Next Exit Anno 7 Numero 70 settembre 2009
Dal palco di San Giovanni ad Italia Wave: anche quella 2009 è stata un'estate che ha scoperto e portato alla ribalta nuove realtà italiane. Gruppi e personaggi che esprimono il segno dei tempi e di cui probabilmente sentiremo parlare ancora. Partiamo da tre band italiane. Da Roma, Ferrara e Palermo. Famelika, Diva Scarlet e BSBE sono i vincitori della rassegna nazionale Primo Maggio Tutto l’Anno.
Una manciata di ragazze e ragazzi, un pugno di musicisti che a forza di accordi e parole hanno sfondato la porta del palco più grosso e affollato della nostra penisola. Il palco del concerto del Primo Maggio a San Giovanni. Roma. Sarah Fortito, Antonio Di Martino, Adriano Petulicchio – Cesare Viterbini parlano a pochi giorni dalla pubblicazione della compilation che racchiude tutti i finalisti del concorso vinto. In attesa della presentazione al prossimo MEI.
Partiamo dalla lunga gavetta fatta.
BSBE: Entrambi suoniamo da quando siamo piccoli. È stata dura e lo è tutt'ora.
Diva Scarlet: Era il 1996, Bologna straripava di band molto promettenti. Ci siamo incontrate in una delle tante feste organizzate dagli studenti dei nostri istituti e da lì è partita la nostra lunghissima gavetta con il punk rock.
Famelika: Tanta gavetta, da Palermo. E continueremo a farla. Secondo me è necessaria in qualsiasi campo lavorativo, l’ingegnere non può progettare un ponte il giorno dopo la sua iscrizione all’albo.
Quello che vi aspetta?
F: Forse passeranno altri dieci anni prima di cominciare a diventare un po’ meno emergenti di così.
D: Ad ottobre si parte per la terza volta per una tournee in Olanda, poi il terzo disco.
B: Ci aspetta finalmente un tour tutto nostro che partirà ad ottobre. Dopo di che scriveremo e realizzeremo il nostro prossimo disco.
Che impatto con la notorietà del Primo Maggio?
F: Il gigantesco potere mediatico non ti consente di capire molto di quello che sta accadendo, poi noi che siamo sempre stati indipendenti siamo arrivati lì da soli, senza un ufficio stampa senza un management e ci è piovuto tutto addosso all’improvviso e troppo velocemente.
D: Sentire le vibrazioni di tutta quella folla ha scatenato in noi una sana adrenalina.
B: Anche se può sembrare scontato, su quel palco eravamo concentrati ed abbiamo solo pensato a suonare, esattamente come abbiamo sempre fatto.
Definizione: che roba è l’indie italiano?
B: L'indie italiano è tutto ciò che viene fatto senza l'appoggio, per così dire, delle major.
F: Indie rappresenta il modo in cui un suono è prodotto e presentato, molti confondono l’indie con un genere musicale come se esistesse il genere “indie”. L’indie italiano è vivo, ma fa fatica a venire fuori per il concetto stesso che esprime la parola indie “indipendente”. In Italia tutto ha bisogno di un controllo dall’alto, persino il coltivatore diretto fa fatica a rimanere indie.
D: L’indie definisce ciò che è indipendente, nasce dal basso, non è commerciale, scontato, patinato, ma ruvido istintivo e vero, racchiude diversi generi ed è fedele ai valori della cultura underground.
Citate un urban artist, o un artista contemporaneo, da cui vi fareste fare la copertina del prossimo disco.
F: Io collaboro da tempo con un pittore palermitano con cui mi confronto spesso e a cui chiedo consigli sulle mie scelte artistiche, si chiama Igor Scalisi Palminteri.
D: Per la copertina del disco penserei a Jan Saudek, www.saudek.com. Per quanto riguarda un video mi piacerebbe collaborare con BLU.
B: Bernaldo l’Eremita da Milano.
Domanda sui tempi che corrono: il disco è morto. Il live è l’unica fonte di sostentamento della musica. Vi state organizzando?
F: Il disco è morto e nessuno di noi è andato al suo funerale perché eravamo a suonare in qualche pizzeria all’aperto.
B: Solo un certo mercato soffre di questa crisi discografica e cioè le major che abituate a spendere milioni di euro in promozione non riescono più a rientrare negli investimenti. Noi siamo riusciti a tenere basso il prezzo del nostro disco e grazie a questo stiamo ottenendo piacevoli risultati sulla vendita.
D: Chissà, magari questa crisi del disco eliminerà in maniera naturale chi non sa sostenere live decenti, noi siamo pronte a mettere la firma su tutto ciò che non è monotonia e noia mortale.
Che ne pensate della deriva del nostro paese? Anzi pensate che siamo alla deriva?
B: Cesare - A me dell'Italia non mi importa niente. È tutto troppo lento. Il mio futuro lo vedo altrove. Adriano - credo sia una forzatura cambiare alcune cose in Italia.
F: Di certo con la musica non si ricostruiscono i danni fatti da una classe politica, non sono mai stato convinto che una canzone potesse risolvere dei problemi sociali, solo i media possono diventare veicolo di idee nuove e positive e purtroppo in Italia sappiamo come funziona.
D: È chiaro a tutti che si tratta di un momento particolarmente buio della vita civile di questo paese. La musica può forse contribuire a ricreare la voglia di un sistema di valori più elevati, ma il vero lavoro rimane quello delle persone.
I media stanno garantendo attenzione alla musica emergente.È solo nuovo business o è cambiato qualcosa?
D: Non mi pare che i broadcast siano attenti alla musica emergente.
F: Che in televisione ci sbattono in faccia gli “emergenti” su tutti i canali è una verità ormai assodata, ma è solo un nuovo business il “non conosciuto” incuriosisce e costa anche poco.
B: È solo che con l'incredibile e quotidiana evoluzione di internet, tutti gli altri media stanno cercando di adeguarsi.
I Talenti di ElettroWave Challenge
Marcelo Tag (dj), Hem (vj), Noxius (dj dnb), Riga+Muntafish (audio/video). I quattro progetti vincitori delle quattro categorie dell’Elettrowave Challenge, che ha permesso loro di esibirsi il 17 luglio scorso nel Palasport di Livorno. Singoli e gruppi che dopo quasi un anno di gare sono risultati i migliori nei loro ruoli sulla scena italiana. Li abbiamo incontrati e fotografati nel backstage dell’impianto livornese poco prima delle loro esibizioni. Poco prima di diventare vibrazioni attive sui palchi del maestoso evento musicale dell’appena conclusa estate italica.
Spiegate ai nostri lettori che "gavetta" avete fatto?
Marcelo Tag: Finito il liceo, frequentavo un corso di studio del politecnico di Torino che prevedeva un semestre in Italia ed uno a Oxford. Una mattina conobbi i giovanissimi Artfull e Craig David e mi chiesero se avessi voluto provare il brivido del mixer. Da quel momento in poi: Lick the Sound, Claudio Ultrasuoni, Simone Cordero, XXX e le serate most del sabato sera torinese.
Hem: Il mio "percorso" nel mondo dei visuals nasce nel 2003, dopo aver frequentato un corso di Flash animation in quel di Milano. Da allora non ho mai smesso di giocare con le immagini e con le animazioni, soprattutto per produrre videoclips e cartoni animati, come la recente serie "Urban Jungle" per MTV QOOB.
Riga+Mutanfish: Il progetto Riga, nella sua forma attuale (e cioè con 3 persone che si occupano della parte audio + i Mutantfish per la parte video) ha preso vita da circa un anno e mezzo.
Noxius: Il progetto Noxius è nato nel marzo del 2008, praticamente ci sono voluti 9 anni di amicizia e 3 anni di esperimenti per trovare la giusta alchimia, e nasce proprio dalle notti passate sul sequencer in un box auto a Garbatella, Roma. Poi sono arrivate le serate. Per dire: il 18 settembre iniziamo un minitour in Florida e Puerto Rico.
Che vi aspetterà invece?
N: Stiamo per lanciare la nostra etichetta "Black Seeds Recordings" e ci sarà una nuova stagione di serate "TRUST!" al Molly Malone.
T: Il salto di qualità nel djing è stato passare alla produzione. Con il socio Franco Cazzola AKA Tek abbiamo il nostro studio. Ora l'impatto con le grandi label e con una profonda e difficilissima selezione.
R: Stiamo lavorando per alcuni festival fuori dall'Italia, in Europa.
Qual è lo stato dell’arte della scena elettronica italiana. Quanto mercato c'è?
T: Il vento di un nuovo rinascimento soffia sulla penisola. Io ho la fortuna di essere parte integrante di quella nouvelle vague che possiamo tranquillamente chiamare "Turin Touch", paragonabile a mio avviso a quella che fu la scena francese di inizio anni novanta.
H: Credo che la scena italiana sia molto florida e abbia da dire la sua. Purtroppo il mercato ignora ancora le realtà italiane e preferisce puntare su artisti e sonorità più "sicure" e "confortanti".
R: Sinceramente non ci sentiamo di appartenere a nessuna scena. Ad ogni modo la realtà artistica musicale più vicina a noi è forse rappresentata dal mondo delle netlabel.
Quant’è diverso il mercato mondiale rispetto a quello prettamente italiano.
H: Forse è arrivata l'ora di avere anche noi un… Italian-touch!
N: Ormai internet ha demolito le barriere della comunicazione. Rispetto ad altri generi, l'elettronica non ha bandiere e quindi potenzialmente può vendere in tutto il mondo.
T: In Italia vi è ancora una demonizzazione e repressione di quelle che sono le sottoculture underground legate al clubbing.
Quanto manca all’arte digitale per poter essere ufficialmente popolare. E soprattutto, la scena elettro vuole questo?
N: Già lo è diventata, in Italia ci arriviamo sempre un po' in ritardo, ma è anche grazie a eventi come Italia Wave che la musica cresce, cresce l'interesse delle persone e dei media.
R: L'elettronica è più un linguaggio, che poi ti porta a concepire e strutturare la tua musica in un determinato modo, differente da come potresti concepire una canzone pop o un pezzo di musica rock.
H: La scena elettro in gran parte rifugge dal divismo ed il messaggio dei caschi dei Daft Punk è proprio in questa direzione.
Quanto deve la musica non elettronica alla capacità della manipolazione digitale di rappresentarla.
N: Tutte le arti visive aiutano la musica, sopratutto nelle esibizioni live. Un esempio può essere il "pop mart tour" degli U2 del 1995.
H: Il visual designer ora è "l'uomo in più" che ogni band o musicista dovrebbe avere.
R: Mi sembra che tutto questo armamentario digitale spesso serva più a far sembrare più attuale qualcosa che in realtà è piuttosto vecchio e noioso. Una volta si usavano i palloncini colorati e i fuochi d'artificio ora
si utilizza la tecnologia, ma lo scopo è sempre lo stesso: vendere di più.
T: Oramai il legame che tiene ancorate il digitale, il visual e l’analogico è uno e indissolubile. Queste tre realtà vivono la loro massima espressione nella loro fusione.
Qual è l’urban artist che ritenete sia il migliore.
H: Penso che il top sia Michel Gondry. Poi BLU.
N: Banksy, BLU, RiseAbove, Sten o Bol della 23. La scorsa stagione abbiamo associato esposizioni di Street Art a eventi drum’n’bass ospitando alcuni tra i piu noti street artists della scena romana.
R: Ryoji Ikeda la scena warp di fine anni novanta e di inizio decennio così come le uscite dell'etichetta Raster Noton e Ryoichi Kurokawa.
T: La traccia che l’italiano BLU ha impresso su Berlino è straordinaria.
Disegnatori, illustratori, pittori contemporanei, dj, vj, visual performer, sono tutti sulla stessa barca?
N: Non ci sentiamo parte di un movimento che, infatti, non credo ci sia. Ci uniscono i princìpi diversi da quelli della società ufficiale.
H: No, credo che ognuno di questi movimenti abbia il suo linguaggio e quindi le sue derive.
T: Ci possono essere varie relazioni d’amore tra le più differenti forme di espressione, ma credo che ognuna segua un proprio fil rouge.
R: Credo che senz'altro ci sia spesso una volontà di descrivere con mezzi e linguaggi contemporanei una realtà comune a molti.
Come siete stati ad Elettrowave.
N: È stata una bellissima esperienza, sono eventi come questo che danno la spinta per andare avanti ai giovani producers, soprattutto agli artisti drum'n'bass. Forse la sezione "different beat" poteva essere gestista meglio ma è incoraggiante il miglioramento generale che il festival ha di anno in anno.
H: Decisamente divertente e interessante sia come "fruitore" che come "artist". Vorrei sottolineare l'atmosfera: ricordava un’esperienza collettiva. Sarà forse stato il quarantennale di Woodstock?
R: La nostra esperienza ad ElettroWave non è stata molto gratificante. Abbiamo dovuto suonare in una piccola sala assolutamente inadeguata. Probabilmente l'organizzazione e i ragazzi che erano li hanno fatto tutto ciò che era nelle loro possibilità, forse è stato tutto per una questione di metodo.
T: Salito sul palco, dopo il set dei 2 Manydjs, non nascondo che mi tremava la mano; sentivo molto la pressione psicologica del momento, ero l'unico outsider di fronte a mostri sacri. In dieci anni di festival nessun vincitore dell'Electrowave aveva suonato in peaktime e per questo ne approfitto per ringraziare il Direttore Artistico Dino Lupelli.