Next Exit Anno 8 Numero 74 febbraio 2010
Un pupazzetto ci salverà? No, ma ci aiuterà a restare in contatto.
Attraverso un semplicissimo dispositivo elettronico le informazioni si scambiano, si memorizzano e si aggiornano in un attimo. L'ultimo gadget da desiderare si chiama Poken, il biglietto da visita digitale.
Innovativo, simpatico, sociale. Se chiedi ad Elena Franco di descrivere Poken in tre parole, lei non ha dubbi: sono queste qui. L'ultima device, che promette di aiutarci ad restare in contatto se non con tutto il mondo almeno con le persone che abbiamo conosciuto, ha l'aspetto buffo di un pupazzetto con la testa grande e una manina aperta, in segno di saluto. User friendly, per principio: ecco Poken.
Elena, 33 anni, esperienza decennale in ambito informatico, lo ha ricevuto in regalo come gadget durante un evento a cui ha partecipato: lei dice che è stato amore a prima vista. Adesso è il distributore esclusivo per l'Italia. Poken sembra un accessorio da geek incallito, ma non lo è: è la naturale evoluzione del biglietto da visita. Invece di tirare fuori il proprio cartoncino - o peggio cercare furiosamente un pezzetto di carta e una penna con cui scrivere il nome e i recapiti da lasciare a qualcuno - si tira fuori il proprio pupazzetto e, se l'interlocutore è anche lui poken-munito, avviene lo scambio di informazioni, in digitale. La tecnologia è semplicissima, Poken è una penna USB che contiene i dati personali, i soliti: indirizzo, numero di telefono, ma anche quelli relativi ai social network, o agli account di messaggistica istantanea: nel momento i cui i due poken si avvicinano tutte queste informazioni vengono scambiate, in maniera simile a quello che avviene quando "passiamo" dei dati, ad esempio dal cellulare al computer, attraverso il 'bluetooth. Solo che, nel nostro caso, l'operazione è del tutto istantanea e, nel momento in cui andremo a modificare una qualsiasi delle informazioni (un banalissimo cambio di indirizzo email, per capirci) questa verrà automaticamente inviata aggiornata a tutti i nostri contatti.
Come dire, ecco la reperibilità ai tempi del web 2.0. Sembrerebbe una cosa da "ragazzini", ma i dati smentiscono. Elena Franco spiega che la fascia d'età media dei pokenauti va dai 25 ai 40 anni: si tratta principalmente di persone che lavorano con internet.
"Purtroppo non ho un quadro completo, dal momento che i Poken sono anche venduti in negozi (e sui loro clienti non ho visibilità) - dice - Per quello che ho potuto osservare vengono principalmente acquistati per eventi, come gadget da dare ai partecipanti. Qualche azienda li ha anche scelti come regalo di Natale per i propri clienti."
Eppure il fenomeno è in espansione. I pupazzetti hanno fatto furore alla SMAU e si stanno ritagliando man mano un'ottima rassegna stampa, passando da Wired alla diffusione capillare dei free press cittadini, al tam tam della rete, tra blog e forum, di settore e non. Che cosa vuol dire? Che il prodotto ha successo, è indubbio. Che è un prodotto che nasce di nicchia (quella degli appassionati technocrati), ma che potenzialmente può conquistare chiunque. Vuoi per il prezzo, abbastanza politico (siamo intorno ai venti euro), vuoi perché il social networking impazza (chi non ha almeno un profilo da qualche parte). Vuoi perché - ed è qui la novità - Poken funziona effettivamente come anello di collegamento tra reale e virtuale, mantenendo in potenziale contatto persone che davvero si sono incontrate almeno una volta e si sono strette la mano. È un segnale significativo: che sia la prossima deriva del web 2.0? Dalla socializzazione sfrenata, alla gestione "a distanza" delle proprie conoscenze, superficiali e non. Poken non ci fa fare amicizia, ma ci aiuta a mantenerle vive. Che alla base rimangano i rapporti umani è, quantomeno, un aspetto confortante. Il papà dei Poken, che si chiama Stéphane Doutriaux ed è franco - svizzerocanadese - americano, racconta di averci pensato per la prima volta quando alla fine di un corso in una business school si è trovato un mucchio di indirizzi, numeri di telefono ed email da trascrivere. E allora gli è venuta l'idea: perché se la tendenza di oggi è accessoriare ogni cosa, dall'automobile,al ciondolo per il cellulare, allora perché non accessoriare anche i propri dati personali?