SANTONI A CONFRONTO

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Indice :

1 UnDocumenta(13) - Per un archivio dell'istante

2 LA GIORNATA PARTE ALL’INSEGNA DEL BUONGUSTO

3 NEUE GALLERIE

4 …and …and …and (& others)

5 …and …and …and (& others) II

6 21.7.12

7 WE'RE UGLY, BUT WE HAVE THE MUSIC

8 DAY AFTER

9 SANTONI A CONFRONTO


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what have i become, my sweetest friend
everyone i know goes away, in the air.
non è mia, ma da qualche parte bisogna pur cominciare, buon dio.
Apriamo con la chiusa di "Sogni di Bunker Hill", di Fante. La copia di un plagio, e qui non c'è Picasso a necessitare il furto, non c'è Banksy che ne faccia operazione commerciale, no, qui lo sporco è manifesto.

Sono sdraiato sull'erba del parco, l'idea di togliermi la maglietta è venuta circa un'ora prima. Mentre ascoltavo distrattamente il Dr. Scott Von declinarci i fondamenti della schizo-analisi (o come diavolo si scrive), di certo non immaginavo di finire riverso tra le grinfie di un santone che mi sceglie come atlante dei punti da toccare per equilibrare le tensioni che si traducono in addomi compressi, schiena contratta e lombi sensibi (non è certo una colpa, a 24 anni).
è cominciato tutto con la meditazione. In cerchio, a piedi scalzi sull'erba, ci viene chiesto di concentrarsi sull'intensità della respirazione, poi, a seconda dei livelli in cui scendiamo, su caverne (scivola), tele bianche, fino ad arrivare a individuare i centri del nostro malessere, apioppandogli un colore.
Stiamo lavorando per And And And, installazione di 101 giorni articolata in più punti della ridente Kassel. Oggi siamo al Kiosk. stiamo tenendo e insieme partecipando al workshop sulla schizanalisi (abbiamo un workshop per ogni cosa, dai grembiuli da cucina a scientology, dalla non-musica a Occupy [ah, è diventata un'installazione], al Qi Gong). chiudiamo gli occhi e meditiamo, e sulle prime tutti provano a stare concentrati. quando il guru finisce di "guidarci" e ci domanda alcune impressioni, una ragazza di cui non ricordo il nome informa il suo gruppo di sostegno che il lancinante mal di testa (lancinante, parole sue), che la affliggeva sin dalla mattina era finalmente passato. rosso e giallo. decisamente i suoi colori. e la cosa che più la stupisce è che il suo colore preferito, da sempre, è il verde. Sciamano, significa forse qualcosa?
La cosa lascia stupefatto persino il santone. si riprende in una risata entusiasta, spiegando che sì, può succedere, forse è un po' strano così in fretta, ma può succedere, e ritorna ai fondamenti della schizza analisi, fondendo l'oriente con concetti platonici, un pizzico di Osho, la teoria dei Quanti, e il buon vecchio Freud. si premura di sottolineare che il cosiddetto transfert non esiste, che è semplicemente un trasferimento di energie, estremamente benefico per la terapia. mmm.
Un giovane e avvenentissimo giovane (che chiameremo Harry, per la somiglianza col ben più famoso Potter), dicevamo, il caro Harry, punta di diamante dello IUAV, confronta col Maestro le sue personali esperienze, con tono nasale molto, molto serio.
segue una conversazione di cui per noia non ho riportato nulla, salvo l'ultima affermazione del profeta, in raffronto allo Yoga: lo Yoga si è sviluppato in un'epoca in cui l'uomo aveva molta parte animale, e concentrava la meditazione nella testa (in soldoni). Oggi che secondo lui siamo "tutta testa", dobbiamo cercare di recuperare il nostro "childood breathing". Esatto, proprio così.
Assaltato a questo punto dalle domande, il prestigiatore si premura di spiegare che non ci sono miracoli qui, che gli esercizi riescono ma abbisognano di essere praticati e praticati.
ritrovare una dimensione perduta di equilibrio tramite il corpo è cosa che richiede sforzo e sacrificio ragazzi, bisogna sporcarsi le mani. bisogna toccarsi. non la sotto, sporcaccioni.
sceglie me, perche di venti e passa sono l'unico senza maglietta (sdraiato a prendere il sole), e io sembro così in pace coi sensi mentre mi sdraio, che nessuno pare avvertire la puzza di soprco e coaguli, le macerie di una vita che va in pezzi. non sono più stressato di tanti altri, vediamo dunque questi punti di pressione.
il demiurgo comincia a passarmi una mano intorno all'ombelico e poi preme. senti qualcosa? no. è vero, pare vada bene. procediamo
torace.
lombi.
schiena.
scapola.
collo.
mi strapazza per bene, seminudo, drogato e stanco immezzo a un cerchio di occhi che probabilmente saranno il picco della mia climax, i miei 15 minuti. quando decide che è abbastanza, mi lascia alzare e mi chiede come sto.
bene.
ed è vero. perché il fatto è che, se lo vuoi, queste cose funzionano. né più né meno di un training autogeno. io oggi, volevo, ero fermamente intenzionato a rilassarmi, e così ho fatto. non so se il massaggio di una giovane asiatica a bordo piscina mi avrebbe fatto meno piacere, ma non conosco picine a Kassel, e solo un paio di pessime asiatiche. Una non è nemmeno asiatica doc.
Mi alzo, e vado a farmi un giro nel parco, mentre gli altri provano i loro esercizi tastandosi a vicenda, i piedi scalzi, il vento tra i capelli, e questo clima da comune che sotto la superficie dei sorrisi cela un intrico di chiacchiere e cattiverie e rancori, di fazioni e reietti, pettegolezzi e scaramucce verbali che avvengono sempre tramite terzi ma (quasi) sempre molto educatamente.
Devo aspettare le otto, perché ho prenotato una seduta collettiva dell'Hypnotic Show, performance tenuta da Marcos Lutyens.
Quando sono arrivato alla sua casetta, questa mattina, per iscrivermi, la sua assistente mi ha detto che tutte le sessioni erano piene.
Trasuda letteralmente (fa un gran caldo oggi) simpatia e gentilezza, mi dice di tornare per l'ultimo show, che prova a farmi entrare di straforo.
Non è proprio come riuscire ad entrare all'anniversario del compleanno di Peggy al Gugghenheim di Venezia, ma le sono riconoscente lo stesso.
Il parco è una delle cose più belle di Kassel.
Se uno ha tempo, girarselo senza cartina è la cosa migliore, permette di godersi al meglio le installazioni e le casette degli artisti sparse un pò ovunque.
Mentre fumo una Marlboro finisco in mezzo al lavoro di Pierre Huyge, "Untitled" (2011-12). Il cartellino dice: "Alive entities and inanimate things, made and not made".
Uno strano cantiere abbandonato, uno scenario nuovamente familiare, che da l'impressione di pieno e vuoto allo stesso tempo.
Un gazebo tra gli alberi, un tavolo con sopra sparse una busta di tabacco, una tazza grande di caffé, due bottiglie d'acqua e dei fogli. mentre li sfoglio, si avvicina il guardiano che non avrà più di vent'anni, e mi dice tutto serio di allontanarmi, che quella è la sua postazione e non fa parte dell'opera.
sorrido al ragazzino e gli dico di stare tranquillo. "It's my job". Risponde, disinnescato ma comunque teutonico. "Molti ufficiali del Reich hanno detto la stessa cosa, dev'essere un'attitudine tedesca". Non capisce, o finge molto bene uno spento sguardo bovino.
Mi volto e torno tra le macerie. L'installazione si articola tra alveari, formicai, una piccola palude, pali di cemento, terra smossa, blocchi di arenaria squadrati e ammonticchiati ordinatamente.
Lo sento vicino al lavoro di Villar Rojas, in un certo senso, una sua continuazione temporale, anche se mi colpisce di meno.
Continuo la mia passeggiata fino a "MON CHERI: a self potrait as a scraped shed" di Shinro Ohtake.
Una casa completamente tappezzata di poster, pezzi di giornale, oggetti, con affianco una roulotte, reti da pesca, scialuppe e kayak arenati nel prato, o sugli alberi come se un uragano ce li avesse lanciati. Dentro la roulotte uno strano polmone meccanico produce ritmo cardiaco e musiche nostalgiche mal registrate tipo roba francese anni '30.
Un po' Blade Runner, un po' Christiania. Ma ricorda anche i pittoreschi truckers afghani, e la Disneyland dell'infanzia, quella del padiglione dei pirati ben prima che ne facessero un blockbuster.
E' un collage che procede per stratificazione, un continuo lavoro sulla memoria, sul ricordo che si fa feticcio.
Dentro la casetta, un cervellone elettronico che sembra essere sopravvissuto al suo predecessore, e ora guarda noi con ghigno beffardo e probabilmente pensa che sopravviverà anche a questa nuova infornata d'esseri umani. Maledetto robot, tu hai ragione.
Di sicuro se continua questo caldo.
sembra di stare nel Gaspeerpark, ad Amsterdam. Ma la psilocibilna ha ceduto il passo all'Oki per provare a lenire il mal di testa.
Il sudore di cui sono completamente madido si accompagna a tremori alla mano. Ho l'affanno.
Mi trascino.
Sono venuto a Kassel per scoprire i segreti della Mecca dell'arte, ma l'unica cosa che ho imparato è che in qualsiasi bar in cui ordini un bicchiere d'acqua, puntualmente ti portano una costosissima bottiglia da mezzo litro, rigorosamente frizzante.
Ci bevo insieme un rye whisky, sono così costipato di catarro e miasmi da provocare strani grugniti e rumori addominali ad ogni passo.
Unto, la barba incolta, fumo Marlboro su Marlboro bestemmiando i protestanti, gli occhi iniettati di sangue, un rivolo di bava che cola fino al mento.
Guardo l'orologio, è tempo di continuare.
L'Hypnotic show mi attende.

Inception, il druido Bodak (ricordi di Celtica), i pochi tentativi di meditazione, questo il mio retroterra.
Marcos Lutyens è un artista interdisciplinare che utilizza tecniche quali, tra le altre, l'ipnosi e la robotica.
La Reflecting Room, da fuori, è simile alle tante altre casette degli artisti. Di poco discostata dal sentiero, gode della quiete agreste che non è propria dei parchi cittadini italiani.
C'è un sacco di gente, fuori, curiosi e coppie che hanno sentito che lì si fa qualcosa con l'ipnosi quindi "ehi, sweetheart, lets have some fun!". Entriamo in 14, più Marcos.
La casetta, appena varchi la soglia, diventa il riflesso di se stessa. Letteralmente.
Qualcosa che ha a che fare con Lewis Carroll, giusto un rumore di fondo, ma è sufficiente.
La struttura funziona bene al punto che devo affondare un piede nel vuoto, oltre la transenna, per convincermi dell'inganno.
Ci viene chiesto di toglierci le scarpe e posare da un lato le borse e borsette prima di scendere oltre lo specchio.
Prendiamo posizione su una piramide a gradoni concava che dialoga con il soffitto convesso in modo perfetto, salvo che non ci sono le nostre teste là in alto a rispondere agli sguardi curiosi.
Sto tra due gruppi di crucchi inobesiti dai truppi wurstel und senape, e vorrei potermi giocare una volta la carta dello stereotipo ariano ma è proprio così che sono: vecchi, e ciccioni. Una non capisce nemmeno una parola d'inglese.
Marcos chiede all'amica di tradurle: rimani, chiudi gli occhi, e stai in silenzio, oppure aspetta fuori.
Decide di rimanere.
Di fronte a me una non più giovane bionda (che scoprirò solo dopo essere una importante coreografa che aveva anche esposto a dOCUMENTA anni prima), il cui viso gridava che no! non erano i quaranta ad averla ridotta così, ma solo l'incuria, si siede a gambe aperte lasciando che il vestitino fantasia regali la vista delle sue mutandine bianche e la protezione del salvaslip.
Sono schifato, mi concentro sulle parole di Marcos, anche perché sono qui per scoprire se sia o meno un ciarlatano. E lo faccio per voi, amici miei, perché la mia risposta già soffia nel vento: cialtrone.
Ma lui si ostina a non volersi mostrar tale. E' umile, concreto, affabilissimo e rilassante, ci spiega la struttura dell'esercizio che stiamo per fare. Fa scegliere al suo pubblico quali debbano essere i tre step del nostro "percorso" da tre fogli in cui sono disegnati piccoli e finissimi mandala color pastello. Io scelgo il secondo step, azzurro, beige e bianco. Non mi resta che cominciare.

Chiudete gli occhi, respirate, avvicinate le mani, i palmi l'uno rivolto verso l'altro, respira e rilassati, senti i magneti delle mani, le mani si avvicinano, rilassati, palmi rivolti l'uno verso l'altro respira e senti i magneti, le mani si avvicinano ancora e ancora e tu respira e rilassati, le mani si avvicinano e ora si toccano quasi, respira e senti la calma che scende dalla testa alle spalle, alle braccia, alla schiena, respira e rilassati, le mani si toccano, senti la pace che ti scende dai capelli alle dita alle ginocchia ai piedi, pensa al vento, il vento, respira rilassati e pensa al vento e a un ricordo del vento, fa caldo, sei giovane, respira e rilassati, ricordi d'infanzia - la Camargue, quel terribile segreto - concentrati sul vento e ora stai guardando un aquilone nel cielo, lo stai guardando e tenendo con la mano sinistra, respira e rilassati e senti la forza dell'aquilone, e adesso conterò da dieci a uno, da dieci a uno e ci sarà una tavola, ricordi di una tavola, dieci, respira e rilassati nove, otto, respira, sette sei cinque, respira e rilassati quattro, tre due, e adesso uno respira e rilassati e c'è una tavole, e tu sei giovane, e state tutti parlando, di cosa parlate? - non ricordo - la tavola, la campagna, Rocchetta Tanaro, respira e rilassati e concentrati sulle chiacchiere e adesso prova a sentire il bocca, cosa stai mangiando, respira e rilassati e assaporane il gusto, respira e rilassati e...

Quando l'esercizio finisce sono semiaddormentato, la testa che ciondola, le mani l'una nell'altra. Come ci è sembrato, chiede. Come mi è sembrato. Mmm. Sinceramente, un esercizio di rilassamento light, nel quale la componente fideistica è indispensabile, anche se stare così tanto tempo ad occhi chiusi aiuta.
Lo stato di quiete dura davvero una manciata di secondi, è un tuono seguito da uno scroscio violentissimo di pioggia a portarselo via. Stregone, hai portato la pioggia.
Costretto a una permanenza forzata dai capricci del tempo, gli faccio qualche domanda.
Tendenzialmente ha iniziato a interessarsi all'ipnosi, come nuova tecnologia nell'indagine della mente, mentre cercava una propria identità artistica (se continui a sfogliare le riviste ti ritorvi sempre al traino degli altri). Secondo lui la differenza tra la meditazione e l'ipnosi è che la prima pulisce il cervello e la seconda ne innesca parti normalmente non utilizzate, portandoci a sviluppare nuove e diverse associazioni.
Può succedere che qualcuno cominci a parlare? Oh certo, puo' succedere eccome.
La pioggia non si placa, ma io devo comunque andare.
Saluto e ringrazio Marcos Lutyens, pensando che no, questa non è arte in senso stretto, ma fa lo stesso. Rientra nell'ottica di entertainment verso cui si sta muovendo parte dell'arte contemporanea, e come non si puo' certo imputare a chi ruba per fame, ma agli squilibri sociali, l'escalation della criminalità, lo stesso, in arte, vale per Marcos.