SKart Anno 4 Numero 11 ottobre - dicembre 2011
fiori, stelle e lettere dal cielo
Il suo studio illuminato dal sole caldo di questo settembre generoso, ha un fascino particolare e creativamente caotico. Nicola De Maria ha opere, bozzetti, colori, pennelli, cerchietti di carta e pezzi di cartone ta gliati in varie forme, penne, matite,giornali, cataloghi, oggetti e tavoli sparsi ovunque. Ma quello che subito colpisce l’osservatore è il colore che avvolge il tutto: forte, diretto, netto e senza esitazioni.
Ci parla della sua arte?
Io continuo a volere esprimermi, con i colori più belli del mondo, solo seguendo un’ispirazione profonda. Un’opera d’arte deve essere utile a tutti portando con sé l’elemento trascendentale. Quella cosa che oltrepassa l’umanità. Perché l’arte viene dal Divino e noi pittori ne siamo gli umili strumenti.
Come artista io partecipo alla creazione, la stessa che fu all’origine dell’Universo, e concorro a formare un’opera che possa essere utile a tutti.
Come vive l’attuale momento dell’arte contemporanea?
Vedo intorno a me un mondo dell’arte in declino, meno capace di creare bellezza.
E a volte mi fanno paura e mi danno sgomento espressioni di cui non capisco il significato né la definizione della forma.
Per me un dipinto è una fissazione degli stati d’animo e dei sentimenti di amore di odio nella continua ricerca di Dio. Mentre dipingo rifletto e cerco di dirigermi verso l’elaborazione chimica delle emozioni. Utilizzo i colori come mediatori cerebrali, che esaltino e liberino l’emotività delle persone.
È ciò che un dipinto deve offrire: partecipare alla Creazione, trasmettere, trasmettere una Rivoluzione emotiva, con i colori più belli del mondo.
Inoltre l’arte, che ha in sé la memoria di qualcosa di eccelso che è vicino a Dio, dovrebbe generare emozioni e comunicare senza usare le parole. Ed è per sua natura antitetica e critica verso una società in cui c’è afasia per eccesso di comunicazione e di controllo sulle persone.
Il suo rapporto con Torino, la città in cui vive fin dall’infanzia e che l’ha vista crescere artisticamente?
Vorrei dire che Torino mi piace tantissimo perché è la città del Risorgimento e dell’Italia unita. Sono nato in una regione lontana, la Campania, ma mio padre ha scelto di venire qui proprio perché credeva nella libertà di questa città, lontana da tutti gli ...ismi. Qui ho comprato il mio biglietto di sola andata per l’arte.
A Torino l’arte è stata la risposta chiara ed emotiva alla dialettica della violenza che la opprimeva durante gli anni Settanta. Tutta la creazione artistica arrivava e cresceva qui e Torino era il banco di prova per ogni espressione d’arte d’avanguardia. E poi l’amo perché è la città del pensiero scientifico ma anche dei grandi Santi della Carità.
Ha prossime mostre in programma?
Una retrospettiva a dicembre al Museo di Prato. Dai primi anni della Transavanguardia ad oggi. Per mio carattere comunque, aborrisco qualsiasi forma di collettivismo: la mia bandiera è quella della libertà e dell’indipendenza.
L’inizio nel movimento creato con Achille Bonito Oliva è stato un momento intenso e rapido di ribellione verso schemi ossificati e commerciali. Poi la strada è stata ed è ancora del tutto individuale. Con i miei dipinti vorrei cancellare la povertà,la malattia, l’ignoranza e la violenza. Dovrebbero essere così belli e splendenti da raggiungere questo fine. Se no, un pittore cosa ci sta a fare?