là dove volevo.
Allo stesso tempo decisi anche di dedicare quanto più tempo possibile a New York, per vedere musei, mostre e gallerie; non solo per conoscere la storia dell’arte, ma anche per capire cosa stava succedendo e avere strumenti in più per comprendere le mie necessità e arrivare a trovare qualche cosa di familiare e veramente intimo. Le idee arrivarono lentamente e dopo molto lavoro, ma vennero anche da una meditazione sul mio passato: all’inizio non mi fidavo molto di queste sensazioni, ma poi negli anni ho imparato a riconoscere e apprezzare certe influenze che avevo assorbito.
L’attenzione per l’oggetto arrivò attraverso una riflessione su certa pittura e scultura (Sean Scully, ad esempio) ma nella maggior parte dei casi cercavo elementi al di fuori dell’ambiente artistico. Nel 1985 cominciai a realizzare delle piccole scatole pittoriche: mi piaceva l’idea di non poterle percepire nella loro totalità se non girandoci attorno, e oggi penso di poter dire che, considerare la pittura come corpo e non come facciata, è stato ciò che mi ha fatto cominciare il mio percorso di artista.

Mani e scarpe come emblemi di una manualità da artista faber e dell’idea del viaggio della conoscenza. Come emerge la figura dell’artista nel tuo lavoro?
A guidare lo sviluppo di un’idea è sempre una certa processualità, anche se naturalmente, alle volte, alcune di queste idee hanno bisogno di anni prima di emergere nel lavoro. Nella maggior parte dei casi tutto ciò avviene in studio, dove materiali e cose diventano familiari per poi tramutarsi, solitamente a casa, in ciò che poi entra nei miei quadri.

Stratificazione di colore e materiali, collage e mondo oggettuale: la tua ricerca sembra una metafora della vita e una riflessione sulla nostra era…
Penso che spesso sia facile fraintendere o sovraccaricare i contenuti di un quadro. Il fruitore ha bisogno di conferme e cerca di ricevere da un quadro ciò che sta cercando, ma l’arte non funziona in questo modo ed è molto più profonda di così. Non voglio che i miei lavori siano visti in senso letterale, quanto piuttosto che la gente ne faccia in qualche modo esperienza: è così difficile capire la vita che provo a dipingere proprio pensando a questo. Cerco di avvicinarmi e di afferrare dei contenuti, e poi quando mi rendo conto di averlo fatto e che ciò che sento sta diventando semplicemente lavoro, comprendo che è arrivato il momento di dedicarmi a qualcos’altro.

La conservazione è un fatto di memoria privata e collettiva. In questo senso, i lavori che accolgono al loro interno la tela pittorica piegata hanno una particolare relazione con la storia. Cosa rivelerebbero quelle tele se venissero aperte?
La tua visione è corretta: le tele piegate all’interno di quei dipinti “dormienti” possono potenzialmente essere aperte e viste nuovamente. Questo fatto dà loro la possibilità di diventare qualcosa di diverso da ciò che erano inizialmente e di acquisire, quindi, una nuova vita. L’idea che qualcosa possa giacere addormentata, per poi svegliarsi in un altro luogo e in un altro tempo, con altri contenuti e significati, mi permette di continuare il mio discorso sull’impossibilità di una verità assoluta e immutata nel tempo.

La tua poetica è fatta anche di una ruvida delicatezza. Cos’è per te la poesia?
Semplicemente la vita.

Anche gli oggetti hanno un’intensa carica lirica: vuoi parlarci dei tuoi cesti e delle “palle di neve”?
In questo momento sono molto vicino a questi oggetti, quindi non so spiegare chiaramente cosa significhino. Spesso mi fido di un’idea, ma la comprendo davvero solo più avanti. Di sicuro so che questi elementi hanno qualcosa di veramente vitale, e dal momento che avverto tale sensazione in maniera molto forte non posso far altro che andare avanti.

Cos’è per te la natura?
È contraddizione, e quindi imperfezione e incertezza, e questo insieme di aspetti ne fa un incredibile luogo di creazione.



Lawrence Carroll è nato a Melbourne, Australia, nel 1954. Vive tra Venezia e New York.

Principali mostre personali:
2008 - Palazzo Correr, Venezia
- Lawrence Carroll & Steve Rieddel, Studio Trisorio, Napoli e Roma
2007 - Galleria Cardi, Milano
- Ace Gallery, Beverly Hills
2005 - Villa Panza, Varese
- Galleria Carles Tache, Barcellona
- Galleria Xavier Fiol, Mallorca
- Galleria Michela Rizzo, Venezia
- Galleria Fumagalli, Bergamo
- Conny Dietzschold Gallery, Sydney
- Jim Schmidt Contemporary Art, St. Missouri

Principali mostre collettive:
2008 - Corpo sociale, Galleria Pack
2007 - Hotel del Artes, Toulon, France
2006 S.I., Galleria San Fedele, Milano
2005, Je ne regrette rien, Studio la Città, Verona
- "50 Years of Documenta 1955 - 2005", Kassel

Gallerie di riferimento:
Galleria Michela Rizzo, Venezia
Studio La Città, Verona
Galleria Fumagalli, Bergamo
Galeria Xavier Fiol, Mallorca
Galeria Carles Tache, Barcellona
Galleria Buchmann, Berlino e Lugano
Ace Gallery, Los Angeles
Schmidt Contemporary Art, St. Louis
Forsblom Gallery, Helsinki