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Vegetali Ignoti (2003 - 2004) Anno 6 Numero 15



Erwin Wurm

Luca Scarabelli



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Wurm con un sacchetto in testa.

Slacciatevi la cintura dei pantaloni, apriteli ed infilateci una decina di palle da tennis, quindi allacciate. Il risultato sarà un corpo-oggetto, forse una scultura-immagine se riuscirete a medializzarla. In un minuto. Monouso ed estremamente labile. Una forma che può avvicinarci alle esperienze costruttive dei 'concetti formali primitivi' di Wurm.

Questo ed altro è naturalmente Erwin Wurm.

Se c'è un artista oggi che con il suo lavoro mi provoca con piacere, un sussulto, e mi permette di riflettere attorno al senso del dare e fare forma, senza progettare la forma, questo è proprio Lui.

Gli ultimi lavori di Wurm (Vienna) rivelano uno strano ed inusuale approccio alla gestione del corpo, dello spazio, delle cose, gestione che è una presa in visione delle possibilità manipolatorie della realtà. Quella più vicino a noi, basta guardarsi attorno ed allungare le mani.

Wurm con cinque paia di pantaloni, Wurm con 18 maglioni, 23 calze per un'appendice caudale effetto balzo lunare, quattro cappotti, cinque paia di guanti,.. sì un'esagerazione, ma evidenzia lo stato di stratificazione e alterazione fisica che diventa complessità nella lettura dei suoi lavori.

Sono azioni che pur risolvendosi in una foto, mettono in discussione il processo di formazione della forma e forse anche della pratica scultorea.
Atti che disegnano un nuovo momento alle cose cambiando la loro forza di reagire nello spazio e di fare spazio. Fatti che disegnano la loro stessa dimoranza, sospesa tra umori e umorismo.
Wurm con una padella in testa.

Il primo passo è quella dell'economia. I mezzi sono semplici, poveri, ma non parlano mai di sé stessi, si mettono invece in relazione con l'attore (a volte Wurm stesso) e con l'ambiente che li ospita. Il risultato è imprevedibile finché tra i tre dati 'oggetto, ambiente-scena, soggetto' non sovviene un incontro che li porta ad unirsi, prevaricando con indifferenza l'uno a dispetto dell'altro, in un grottesco ritratto celebrato in un minuto e poi abbandonato per una nuova dimensione, quella della luce che lo blocca e lo scolpisce fermandolo, sospendendolo come in attesa di un giudizio. Non previsto però, perché l'opera di Wurm è legata alla praxis, evidenzia l'ergon congelato, quando muove lo spazio e le cose lo fa a fin di bene e per un istante solo. E poi?

Cosa c'è da scoprire nel peso di una donna schiacciata da una valigia? O in un uomo seduto su uno sgabello ma 'sulla parete' della stanza? Una bella risata forse?

Si scopre che Wurm è un buon equilibrista.

L'orientamento nello spazio del nostro schema corporeo, basato sulla verticale, il punto di vista sulle cose, i modelli quali alto-basso, destra-sinistra, davanti-dietro, che ci condizionano, sono messi magistralmente per un momento fuori uso, per favorire il formarsi di un nuovo riconoscimento, di una nuova lettura della cultura visiva, ma anche dell'organizzazione mentale che ci facciamo delle cose, per edificare delle differenze, degli atteggiamenti in parte diversi, nuove prospettive.

Wurm esalta ogni situazione che può risultare paradossale ed enigmatica, improbabile ma allo stesso tempo vera, e in questo non credo che ci sia intento narrativo, ma dimostrativo, nel senso originario di prova, di nuovo segno.
Quando Wurm cavalca una porta non c'è dubbio, è un'amico che vede lontano.

Cerco di mostrare un possibile lavoro di Wurm ad un amico, ed ecco che mi ritrovo steso a terra, con il capo leggermente sollevato e con una scopa in precario equilibrio sopra la mia testa.