Attraversare le contingenze allargando le prospettive

24/02/2008
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ARGOMENTI

Oltre l'orto
Una carrellata di storie, opinioni e caratteri, emergono dalle interviste ai direttori delle riviste che partecipano a Magazines.
Alessio Ascari, co-direttore di Mousse, ci racconta quando sono partiti da quattro "battute" in un baretto di Milano arrivando poi a stampare oltre 120 pagine, fino a produrre l'attuale versione internazionale di questa free press d'arte contemporanea: "condita e impacchettata in modo accattivante", con poche news e tanti articoli lunghi da leggere davvero. Dalle sue parole emerge come e quanto condivida la filosofia di community che e' alla base di Magazines.
Esattamente 10 anni fa, infatti, UnDo.Net ha avviato la "rubrica" Magazines, nata per dare una visione simultanea delle proposte e punti di vista delle riviste italiane d'arte e cultura contemporanea. Allora, come oggi, non c'era nulla di simile nel web. La partecipazione e' sempre stata gratuita, il nostro invito e' aperto alle nuove riviste nate e cresciute nel frattempo.







Intervista ad Alessio Ascari
co-direttore di Mousse, magazine gratuito d'arte contemporanea


a cura di Silvia Maria Rossi

Come ha preso vita Mousse ? Solitamente si dice che è in una stanza che prende vita una rivista, vorrei che mi parlassi della vostra stanza...

Nel nostro caso non si è trattato di una stanza ma di un baretto, a Milano. Mousse è nata tra un bicchiere e l'altro ed è nata per gioco, con una buona dose di imprudenza. Come per molti altri magazine indipendenti, all'inizio è mancata totalmente quella fase strategica - in cui si elaborano indagini di mercato, piani di sviluppo, eccetera - di cui riviste più grandi e strutturate non farebbero mai a meno. La nostra indagine di mercato è stata la realizzazione del primo numero, che per fortuna ha avuto un discreto successo, anzi a dire il vero molto più di quanto potessimo prevedere. Galvanizzati dal feedback del primo numero, abbiamo realizzato il secondo, e così di numero in numero.
Col tempo siamo cresciuti: sono aumentate le pagine, dalle cinquanta o poco più del primo numero abbiamo superato largamente le cento, poi le centoventi; si sono aggiunti nuovi collaboratori, italiani e stranieri; dal solo italiano siamo passati alla versione bilingue con inglese a fronte, dalla distribuzione cittadina milanese con cui avevamo cominciato a una distribuzione nazionale addirittura rivolta verso l'estero. Sono cambiate molte cose, insomma, in un anno e mezzo. Noi abbiamo iniziato a lavorare a Mousse addirittura in una stanza della casa in cui vivevamo, figurati. Possiamo dire che è stata a tutti gli effetti una rivista homemade, almeno per i primi quattro numeri o qualcosa del genere. Poi abbiamo trovato uno studio, una piccola redazione in affitto dove siamo ancora oggi... Però sì, siamo nati in una stanza e quello spirito resiste ancora oggi.

Cosa vi sembrava che mancasse nel panorama editoriale contemporaneo delle riviste d'arte quando avete iniziato?

Mousse, mancava, cos'altro? No, seriamente: mancava, prima di tutto, a differenza di quanto accade in altri paesi europei e non, la giusta attenzione nei confronti dell'editoria; basti pensare ad un paese piccolo come la Svizzera, in cui c'è un proliferare spaventoso di riviste indpendenti che in Italia ci possiamo solo sognare. Credo che noi, insieme a Nero magazine, sebbene con due stili molto diversi, abbiamo colmato un vuoto profondo nel mercato editoriale italiano.

E oggi è cambiato qualcosa?

Mancano tante cose ancora oggi!

Quali sono i fattori che possono influenzare l'orientamento di un magazine?

Per quanto ci riguarda, non ci sono fattori esterni dai quali siamo condizionati; ma siamo influenzati senz'altro da una "temperatura", quella dell'arte contemporanea, che cambia costantemente: sulle pagine di Mousse noi cerchiamo di registrarla. A influenzarci insomma è quello che ci succede attorno. Abbiamo deciso fin dall'inizio di adottare un taglio poco locale e che possedesse un respiro il più internazionale possibile, quindi quello che succede su scala globale ci influenza molto. Siamo anche stati tacciati di esterofilia molto spesso, e accusati di occuparci poco della situazione nostrana; ma per noi affrontare l'arte contemporanea oggi significa affrontarla con uno sguardo il più ampio possibile.
Questo non significa snobbare in maniera stupida e ottusa quello che avviene in Italia, gli artisti che emergono qui da noi, ma è necessario mantenersi consapevoli che la partita si gioca a livello internazionale, e che quindi è doveroso e interessante parlare di ciò che succede nel mondo, e non solamente nel nostro orticello.

Cosa limita in qualche modo la libertà di scelta di una rivista?

Limiti ce ne sono tanti. Per cominciare, le difficoltà economiche che una rivista indipendente per forza di cose ha: se fossimo un pò più ricchi potremmo fare un sacco di cose che abbiamo in mente ma che non possiamo realizzare per motivi banalmente economici. Quindi sì, sicuramente il budget di una rivista indipendente impone dei limiti. Però è anche vero che questi limiti in certi casi possono avere un effetto benefico, diventare degli stimoli: sai che devi fare una cosa con un budget limitato e così ti ingegni, tiri fuori dei piani B, delle soluzioni non scontate e magari nuove... Dalla componente economica per esempio è scaturita la scelta di fare un giornalaccio, un tabloid stampato su una carta da due soldi, che però poi alla fine è gratuito, il che non è mai male.

Cosa intendi per rivista indipendente?

È semplice. Una rivista indipendente è una rivista che non ha un editore alle spalle. Quando c'è un editore che mette dei capitali e che quindi - non per forza, ma molto spesso, diciamo quasi sempre, succede così - finisce per influire più o meno direttamente sui contenuti, la rivista non è più indipendente. Nel nostro caso, per fortuna e purtroppo, noi siamo editori, direttori, collaboratori di noi stessi, e quindi dipendiamo solo ed esclusivamente da noi stessi. Poi c'è l'attitudine, lo spirito, lo sguardo: più si è liberi dai condizionamenti (di qualsiasi tipo essi siano) e più si è agili. L'indipendenza e l'agilità vanno insieme.

Qual'è il rapporto con il territorio su cui operate? Nonostante Mousse abbia un registro alto e una portata internazionale, c'è sempre uno sguardo e una stretta relazione con il territorio di Milano.

Milano è la nostra città, la rivista è nata a Milano, i primi numeri sono stati distribuiti solamente a Milano: quindi l'impronta per forza di cose c'è. Allo stesso tempo, forse è antipatico dirlo, credo che per quanto riguarda le istituzioni private, come le gallerie e le fondazioni - per le istituzioni pubbliche si apre tutto un altro discorso - Milano sia la città dove succedono le cose più interessanti e di respiro più spiccatamente internazionale. E quindi ci viene naturale, per una questione di vicinanza fisica e poi per una vicinanza in un certo senso spirituale, avere un occhio di riguardo per la nostra città. Niente di male, infondo. Se succedesse a Napoli o a Roma o in qualunque altro posto nessuno penserebbe a una forma di snobbismo, credo.

In che modo una rivista può porsi come strumento di critica e riflessione?

In moltissimi modi. Per quanto ci riguarda, ti risponderei partendo dal formato che abbiamo scelto: molto povero, un giornalaccio come dicevo prima; un format molto democratico, a tiratura alta e distribuzione gratuita. Fin dall'inizio l'idea è stata giocare sulla duplicità - in modo un pò subdolo, se vuoi, ma divertente; volevamo dare al pubblico una rivista che si distinguesse per i contenuti di qualità e si proponesse come piattaforma di approfondimento vero e proprio, e allo stesso tempo fosse condita e impacchettata in modo accattivante e molto pop, per rendere il più appetitoso e digeribile possibile il messaggio (i messaggi!) che volevamo lanciare. Se ci fai caso, infatti, nonostante l'apparenza disinvolta e "leggera", Mousse è fatto più che altro di approfondimenti: ossia, poche news e tanti articoli lunghi, sui quali bisogna fermarsi e che richiedono di essere letti davvero.

Può una rivista arrivare addirittura ad influenzare il sistema dell'arte?

È dura, non lo so. Alla fine non credo. Nel migliore dei casi penso che si possa instaurare un buon dialogo e magari anche un'interazione. Però devo ammettere che alcuni artisti giovani e poco noti di cui si è parlato su Mousse sono poi comparsi, dopo qualche mese, in un paio di mostre qua e là...

È importante per voi riuscire a raggiungere anche un pubblico di non addetti ai lavori?

Sì, questo è stato uno dei nostri obiettivi fin dall'inizio. Abbiamo cercato di distribuire la rivista fuori dal circuito dell'arte contemporanea, anche in luoghi che non sono frequentati solo dagli addetti ai lavori e nei quali si può intercettare un pubblico più ampio. Questo anche perchè l'arte contemporanea è sempre più sotto i riflettori e gode sempre più dell'attenzione di un pubblico estraneo al settore, la cui curiosità andava soddisfatta con un prodotto accessibile da più punti di vista.

E cosa comporta essere entrati nella comunity di UnDo.Net con Magazines ?

A me piace molto questa cosa del progetto Magazines, sento che rispecchia un pò quella che è la filosofia di Mousse: distribuzione gratuita e assetto democratico. Trovo che la circolazione del sapere, il file sharing (in senso metaforico ovviamente) nel campo dell'informazione e della trasmissione di pensiero sia fondamentale. E quindi ben vengano queste collaborazioni e queste piattaforme.

Come valutate la vostra partecipazione a Magazines? Cosa vi ha spinto a partecipare? Qual'è l'aspetto più interessante di questa collaborazione?

Mi piace molto l'idea della raccolta di articoli e interventi che provengono da diverse testate. Si va a formare panoramica interessante sull'editoria nazionale, e in più si dà la possibilità anche al popolo del web, che è aperto, senza confini, di leggere articoli tratti da magazines che magari non conoscono o non riescono a reperire.

Qual'è la domanda che più ti piacerebbe sentirti fare?

Dove si va? Risponderei: lontano.


Una selezione degli articoli di Mousse che puoi leggere in Magazines:

Paul Mccarthy, di Michele Robecchi su Mousse N.12, gennaio-febbraio 2008
Sommario del N.12

Mike Nelson, intervista di Alessio Ascari su Mousse n.11, novembre-dicembre 2007
Sommario del N.11

Joachim Schmid, I am not a photographer di Simone Menegoi. Su Mousse N.10 settembre-ottobre 2007
Sommario del N.10

Doug Aitken di Edoardo Bonaspetti, su Mousse N.4, novembre 2006
Sommario del N.4

Produci Consuma Crepa. Vita breve e arte grande di Jason Rhoades, di Massimiliano Gioni su Mousse n.3, settembre 2006
Sommario del N.3

Martin Creed, intervista di Chiara Costa su Mousse N.2, giugno 2006
Sommario del N.2

La scheda della rivista

Immagini:
Paul Mccarthy, da Mousse N.12
Cover Mousse N.11: Mike Nelson, A phisic Vacuum, 2007. Foto di Charlie Samuels, courtesy Creative Time
Mike Nelson, A phisyc Vacuum, 2007, Foto Charlie Samuels, courtesy Creative Time. Tratta da Mousse N.11
Cover Mousse N.10, Promos Comunicazione
Jason Rhoades, The Black Pussy and the Pagan Idol Workshop, 2005. Courtesy Hauser & Wirth. Da Mousse N.3
Da Mousse N.2: Martin Creed, Work No.564, 2006. Courtesy Fondazione Nicola Trussardi

Silvia Maria Rossi è laureata in Scienze dei beni culturali, indirizzo storico artistico, all'Università di Brescia, specializzata in Comunicazione e organizzazione dell'arte contemporanea all'Accademia di Belle arti di Brera. Ha collaborato con i servizi educativi della GAMeC di Bergamo e con l'archivio Guglielmo Achille Cavellini di Brescia. Dal 2006 collabora con UnDo.Net come curatrice del progetto Magazines

Quest'intervista in formato PDF da stampare

Intervista precedente:
Tiziana Villani, Direttrice di Millepiani

staff@undo.net



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