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Espoarte Anno 13 Numero 76 giugno-luglio 2012



Tony Cragg

Matteo Galbiati

Una certa idea di materia



Contemporary Art magazine


SOMMARIO N. 76
LE Limited Edition

ANTINEUTRALE #2 | I Turbamenti Di Mr. Saatchi (II) | di Roberto Floreani
ESERCIZI DI STILE | Sissi va in fabbrica! | di Luisa Castellini
PENSIERI ALBINI #9 | di Alberto Zanchetta
FERMO IMMAGINE | Giulio Paolini… Reale e/o immaginifico | di Alberto Mattia Martini
IN BETWEEN azienda chiama designer | De Vecchi incontra Gumdesign | di Silvia Conta e Nicola Dalla Costa
NEW MEDIA ART | Streaming Museum | di Chiara Canali
GREMLINS | Questo non è un film ovvero questa non è arte | di Mattia Zappile
EDITORIA | Maurizio Padovano, La neve dentro – di Alberto Zanchetta | Walter Guadagnini (a cura di), La Fotografia. Le origini 1839 – 1890 (vol. 1) - di Rosa Carnevale | Stefano Chiodi (a cura di), Ai Weiwei. Il Blog. Scritti, interviste, invettive 2006-2009 - di Rosa Carnevale
TONOSUTONO - La musica è sempre e solo una: quella buona…
Distico. Distopico. Elegiaco. Pierpaolo Capovilla [Il Teatro degli Orrori] e Roberto Coda Zabetta | di Francesca Di Giorgio
Questo è rock! L’arte per altre arti. Modena City Ramblers e Simone Ferrarini | di Viviana Siviero
COVER ARTIST OMAR GALLIANI. Disegno epico tra Oriente e Occidente | intervista di Chiara Serri
LONDRA 2012
L’Arte diventa olimpica | di Ginevra Bria
Sport Your Food. Tra food and sport c’è anche l’art | di Livia Savorelli
Lorenzo Ronchini. Storia di un italiano a Londra | intervista di Ginevra Bria
TONY CRAGG. Una certa idea di materia | intervista di Matteo Galbiati
TALKIN’ | Nella notte e nella nebbia con Iván Navarro | di Daniela Trincia
DESIGN LIMITED EDITION (ceramica) | di Livia Savorelli
SPECIALE FOTOGRAFIA
Mille modi per dire fotografia… Parola ai fotografi
FOTOGRAFI | Photo Insight… dentro l’occhio del fotografo: Malick Sidibé, Aurore Valade, Sergio Scabar, Roberto Kusterle, Wendy Bevan, Jerry Uelsmann, Stefano Scheda, Gayle Chong Kwan, Susanna Pozzoli, Julia Krahn, Fatma Bucak, Jasper De Beijer
GLI EVENTI | Photo Insight… la fotografia: adesso
MIA – Milan Image Art Fair | La fiera d’arte dedicata alla fotografia e al video | a cura di Elena Baldelli
WORLDS IN A SMALL ROOM. La moda dentro una macchina fotografica | di Sonia Vigo
ISTANTANEE | All about photografia | di Livia Savorelli
FERMO IMMAGINE | Essere Svetlana Ostapovici | di Michela Di Stefano
CALENDARIO EVENTI FOTOGRAFIA | All Around Photografia
GIOVANI
STEFANO SERUSI | Con/fondere le tracce | di Alberto Zanchetta
SABRINA MILAZZO | La dittatura dell’immagine esteriore | di Viviana Siviero
MARCO DEMIS | Riconoscersi grazie alla loquacità del grigio | di Viviana Siviero
ELENA DEL FABBRO | Fino a quando non rimangono più calorie | di Chiara Serri
ALESSANDRO CANNISTRÀ | Smoke on the water (fire in the sky) | di Michela Di Stefano
LINDA CARRARA | Ritratti della mente | di Deianira Amico
FRANCESCA PASQUALI | Guardami se puoi, toccami se vuoi | di Igor Zanti
FERMO IMMAGINE | Mirko Baricchi nei giorni della semina | di Francesca Di Giorgio
TALKIN’ | Iler Melioli. L’arte che rompe il tempo della conclusione logica | di Viviana Siviero
DOSSIER FUMETTO
NUVOLE ALL’ORIZZONTE! e la chiamano Nona Arte| di Francesca Di Giorgio
Lunga vita a Diabolik! Il re del terrore compie 50 anni | intervista a Mario Gomboli di Francesca Di Giorgio
Questo è il west… Parola di Civitelli | intervista a Fabio Civitelli di Francesca Di Giorgio
Martin Mystère. Anni 30… | intervista ad Alfredo Castelli di Francesca Di Giorgio
Salgari dolce (e amaro) | intervista a Paolo Bacilieri di Francesca Di Giorgio
Nuvole Rapide | a cura di Francesca Di Giorgio
Mang-eikon | Dall’icona al manga. Breve viaggio nell’iconografia contemporanea | di Igor Zanti
CRISTINA STIFANIC | intervista di Igor Zanti
ROBERTO MESSINA | intervista di Igor Zanti
SERGIO CAVALLERIN | intervista di Rosa Carnevale
FERMO IMMAGINE | Gianluca Costantini a cena con… Gramsci | di Francesca Di Giorgio
TALKIN’ | Ruggero Maggi. L’arte etica oltre l’estetica | di Viviana Siviero
FERMO IMMAGINE | Giacomo Costa in… rosso (relativo) | di Francesca Di Giorgio
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n. 84 aprile-giugno 2014

Beatrice Pediconi
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n. 83 gennaio-marzo 2014


Veduta della mostra Tony Cragg, Parco Civico Ciani, Lugano (Svizzera)
Foto: Mario Teli

Tony Cragg, Mental Landscape, 2007, jesmonite, cm 120x170x120
Foto: Charles Duprat

Ritratto di Tony Cragg
Foto: Hugo Glendinning

La scultura è la grande protagonista dell’ampia mostra personale che si apre a Lugano nei suggestivi ambienti di Villa Ciani e che è dedicata ad uno dei maggiori e indiscussi suoi maestri: Tony Cragg. Dell’artista britannico, tedesco di adozione, si presenta un ciclo davvero cospicuo di lavori con i quali si racconta la sua storia, dal finire degli anni ‘70 ad oggi. Una quarantina di sculture dalle dimensioni piccole e monumentali, un centinaio di disegni, carte ed incisioni percorrono le forme, le risoluzioni, le fasi e gli stili differenti della sua ricerca. Opere estremamente variegate ma tutte legate intimamente da una profonda ragione comune. Cragg in sinergia con il curatore, Guido Comis, ha pensato ad un allestimento che mettesse in risalto e sottolineasse le specificità delle stanze di Villa Ciani e, superando proprio le difficoltà imposte dalla singolarità degli spazi, attribuisse anche alla mostra un senso particolare. Si vuole concedere allo sguardo dello spettatore un’analisi indirizzata al cuore della riflessione di Cragg. Quella che s’intende trasmettere è l’idea di sviluppo del linguaggio attraverso la materia, cui poter leggere le differenti opere e, possibilmente, offrire al pubblico anche la stessa idea di genesi dei materiali come mezzo significante. Il pensiero e la nostra mente, come l’artista sottolinea, diventano un riflesso della materia esterna che incontriamo.

Matteo Galbiati: La mostra in corso si sviluppa anche all’esterno dello spazio espositivo di Villa Ciani. Oltre ad opere del suo repertorio ha pensato a progetti specifici per quest’occasione?
Tony Cragg: Sì, c’è anche la parte allestita al di fuori dell’edificio, nel parco. Ovviamente le sculture all’esterno si mettono strettamente in relazione con la parte all’interno di Villa Ciani. Il lavoro che faccio non è però mai site specific; non sono interessato alle installazioni e questa posizione si è originata fin dagli anni ’60. Quello che mi interessa è realizzare le sculture nel mio studio, lavorare solo su di esse e che queste non siano legate a contesti particolari in modo univoco. Per questo motivo non faccio opere specifiche per le mostre, anche se in quest’occasione ci sono sculture abbastanza recenti, diciamo nell’arco degli ultimi tre anni.

Si può considerare l’arte come un’espansione delle scienze? Come si rileva un rapporto “scientifico” nella sua scultura? Basta la relazione “bilogica” con la materia o in quali altre forme si verifica?
Non ho mai pensato in questi termini al rapporto tra scienza e arte, cioè che questa sia un’espansione della scienza. Sostenerlo non è corretto. La scienza è importante e riguarda la vita di tutti noi e molto del mondo materiale che ci circonda è il risultato della scienza e della tecnologia. Siamo ovviamente influenzati dalla scienza nel quotidiano e pure nelle emozioni e, psicologicamente, nelle idee. Essa offre ancora una via certa all’interpretazione del mondo, nel modo di pensarlo e di descriverlo attraverso il suo metodo. L’arte fa, però, una cosa differente.
La scultura, nel XIX secolo, aveva il solo problema di copiare dalla natura, mentre, negli ultimi cento anni, è diventata anche uno strumento basilare per indagare il mondo materiale: in questo si verifica un parallelismo con la scienza.
Nella scienza, gli scienziati tentano sempre di trovare la ragione fondamentale sul perché il mondo funzioni in un certo modo. Questo è l’approccio scientifico alle scoperte. Dall’altro lato, l’arte – e nello specifico la scultura – non ha come obbiettivo la scoperta di nuove cose; tenta di dare al mondo materiale un senso, un significato, un valore. Questa è l’importanza dell’arte: crea un linguaggio, la possibilità di associazioni e nuove terminologie; fornisce una strada interpretativa possibile per comprendere le cose. Quando lavoro alle mie sculture, mi relaziono ai materiali, mi metto al centro delle cose fisiche, mi pongo nello spazio delle tre dimensioni e qui c’è sempre un fiorire di significati, associazioni, termini e linguaggi per mettere più poesia nel lavoro e nelle nostre riflessioni. Sviluppare un linguaggio visivo può aiutarci nei nostri pensieri, nei nostri sogni e nella formazione delle nostre idee.
Sono comunque molto interessato alla scienza: da studente ho seguito per breve tempo delle lezioni di chimica in un laboratorio, ma non sono affatto uno scienziato!
La mia arte è al di fuori della scienza.

In questa grande mostra antologica troviamo anche un numero notevole di disegni, incisioni e lavori su carta. Sono semplici studi, prove e passaggi programmatici oppure hanno una loro autonomia peculiare e specifica?
Una relazione tra disegno e scultura? Per me il disegno è in qualche modo autonomo. È una delle attività più belle: si inizia a disegnare senza sapere dove si andrà a finire, si procede liberi. Per quanto riguarda il mio lavoro in studio, il disegno è un passaggio fondamentale per sviluppare l’idea sia per me stesso che per i miei assistenti. È un tipo di linguaggio descrittivo, diventa un metodo per fissare le idee e per pensare alle forme. Un altro aspetto del disegno è che è semplicemente piacevole farlo: è bello disegnare.
I disegni sono spesso autonomi e non hanno necessariamente riscontri effettivi nelle sculture.

Quale filo rosso lega la scultura nel fluire della storia?
Esiste davvero una lunga tradizione della scultura che si è conservata di più rispetto ai canti e ad una certa tradizione orale e ciò ha permesso che sopravvivesse al tempo. Questo è un aspetto interessante. Alla fine del XIX, come ho già detto, gli artisti, in Europa e nella cultura occidentale, erano fissi sulle copie dalla natura, in modo figurativo. Dopo Medardo Rosso e gli sviluppi di Rodchenko e Brâncuşi, o molti altri artisti, la scultura si è sviluppata in un modo più dinamico e inaspettato, per certi versi, ciò è dovuto a uno dei più vitali e corretti sviluppi della disciplina dell’arte. Lontano dall’essere una sola espressione del potere politico, della chiesa o dell’arte religiosa, la scultura è diventata un modo per indagare tutti gli aspetti del mondo sensibile.

Qual è la forza della scultura? Come riesce ad essere ancora un linguaggio contemporaneo?
Tutte le cose che abbiamo in testa vengono dall’esterno. Passano attraverso gli occhi, vengono dai sensi, così come il linguaggio, e in questo è il valore e lo scopo delle sculture oggi: ci aiutano a capire il mondo. Ogni cosa che ci circonda è fatta dall’uomo e per l’uomo; tutto ciò che è stato creato ha uno scopo utilitaristico. Ogni cosa deve avere un utilizzo, non importa che sia la stanza dove sei seduto, o i mobili, o i vestiti che indossi o la strada o il campo che attraversi. Tutto ciò è fatto dall’uomo. Ed è fatto in maniera mediocre, cioè adottando un semplice sistema produttivo geometrico. Tutti gli esseri umani sono occupati nell’impoverimento del mondo nelle sue forme. Questo è il destino dell’utilitarismo, perché esso si avvale sempre delle soluzioni economiche più facili, oltre che del comun denominatore più basso. Tornando quindi al fatto che il mondo è impoverito, questo ha degli effetti sorprendenti sulla nostra mente.
La scultura invece non è utilitaristica. Non ha nulla a che fare con questo né col design. La scultura ha una forma libera. Non è mera ripetizione della natura. Può mostrare tutta una serie di aspetti che non sono immediatamente visibili e che diventano percepibili solo nel momento in cui qualcuno produce la scultura stessa. Questo è inestimabile. La scultura non è imprigionata dalle leggi di necessità, è libera. Questo non ha a che fare con il senso della contemporaneità, ma con gli esseri umani e la loro vita. Questo è il suo aspetto più importante.