UnDocumenta(13) - Per un archivio dell'istante

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Indice :

1 UnDocumenta(13) - Per un archivio dell'istante

2 LA GIORNATA PARTE ALL’INSEGNA DEL BUONGUSTO

3 NEUE GALLERIE

4 …and …and …and (& others)

5 …and …and …and (& others) II

6 21.7.12

7 WE'RE UGLY, BUT WE HAVE THE MUSIC

8 DAY AFTER

9 SANTONI A CONFRONTO


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TREDICI DOCUMENTA

Kassel, 7 luglio 2012

Gli artisti sono persone disturbate, megalomani, tendenzialmente unilaterali, animati da un egocentrismo che finisce a volte per soffocarli e, più spesso, rovinare la vita a chi sta al loro fianco.
Benissimo.
La prima parte delle banalità è stata risolta. D’altronde, qui, a Kassel, è difficile districarsi nel labirinto di cliché che ti assediano silenziosamente, con l’ottusa insistenza che solo i tedeschi riescono ad avere.
Perché i tedeschi sono veramente un popolo orribile.
E con questa le banalità stanno a due.
Adesso cerchiamo di concentrarci, e riepilogare la prima, sincera impressione. Cercherò, invano, di edulcorare il più possibile le mie sensazioni.
“L’arte fa così schifo che tutti si danno al cibo”. Questa la sincera impressione che qui, nell’improvvisato studentato dove siamo tutti gentili ospiti, mi è stata riferita, assieme alla notizia che un esame in accademia si è svolto preparando un piatto di melanzane.

“Per un armeno no”.



Ok, ricominciamo.
Kassel, Germania. 2012. Parola chiave: Balotelli.
Sottotitolo: le querce di Beuys.

Nella difficile definizione dei rapporti, il cui processo di costruzione è la stessa sostanza di cui si compone la sua risultante, è sempre importante essere in grado di scorporare i fattori ambientali, sociali e biologici che compongono la materia di cui sono fatti i sogni.
L’illusione non è un privilegio. E l’amore non è un’invenzione. Solo, non bisogna limitarsi a visceralizzarlo finendo a essere al traino del cocchio di cui si è cocchieri.
Perché l’amore è una cosa importante. Come la morte. Due cose su cui non si scherza.
E se ci arriva uno zingaraccio di provincia come me, vuol dire che con le banalità stiamo già a tre.
Il problema è che tutto questo ha a che fare con l’arte. E l’arte, fino a prova contraria, è il tema principe di questo blog.
Arte, concetto che ha una parola chiave: urgenza.
Sottotitolo: lavorare sulla materia, plasmandone i contorni.
Dio, essere un artista è una cosa terribile. E il brutto è che non lo decidi. Puoi fare di tutto per reprimere questa forma di autolesionismo, ma alla fine la cosa migliore è cercare di monetizzare questa condanna.
Ed eccomi a Kassel. Sdraiato sotto una quercia di Beuys, affianco a un giardino sospetto chiamato “Tea Garden”, dove si coltiva e consuma te anticapitalista e per allungare la frase aggiungo pure a filiera corta, chilometro zero, hipster, biologico, SANO.
Non c’è modo di alleggerire il peso della prima giornata da Student Artist Assistent per il progetto And And And.
Questo ruolo, così ridondante, in realtà si può ridurre a una manciata di partite a volano (essere scarso, capitolo primo) e al tentativo di mascherare con grazia malcelata un sonno che si faceva un po’ troppo invadente dopo il pranzo rigorosamente bio, mentre si discuteva di neocapitalismo e altri paroloni che certo non aiutano la digestione.
E che, in effetti, mi fanno guardare con orgoglio alle AF1 nuove di pacca, di un bianco splendente, battezzate la sera prima con uno schianto (come per ogni varo che si rispetti), un barattolo di peperoni sottolio che esplode cadendo dal frigo. Allegria.
Arte, dunque. Arte che si fa politica, in questa edizione di dOCUMENTA.
Politica che si svuota di se stessa, facendosi folklore, transustanziandosi in tende che avrebbero persino un sapore vintage non fosse che sono Quetchua da 19,99 euro. Occupy Kassel.
Tagliatevi i capelli e trovatevi un lavoro, per cortesia.
Qui la politica la lasceremo da parte, evitando di addentrarci nel reticolo complicatissimo di trame e rimandi che compongono la scena politica attuale.
E non è per negligenza, ma per cortesia.
Nei confronti di chi, tragicamente (nel senso buono del termine) confonde Disneyland con il passato che non passa, un retaggio sessantottino che a questo punto fa quasi implorare Bava Beccaris.
Arte. Che è, sempre e comunque, monetizzazione. Un mercimonio che rimane e rimarrà la vera sostanza dell’arte. Soldi, amore e morte.
La materia di cui sono fatti i sogni, tanto per ripetersi.
dOCUMENTA, come ogni rassegna d’arte, come ogni opera e pensiero che con l’arte ha a che fare, parla di questo.
Perché l’arte è arte, così come la politica è politica, e questo vale anche per la filosofia e la scienza. Strumenti che permettono di passare dal bosone a Berlusconi in quel continuo lavoro che è la costruzione della realtà.
Necessitiamo il caso, ogni giorno, per convincerci che l’esplosione di atomi che genera l’energia che fa da motore alla vita non sia solo un brodo caotico entro il quale si formano corpi, relazioni, opere, guerre, progressi e scoperte.
La verità è che il caso, per quanto necessitato, resta il caso.
E noi siamo soli, e questo ci fa paura, e al massimo, all’apice della creatività, possiamo solo cercare di porre un argine a questa sporca faccenda, salvo trovarci in tre, alle quattro del mattino, a bere birra calda parlando di quanto le nostre vite siano misere.
E, in questo, chi è senza peccato scagli la prima pietra.
dOCUMENTA 13. Non ho ancora visto niente. Conto di farlo. Ma non garantisco.
Quello che garantisco è che non succederà più che mi metta a sproloquiare sui massimi sistemi.
Anche perché non ha senso. Hanno vinto loro. Ciò che ci resta è solo provare a fare un sacco di soldi, o provare a mantenere un qualche tipo d’integrità (se questa parola vuol poi dire qualcosa), oppure imparare a preparare un cocktail molotov.