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Espoarte Anno 9 Numero 55 ottobre-novembre 2008



Hermann Nitsch

Matteo Galbiati

Intervista



Contemporary Art magazine


[GIOVANI]
24 Pierluigi Febbraio
30 Gabriele Picco
34 Johannes Vogl
38 Erika Latini
42 J&Peg
46 Reuven Israel

[PROTAGONISTI]
52 Hermann Nitsch
58 Graciela Iturbide
64 Keith Tyson
70 Paolo Palmieri

[SPECIAL GUEST]
78 Mario Airò
84 Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini
90 Anton Corbijn

[RUBRICHE]
96 [No man’s Land]
[Progetti&Dintorni]
100 Ortus Artis e Fresco Bosco
102 Progetto Maionese XI
104 Genius Loci
106 Il Drago di Giorgio
108 Portami con te Autostop Artistico
109 Arthur Duff
110 Video minuto 08
111 Industrial Lies
112 World On Video

113 Editoria

[Dossier Luoghi Spazi]
114 Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti
[Profili]
118 Pino Pinelli

[EVENTI]
126 Mimmo Paladino
128 Germania Contemporanea. Dipingere e narrare
130 Una stanza tutta per sé
131 Mauro Manfredi
132 Biennale di Alessandria videofotografiacontemporanea
134 Cesare Viel
136 Conrad Marca-Relli
138 Cabinet of curiosities
140 Mediterraneo 2008
142 Mario Schifano
143 Brian Eno

[IN GALLERIA]
146 Marco Rambaldi
147 Ciprian Muresan
148 Lucio Perone
149 Silvano Tessarollo
150 The Absence of Birds
151 Daniel Canogar
152 Massimo Dalla Pola
153 Hyon Soo Kim
154 Ulrich Egger
155 Simon Dybbroe Moller
156 Gianfranco Pardi
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Hermann Nitsch,
“55ª Malacktion”
Napoli agosto 2008
Museo Archivio Laboratorio Per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch, Napoli
Courtesy Fondazione Morra, Napoli

Veduta della collezione del Museo Archivio Laboratorio Per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch, Napoli
Courtesy Fondazione Morra, Napoli

Hermann Nitsch e Peppe Morra
Courtesy Fondazione Morra, Napoli
In icona: il Museo Archivio Laboratorio Per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch, Napoli.
Courtesy Fondazione Morra, Napoli

Un museo spesso nasce per custodire tesori accumulati nel tempo oppure per celebrare un’epoca, un artista, una corrente. Consacra un momento che si fissa nell’immobilità della storia trascorsa. Le ragioni che hanno portato Peppe Morra, già attivo a Napoli con la Fondazione Morra (che recentemente ha trasferito la sua sede nel centrale e affascinante Palazzo Ruffo), sono di ben altra natura. Se è vero che da una parte c’era la necessità di sistemare la sua grande collezione di opere di Hermann Nitsch, dall’altra – forse la più profonda – si animava un bisogno del cuore e dell’intelletto. Morra per Nitsch è più di un produttore-collezionista, è un vero compagno di strada che lo ha seguito, senza abbandonarlo, in tutta la sua lunga ricerca. Il loro sodalizio li ha portati a condividere una storia diventata comune fin dal 1973.
Morra in questo legame umano e intellettuale, in un’amicizia e una stima reciproche, ha non solo trovato la passione per l’opera di Nitsch ma si è integralmente trovato addentro alle ragioni più profonde della sua filosofia e della sua arte. L’ha portata sempre fino in fondo, sostenendo l’artista in ogni circostanza. I due uomini hanno creato quasi un codice personale, una condivisione fatta di entusiasmo vicendevole e di conoscenza e rispetto del reciproco lavoro.
L’idea del Museo non è nuova, non è nata da poco tempo e realizzata rapidamente e senza prospettive, è invece un sogno pensato una decina d’anni fa. Dal legame forte e sincero, non meno dalla loro condivisione di intenti, Morra e Nitsch hanno reso, in due anni di lavori effettivi, il Museo non un semplice contenitore, non una scatola chiusa, ma hanno dato origine ad un organismo vivo, aperto alle esperienze del mondo. Qui sta la sua peculiarità: vuole essere un luogo dove, partendo dallo studio approfondito di tutti i documenti e le testimonianze dell’opera del maestro austriaco – raccolta che proseguirà nel tempo – si pratichi la ricerca, si segua la formazione di nuovi artisti. I materiali sono a disposizione e periodicamente ci saranno manifestazioni legate alla sua attività. Non sarà mai un luogo chiuso in se stesso ma aperto al dialogo anche con le altre istituzioni – università, musei, fondazioni, accademie… – della città e non solo.
L’opera di Nitsch, che continua a guardare oltre il limite dell’arte, è una mescolanza di multisensorialità pulsante e anelante. Ammanta lo spettatore e ne stimola tutti e cinque i sensi. È un’arte totale, un’esperienza assoluta. Così anche negli intenti di Morra c’è il desiderio di orientare il Museo verso approfondimenti in una pluralità di campi legati all’arte, alla musica, alla performance, a quell’arte totale che proprio Nitsch ci continua a raccontare. In questo modo si è superato il limite-confine del museo come siamo abituati ad intenderlo: qui è una vera prova di crescita. Si studia, si sperimenta, si lavora e, non fatto banale, ci si può conoscere. Non è una sopravvalutazione ma un vero e proprio sentire cui non si può restare immuni dopo averlo visitato.
Napoli si arricchisce così, grazie all’impegno privato di Morra, di un nuovo punto di riferimento nella proposta culturale legata al contemporaneo, già così forte nella città partenopea.
Arroccata nel centro storico della città, in posizione strategicamente centrale, la vecchia centrale elettrica Bertelli, un complesso del primo Novecento da sempre presente nel quartiere e rinato col Museo, è il luogo affascinante in cui perdersi ammaliati dalla qualità delle opere che vi sono raccolte. Un gioiello che risponde al merito della capacità di fare, spesso sottovalutata, della città e di chi ci vive. Un nuovo cuore pulsante dentro la città di Napoli, fisiologica cornice, per la stereofonica arte di Nitsch.
Della sistemazione della collezione nel nuovo museo, quello che infine colpisce è non solo la grandiosità del luogo, della ricca collezione e della cura del suo allestimento, ma il legame stretto che li lega tra loro e alla città. Lo si percepisce da fuori, già dal quartiere, ma ancor di più appena entrati: le opere di Nitsch hanno trovato qui una collocazione così puntuale e attenta che, per assurdo, la vecchia centrale e i suoi affascinanti ambienti – superbamente restaurati – sembrano essere stati costruiti appositamente attorno alle opere, quasi queste fossero sempre state presenti nella storia di questi luoghi.
Sono infinite le suggestioni che da più di trent’anni accompagnano Nitsch e la sua ricerca, si possono condividere gli entusiasmi di Morra, credo però che sia stata sottovalutata la forza della loro realizzazione. Hanno insistito per definirlo qualcosa di più di un Museo. Dopo averlo visto non penso sia solamente un museo, ma nemmeno un laboratorio né un archivio, già definizioni che ne dilatano il pregio, non è neppure tutte e tre le cose messe assieme. È molto, molto di più di quel che si crede e si dice. Perché è un luogo che ha un’anima forte, una magia palpabile e un futuro sicuro, ancora tutto da scrivere…


Matteo Galbiati: Come è nato il progetto del Museo Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch a Napoli?
Hermann Nitsch: Ho iniziato a lavorare con Peppe Morra nel 1973. Nel suo spazio in via Calabritto, prima con un’esposizione di foto e poi con una performance. Questo è stato l’inizio della nostra amicizia e del suo interesse sempre più intenso per la mia ricerca. Ha pubblicato molti miei libri e dischi della mia musica ed organizzato molte performance in Italia e nel mondo. Ormai aveva una magnifica collezione di documenti, foto, video, dipinti e relitti del mio lavoro. È stata sua l’idea di costruire il museo per questa collezione di miei lavori, credo che avesse questa idea già da dieci anni. All’inizio si era pensato ad un museo fuori Napoli, in un vecchio castello vicino al Vesuvio, un posto meraviglioso ma difficile, poi Peppe ha trovato questo luogo perfetto.

Ci può parlare del progetto di Napoli? Ci spiega quali saranno gli scopi e le attività che si svolgeranno?
La costruzione dell’esposizione nel museo era l’idea di Morra. Voleva mostrare la nostra attività insieme. Aveva materiali sufficienti per presentare l’intero progetto del mio lavoro nella complessità del mio Gesamtkunstwerk (arte totale). Nel mio lavoro uso tutti i sensi, ciò che faccio è usare la realtà e la realtà ha bisogno di tutti e cinque i sensi. Il centro dell’esposizione è il laboratorio di odori/sapori. Il mio lavoro tocca la mitologia, l’alchimia e la psicologia dell’inconscio.

Non sarà solo un luogo di studio sul suo lavoro, ma anche spazio di ricerca e formazione: quale ruolo ha lei all’interno del Museo Archivio Laboratorio?
Farò seminari e lezioni speciali per gli studenti interessati al mio lavoro.

Quindi il Museo e le sue attività si legano a quelle della Fondazione Morra…
Certamente!

Che ruolo ha avuto Peppe Morra per lei e la sua arte?
È un uomo che capisce benissimo la mia arte. Lui comprende come nessun altro la mia filosofia. Non si tratta solo di una questione razionale, è un’unione più profonda.

Dopo un esordio informale, il suo nome è legato al Wiener Atkionismus: ma cosa resta però oggi di quelle pratiche, della tensione intellettuale e filosofica di quegli anni?
È un’evoluzione della mia attività. Il Teatro delle orge e dei misteri è la cosa più importante. L’Azionismo Viennese era un movimento per artisti che usavano le arti performative, ma per me il teatro era l’idea principale. I miei amici hanno avuto altri sviluppi, altre evoluzioni…

Come è mutato il linguaggio della Body Art e delle performance nelle pratiche delle nuove generazioni?

Tutta la società è cambiata attraverso la Body Art, io ho cercato di fare qualcosa in più della moda del momento.

Quale futuro può avere questo tipo di espressività?
È necessario ritrovare la passione di Bach, Grünewald e Caravaggio.

Oggi siamo così tristemente assuefatti nel vedere e nell’accettare tutto come possibile, che sembra non ci si stupisca più per nulla. Un’azione artistica di questo tipo può avere ancora la forza di dire e dare un messaggio comprensibile senza fraintendimenti?
Per me e per la mia arte tutto è intensità e voglio fare un’arte intensa, che non si fermi alla superficie. Nel mondo c’è molta indifferenza, ma non intensità e vita vere.

Cosa consiglia ai giovani artisti?
Non li conosco, è un processo naturale. Anche quando io ero giovane nessuno guardava il mio lavoro. Quando feci una mostra a Londra, nel 1997, i giornali scrissero «ora vediamo un artista che ha fatto queste opere prima che Damien Hirst nascesse». Penso che i giovani artisti, soprattutto nel teatro, siano stati influenzati dal mio lavoro e che molti abbiano attinto dalla mia opera.

Quale ruolo deve o può avere un artista oggi?
Un artista deve dire che è importante ciò che fa e dovrebbe affermarlo con intensità.

Dopo il progetto per Napoli, quali sono gli impegni o i lavori su cui sta lavorando?
Una mostra a Budapest ed una performance in Giappone.


Herman Nitsch è nato nel 1938 a Vienna. Vive e lavora a Prinzendorf (Austria)


Museo Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch Napoli
Vico Lungo Pontecorvo 29/D, Napoli
Info: 081.5641655 – 5641494
www.museonitsch.org