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a cura di Dario Bonetta



11/05/2005

 
N.EST - Napoliest 
 
 
Nuove cartografie

 
   
4 artisti e 4 opere per Napoli 
 
   
foto di Antonio Niego









Florian Huttner




Gennaro Ghirardelli e Florian Huttner













 
Il festival di arti elettroniche Sintesi si e' da poco concluso e quindi N.EST, ospitato nella sezione arte (www.napoliest.it), torna in rete dopo la mostra nella galleria T293, in cui una nuova installazione del progetto ha accompagnato l'inserimento nel database della quindicesima opera. Si tratta di un video dell'artista napoletano Marco Zezza (Bordo, 6 min, digitale, tecnica varia, cartoon e pittura) riferita alla zona di Via Brin (quartiere Gianturco).
Durante il festival, oltre 200 visitatori (non soltanto addetti ai lavori, ma anche architetti, musicisti e artisti che prediligono new media) hanno visitato l'opening e le altre giornate di apertura. I curatori, sempre presenti, hanno potuto quindi raccogliere diversi tipi di interessi – sia verso l'opera sia verso gli sviluppi prossimi del progetto, che si indirizzano anche a tematiche urbanistico-architettoniche.

La mostra si e' sviluppata in due delle sale della galleria: la prima ha ospitato una proiezione in loop di Bordo – adesso visitabile con download su www.napoliest.it – e la seconda il nuovo set di N.EST.
Sul pavimento una pianta dell'area e in un angolo un MAC con il sito navigabile, alcuni stickers per lasciare un commento e le nuove opere inserite nel database, oltre a Bordo. In occasione della mostra infatti, sono state inserite 4 nuove opere. Ad oggi, 15 opere originali di artisti, architetti, sociologi, fotografi italiani e stranieri, consegnano le visioni di un'area urbana – restando divise nelle griglie geografiche alle quali appartengono e dalle quali traggono ispirazione. Di varia tecnica, sono tutte trasposte su digitale e liberamente scaricabili a 72 DPI sul proprio desktop direttamente da www.napoliest.it.

La prima delle opere inserite, Vasto, il grande Est di Napoli, realizzata dall'artista tedesco Florian Huettner con il prezioso contributo del Goethe Institut di Napoli, e' una documentazione dell'area omonima, situata nei quartieri orientali di Napoli che l'artista tedesco, gia' presente a Napoli con una personale da Rauchi&Santamaria, ha realizzato con la collaborazione di Gennaro Ghilardelli.
Florian ha conosciuto N.EST grazie agli artisti Bianco-Valente – tra i primi a realizzare per N.EST un'opera originale, dal titolo Area. Vasto, il grande Est di Napoli e' una vasta topografia del quartiere composta di mappe, ricerche storiche e impressioni di artisti, realizzate durante un soggiorno in citta' e corredate da una visione fotografica dell'intorno (presto disponibile anche sotto forma di scatti).
Sotto forma di installazione e reading, l'opera e' stata esposta nel 2003 alla Galerie für Landschaftskunst (Amburgo). Su N.EST l'opera in un set originale pensato apposta per napoliest.it come un micro sito, e' consultabile in tre lingue, inglese tedesco ed italiano.
Gli autori dichiarano, all'inizio del progetto: ''Se qualcuno di Alessandria d'Egitto viene a Napoli potrebbe sentirsi a casa propria. Ma se si viene dalla Germania e, dopo essere passati per Roma, si arriva a Napoli, ci si sente come ad Alessandria. In nessun altra metropoli d'Europa si coglie come a Napoli la continuita' storica del bacino del Mediterraneo. (…) A Napoli, noi ci siamo pero' fatti sedurre da un quartiere la cui immagine urbana non ha quasi nulla di questa forza attrattiva del Mediterraneo. Pur tuttavia, una sua parte e' campo di attivita' di africani e asiatici. Si tratta della zona che include il lato nord della Stazione Centrale e di piazza Garibaldi. Perche' abbiamo scelto questo quartiere? Oggi possiamo indicare diverse ragioni. Ma e' gia' più difficile rispondere quali tra esse sono state decisive. Forse ha giocato un ruolo il nome del quartiere: ''Vasto''. Il nome e' eloquente, significa esteso, ampio. Effettivamente, il quartiere comincio' a svilupparsi alla fine del XIX secolo, in direzione di Poggioreale, su una zona allora paludosa che si trovava al limite orientale della citta'.''
Ed ancora, su perche' si possa parlare di ''due Vasto in uno'', scrive Hüttner: ''attraversando la griglia ad angolo retto si puo' percorrere il quartiere in maniera sistematica. Ci si stupisce di scoprire qualcosa di nuovo in cio' che si presumeva gia' noto. Si pensa di aver gia' visto tutto, eppure c'e' sempre qualche angolo che non si conosce ancora. Paragono questo alla mia esperienza di lavoro cartografico, quando nella foresta procedo con la bussola secondo il quadrante di riferimento, e so che con questo tipo di orientamento si vedono molte piu' cose e di varie specie. Si arriva fino ad avere l'impressione che un'area relativamente piccola sia piu' grande di quanto lo sia effettivamente. Dopo un po' il Vasto ci e' apparso proprio grande, conteneva un intero mondo che ogni giorno offriva nuovi aspetti e considerazioni. Ad esempio, dopo averlo osservato a lungo e percorso in lungo e in largo, abbiamo constatato che, nonostante l'originaria pianificazione unitaria, la zona si divide oggi in due parti. In una parte occidentale, a nord di piazza Garibaldi, e in una parte orientale, a nord del parco ferroviario, tra corso Novara e via Giovanni Porzio. La divisione in due del quartiere e' da ricondurre a diverse cause, che in parte sono di origine tutta napoletana e in parte sono dovute a influenze esterne. Quasi tutte sono di data recente''.

Gli artisti hanno a lungo peregrinato nel quartiere per costruire una sua nuova cartografia. Ma si sono chiesti anche cosa pensassero gli abitanti di loro. Ecco la risposta: ''Come due cagnacci abbiamo girato e rigirato per il quartiere, una volta qui, una volta la'. Forse per questo gli abitanti non fanno piu' attenzione a noi. Soltanto per le guardie in servizio sugli spalti del carcere eravamo come una spina nell'occhio. Ci osservavano con sospetto e disappunto crescente, addirittura con una certa apprensione quando fotografavamo le mura del carcere e le strade immediatamente intorno. Alla fine, con il fischietto e gesti autoritari ci hanno mandato al diavolo.
Come eravamo visti dalla gente del quartiere? Certamente ci riconoscevano... eravamo gli stessi del giorno prima, andavamo in giro per il quartiere fotografando di qua e di la'. Talvolta capitava a noi di riconoscere qualcuno di loro, ma anche costoro non mostravano alcuna reazione. Si e' parlato di noi al mercato o in qualche casa? Non lo sappiamo.(…) Facevamo quotidianamente irruzione nel quartiere che non ha nulla di insolito per chi ci vive e i quali - suppongo- non riescono nemmeno a capire cosa ci sia in esso che valga la pena di essere visto o addirittura fotografato. Poi siamo spariti. Due figure, forse percepite brevemente con la coda dell'occhio, su cui al massimo si fa qualche osservazione di sfuggita, due figure che gia' un attimo dopo non hanno più alcuna importanza. E se un giorno non si faranno più vedere, nessuno lo notera' perche' sono gia' stati dimenticati. Oppure quel dignitoso signore anziano con il vestito grigio, che sta fuori al bar leggermente curvato, appoggiato sul suo bastone, ha parlato di noi? Fotografiamo il locale, si sente visibilmente a disagio, vorrebbe sottrarsi all'obiettivo. Ciononostante mantiene la sua posizione; quello e' il suo posto.''

Le altre opere appena inserite in N.EST si allontanano dalla deriva cartografica per raggiungere una ''dimora'' ed un'esperienza piu' legata alle arti visive ''tradizionali''. Antonio Niego, settantenne fotografo, architetto e paesaggista caprese, autore di Sorvolando Napoli Est Anno 1975, sceglie per N.EST un suo lavoro di fotografia aerea di repertorio (1975) e lo ricrea accoppiando ad ogni scatto una sinossi esilarante. Breve e tranchant, essa per ogni fotografia – piu' che offrire una didascalia dell'immagine a cui si riferisce – crea una nuova dimensione di lettura dell'esistente, affrancandola dalla periodicita' degli scatti e proiettandola sulla attualita' e sulla deriva antropocentrica dei luoghi ritratti. Una deriva niente affatto ecologica e niente affatto a misura d'uomo, secondo l'autore.

Aniello Barone e' fotografo e sociologo esperto in criminologia. Con H12, due fotografie in bianco e nero, rivisita la griglia di Vigliena (il lungomare a oriente di Napoli gia' ritratto da Hidden Movie di Boris, una delle prime opere inserite in N.EST). Degli zingari attendono muti e fieri che il mare restituisca il corpo di un loro compagno, risucchiato da gorghi pericolosissimi di quel mare prospiciente una centrale elettrica. Proprio i mulinelli di raffreddamento della centrale, insieme all'alto inquinamento derivato dai numerosi scarichi industriali, hanno vietato alla balneazione quel triste tratto di costa – che continua ad essere meta di gite al mare inquinato e osceno. Causando spesso morti per annegamento. La tradizione marinara non solo rom, vuole che i congiunti attendano per un tempo indefinito il corpo che di solito il mare restituisce a riva. L'artista ha impiegato molto tempo per ottenere questi scatti.

Il fotografo campano, Luciano Ferrara, si e' occupato a lungo di periferie ed in particolare di Ponticelli. I curatori gli avevano chiesto di selezionare un progetto per N.EST e Ferrara ha scelto Nella tela di Ponticelli. Una serie di ritratti di persone, degne di un fashion magazine, si accompagnano a scatti pungenti dei luoghi che caratterizzano il quartiere. Come di consueto, l'opera e' montata su un file di flash che mostra lentamente lo slide show. Cresciuto da un nocciolo antico e rurale (la parte vecchia, il centro storico, e' ancora intatto: campanile, resti di ville rurali), Ponticelli ora e' un ammasso di edilizia anni '80. Nella sinossi che introduce l'opera, l'artista afferma: ''Canogal, Lotto Zero, bipiani, le 5 torri, rione De Gasperi, la torre, rione Incis, case ultra popolari, Parco Azzurro. Tele di cemento. Nelle tele di Ponticelli la vita degli uomini non sa di pietra lavica. Non sa di pietra vesuviana la vita di chi e nato e cresciuto nelle scatole di ferro e cartone chiamate elegantemente bipiani, non conosce il calore che la pietra vesuviana sprigiona dopo un acquazzone agostano. No, qui l'esistenza non sa di pietra lavica. Ma di amianto sì. Lotto Zero, il quartiere a sud di Ponticelli non somiglia per niente a l'otto nero numero a volte fortunato alla gioco della roulette dove si vince o si perde, dentro l'alveare del lotto zero non si vive per vincere o per perdere, (…) si deve vincere comunque, come vince ogni giorno l'anziano che attraversa la strada sulle strisce pedonali per andare a svernare la sua giornata altrove per mettersi a riparo da quel paesaggio surreale che gli sta davanti.''

     
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