Attraversare le contingenze allargando le prospettive

11/06/2008
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ARGOMENTI

Same Democracy # 2
Marinella Paderni ed Elvira Vannini sono le curatrici del progetto Same democracy a Bologna: una "mostra" sviluppata in due tempi che, con un gruppo nutrito di artisti, affronta tematiche come nomadismo culturale, spazio pubblico e politico, post-produzione, economie informali, sul modello dell'Open Source.














Il progetto "Same Democracy" nasce da una riflessione teorica sulle trasformazioni culturali che l'era di Internet, e più in generale la globalizzazione, ha generato nella società intaccando i concetti tradizionali di produzione culturale, di espressione e creazione artistica.
I nuovi media e le nuove tecnologie bluetooth stanno mostrando quanto siano obsolete la personalizzazione estrema dell'espressione, la frammentazione dell'agire artistico e la non-comunicazione tra individualità e realtà differenti; e contemporaneamente offrono la condivisione di metodologie che ampliano e arricchiscono la creatività stimolando la creazione congiunta, collettiva e interattiva sul modello dell'Open Source.

"L'arte è sempre stata un protocollo di comunicazione per restaurare l'unità dell'esperienza umana al di là dell'oppressione, della differenza e dei conflitti" (Manuel Castells, Galassia Internet, Milano, Feltrinelli 2002). In tempi come i nostri, contraddistinti dal disordine, dal ribollire della coscienza collettiva e da una realtà magmatica - resa ancora più turbolenta grazie allo scenario mediale - l'attenzione dell'arte va tutta ai valori e a quegli strumenti che l'aiutano a sfidare lo status quo. La velocità del mondo, la sua crescente complessità con geografie di poteri forti e addensati, richiedono che tanto i luoghi quanto le persone che li abitano diventino degli "ibridi" d'identità interconnessi tra loro grazie alla grande rete del villaggio globale.
Per abitare questa realtà porosa fatta di territori fluttuanti e di corpi mobili, flessibili, Michel Maffesoli sostiene che persone e cose sono destinate a diventare fluide, ambigue e in uno stato di perenne nomadismo fisico e mentale. Ma questa flessibilità, che sembra portare solo alla smaterializzazione del mondo, si traduce anche in un ritrovato spontaneismo e in una libertà di espressione ravvisabili sottoforma di informazioni, di azioni che predilogono la rete per circolare autonomamente senza filtri e censure. La cultura dei corpi e degli spazi solidi, rigidi, lascia posto al territorio in progress della cultura dell'Open Source.

Parlando di cos'è un dispositivo, Deleuze scrive: "Noi apparteniamo ai dispositivi e agiamo in essi... Il dispositivo è innanzitutto una matassa, un insieme multilineare, composto di linee di natura diversa. Queste linee nel dispositivo non delimitano nè circoscrivono sistemi di per sè omogenei - oggetto, soggetto, linguaggio, ecc., ma seguono direzioni, tracciano processi in perenne disequilibrio; talvolta si avvicinano, talvolta si allontanano le une dalle altre."
L'integrazione e la con-fusione tra luoghi e corpi comporta anche un rinnovamento della pratica artistica. L'arte è un dispositivo che integra gli esseri umani realizzando opere che siano ambiente, luogo, evento di coinvolgimento degli altri (i destinatari). Rispetto all'opera aperta degli anni Settanta, oggi l'opera d'arte integra il fruitore nella modalità di produzione del senso. Jens Hoffmann parla di "strategie post rappresentative" per indicare quegli artisti che non si limitano ad interagire con modalità relazionali, metafore visive, testuali, ma attuano strategie collaborative di gruppo - collettive piuttosto che individuali - e anzichè produrre oggetti, formulano progetti, workshop e azioni.
L'arte contemporanea aveva già anticipato negli anni Novanta pratiche collegabili all'attuale cultura dell'Open Source con opere fondate sullo scambio collettivo e sulla post-produzione, cioè sull'annessione all'arte di forme ignorate, prima disprezzate, e di oggetti già informati da altri oggetti o da persone che non sono artisti.

Il nucleo tematico, l'individuazione degli artisti e il display espositivo del progetto "Same Democracy" ci ha permesso di esplorare fattivamente le istanze enunciative - la condivisione, l'autorialità multipla, il nomadismo culturale, lo spazio pubblico e politico della rete, le economie informali come modelli alternativi di resistenza - mettendo a fuoco una processualità comune e assimilando pratiche diverse nell'ottica della post-produzione, del lavoro artistico (e curatoriale) nella prospettiva dell'Open Source e nell'ambito delle pratiche discorsive, legato a un processo più generale che ha a che fare con la dialettica produzione-consumo nella globalizzazione.

La mostra, sviluppata in due tempi (Volume 1 e 2), è scaturita dalla produzione di isolati sistemi di pensiero che, entrando in contatto in una dimensione estesa, allargata, negoziabile, sfuggono ad ogni controllo preventivo. Il primo opening della mostra è stato progettuale, più ordinato, germinale, mettendo in rilievo la dinamica tra enunciato e forma, modello e pratica, opera e processo. Il secondo appuntamento ha assunto una forma più magmatica, di integrazione e condivisione tanto degli spazi quanto delle pratiche: i lavori e i nuovi progetti sembrano "deflagrare" nello spazio secondo il modello del bazar, tentando di suggerire un clima di lavoro dinamico, caotico, che decostruisce il concetto di mostra a favore di una rassegna a carattere laboratoriale e che privilegia l'esperienza partecipata.

Hanno partecipato a Same Democracy: Zbynek Baladràn, Fabrizio Basso+Strange&Alternative Team, Filippo Berta, Dafne Boggeri, Carolina Caycedo, Silvia Cini, Francesco Jodice & Richard Sympson, Domenico Antonio Mancini, Andrea Nacciarriti, Daniele Pario Perra, Maria Vittoria Perrelli, Julien Previeux, Tadej Pogaçar, Oliver Ressler, Stefano Romano, Stefanie Seibold, Ian Tweedy

I PROGETTI DI SAME DEMOCRACY VOLUME 2

Carolina Caycedo
Not in my name, 2007, video, colore

Il video celebra la marcia di protesta come fenomeno pubblico dove le barriere sociali - origini etniche, genere, moda, stile età e nazionalità - sono tutte compresse e incanalate in una singola forza. La manifestazione a piedi documentata dal video è quella tenutasi a Trafalgar Square, a Londra, nel settembre del 2002. La protesta era contro la guerra in Iraq, ma la gente approfittò dell'opportunità per manifestare e protestare le loro personali questioni. Scrive l'artista: "La guerra in Iraq sta ancora andando avanti. Non In Mio Nome, però".

Fabrizio Basso + Strange & Alternative TEAM + The Obscenes (webmaster Diego Ghiddini)
Installazione audio-video

L'artista compie azioni urbane, realizza installazioni sonore e performative, attua un processo di guerriglia estetica, funzionale e politica con volantinaggi abusivi, irruzione di manifestanti durante gli opening patinati del mondo dell'arte, l'autoproduzione e la distribuzione di fanzine indipendenti - sia artistiche che punkanarchiche, insieme al collettivo Strange & Alternative Team, tra cui la zine Kontainer: controcultura, controinformazione e spostamento creativo di idee. In spazi temporanei come la Radio, la Street TV, la fanzine. è stato tra i primi artisti italiani ad occuparsi di installazioni audio-video, provenendo dall'ambito underground delle fanzine: Fanzine (punkaminazione 1983-84), Radio Belin (trasmissione radio privata, 1992), Fuck international Tv (street tv 1989). "Lavoro con la radio e il segnale televisivo, come mezzo artistico e più volte mi sono lasciato affascinare dai luoghi e dalla loro memoria"...

Filippo Berta / Stefano Romano
You can teach an old dog new tricks , 2008

Il lavoro si compone di due diversi momenti uno complementare all'altro. Tutto il progetto si ispira al film di Lars Von Triers e Jorgen Leth 'Le 5 variazioni' nel quale Von Triers chiede a Leth di girare nuovamente un suo cortometraggio del 1967 'l'uomo perfettò dandogli però delle istruzioni per la nuova realizzazione. Nella prima fase del progetto formalizzata nel video 'you can teach an old dog new tricks', Berta e Romano sono uno di fronte all'altro e durante un fitto dialogo si 'approprianò uno di un lavoro dell'altro dandosi le relative istruzioni per la nuova realizzazione del lavoro stesso.
Ed ecco i risultati della sfida nel secondo opening:Filippo Berta ha realizzato un lavoro che documenta un momento performativo, un'altra prova da superare che ribalta un paradosso comune e assume il concetto di gioco caro a Stefano prendendo in esame la figura del perdente. Se nella vita il perdente è destinato senza speranza alla rinuncia, nella gara si ribaltano le assuefatte consuetudini sottolineando le dinamiche della fiction. Stefano Romano parte dall'idea di "spostamento", crea un quadrato di lattice rosso -posizionato in tensione tramite dei tiranti in acciaio- in uno spazio urbano inquadrando un pezzo di città ottenendo una situazione di equilibrio visivo perfetto all'interno del "caos" urbano.
La casa come metafora della famiglia e il quadrato rosso come limite "architettonico", Romano si sposta in varie zone di una città alla ricerca di un ambiente familiare in cui ricreare la propria famiglia. Famiglia che nascerà dalla volontà di 3 persone scelte casualmente, di farne parte per il tempo di una fotografia. Per entrambi lo spazio di dialogo diventa un luogo fisico e mentale dove appaiono e scompaiono nuove forme di partecipazione.

Maria Vittoria Perrelli
Business su Business, Installazione, materiali vari, 2008

Il lavoro propone un'installazione cartografica degli scambi dei mercati dei paesi dell'est che rappresenta una diversa geografia della città che si sovrappone a quella topografica. In alcune zone di Bologna, soprattutto nella periferia, aprono clandestinamente e temporaneamente dei mercatini di vari paesi europei ed extra europei che rappresentano una forma di economia parallela a quella ufficiale. Un'economia che stabilisce regole, fatta di esigenze e richieste.
Il tracciato a parete delle zone dove avvengono questi "scambi" e il commercio è più frequente, mette in connessione i vari mercati con i paesi di provenienza. Attraverso una documentazione fotografica e delle interviste si possono cedere le immagini e ascoltare le voci di chi vive questi mercati. L'artista sviluppa la sua ricerca attorno all'esplorazione di movimenti sottotraccia. L'idea di pratica artistica, nel suo lavoro, significa innanzitutto agire nel mondo, confrontandosi con un luogo reale e manifestando una documentazione che porti a rappresentare un microcosmo sociale nella forma di un mosaico dinamico e contraddittorio.

Tadej Pogacar
Street Economy, 2001-2008

I venditori ambulanti vendono qualsiasi cosa, dal cibo fresco agli stereo e alle televisioni, in migliaia di mercati di strada presenti in differenti città. In molti casi sostenuti dalle forze dell'ordine e dai politici, che li usano come capro espiatorio per molti problemi urbani ma anche come alleati politici. La vendita per strada è cresciuta fortemente come forma di "auto-impiego" che aiuta a mantenere molte famiglie e provvede i servizi essenziali durante la difficile crisi economica. Street Economy Archive contiene documenti da varie città e continenti, da Venezia a Tirana, da Mexico City a Bangkok, mostrando le strategie di sopravvivenza quotidiana.

Silvia Cini
(con la collaborazione di Cippi Pitschen, Veronica Birga, Eva Marinai, Barbara Nicoletti)

Pisa 1989: vicino alla chiesa di Sant'Antonio Abate, Keith Haring esegue la sua ultima opera pubblica, un grande murales intitolato "Tuttomondo" e dedicato alla pace universale. Silvia Cini con un gruppo di coetanei, poco più che adolescenti, partecipa attivamente a quell'esperienza. Con vecchio furgone Westfalia marcato dall'iconica cifra calligrafica di Haring. Ora è il momento di riattivare i legami della memoria, le contraddizioni del tempo, le dilatazioni di ricordi non troppo lontani in un'installazione ambientale che diventa una postazione in cui accomodarsi per entrare dentro quella storia che, chiunque, immergendosi in quel micro-cosmo privato in fondo potrebbe esperire. E con Cippi ritrova Eva, Barbara, Veronica, le amicizie di quegli anni che hanno preso strade diverse e percorsi che ora si annullano nel tempo: dopo vent'anni Silvia Cini contatta le ragazze delle foto -punto di partenza del lavoro- conversa con loro, mostra tutto lo strabordante materiale documentario di un'esperienza fortissima sfuggita alle logiche di potere e ai meccanismi sclerotizzati del mercato e del sistema dell'arte.

Stefanie Seibold
A Reader- a visual archive, 2008

In collaborazione con Dafne Boggeri l'artista austriaca crea un atlante di immagini che hanno come tema l'identità femminile in tutte le sue sfumature. Articoli di giornale, foto prelevate da riviste, altri lacerti significativi di fanzine qeer e femministe, fotocopie e poster, ma anche citazioni, ritagli, testi di canzoni: A Reader è una collezione di materiali disparati ordinati ogni volta secondo diverse scenari narrativi. Un archivio in cui la singola immagine non è solo una raffinata citazione di idee contemporanee ma funziona come collegamento ipertestuale con altre immagini che esprimono aspettative sociali e quindi diventano strumenti di comunicazione artistica e politica. A Reader rappresenta il desiderio di sviluppare strategie votate alla de-naturalizzazione dei concetti normativi di identità, corpo, sesso e genere.


Su Same Democracy puoi vedere anche: www.undo.net/pressrelease/edit46
In relazione al rapido mutare degli scenari globali, le pratiche curatoriali si stanno sempre di più confrontando con le metodologie dell'Open Source culture, con i processi di condivisione, con le dinamiche di produzione e di distribuzione collettiva dell'arte e con il concetto di autorialità multipla... Presso Neon campobase a Bologna, Same Democracy è stato strutturato come un display in progress di interventi artistici. Marinella Paderni ed Elvira Vannini hanno invitato artisti italiani e stranieri che si si sono inseriti nel progetto con modalità diverse: processi in corso, lavori predisposti 'a distanza' e prelievi linguistici di vario tipo. In questo ambito le curatrici hanno avviato una discussione con curatori internazionali; in questo primo step parlano Anna Colin e Mia Jankowicz (Gasworks, Londra) e Marina Sorbello (Uqbar, Berlino). Ecco le loro riflessioni e una descrizione dei progetti artistici in mostra.

Same Democracy
Pratiche artistiche e curatoriali nell'era dell'open source culture
neoncampobase
Via Zanardi, 2 Bologna

Per saperne di più:
Il comunicato stampa

Immagini di:
(1, 2) Carolina Caycedo, (3, 4) Tadej Pogacar, (5) Filippo Berta, (6) Stefano Romano, (7, 8) Silvia Cini, (9, 10) Maria Vittoria Perrelli, (11) Stefanie Seibold, (12, 13) Fabrizio Basso+Strange&Alternative Team

Marinella Paderni è critico d'arte contemporanea e curatore indipendente. È docente di Fenomenologia dell'Arte Contemporanea presso l'Accademia di Belle Arti "Carrara" di Bergamo. Ha collaborato come corrispondente con la rivista internazionale d'arte contemporanea "Tema Celeste" e con il quotidiano "Il Resto del Carlino".
I suoi studi sono rivolti soprattutto alle ricerche artistiche contemporanee che indagano il paesaggio, la città, le relazioni tra arte, architettura e fenomeni socioculturali. Ha curato mostre sui nuovi concetti di spazio, sulla rappresentazione del paesaggio contemporaneo come antropologia dello sguardo, sulla città come luogo dell'emergere di nuove istanze culturali e sociali. Più di recente si occupa delle nuove pratiche artistiche e curatoriali ispirate ai new media, alla postproduzione e soprattutto alle pratiche desunte dal modello dell'Open Source. Ha tenuto conferenze su tematiche relative alla fenomenologia della cultura contemporanea. Da anni segue le espressioni artistiche nelle ultime generazioni di artisti internazionali.

Elvira Vannini è storico dell'arte, critico e curatore indipendente. Vive e lavora a Bologna. Diplomata alla Scuola di Specializzazione in Storia dell'Arte Contemporanea, attualmente svolge un Dottorato di Ricerca in Storia dell'Arte presso l'Università degli studi Bologna. Autrice e co-conduttrice di uno spazio radiofonico dedicato all'arte contemporanea, trasmesso dalle frequenze di ''Radio Città del Capo'' - Popolare Network. Svolge attività critica e curatoriale indipendente. Collabora con testate specializzate, si occupa di recensioni, articoli e interviste, con particolare attenzione alle ultime generazioni di artisti italiani e internazionali. Ha pubblicato su Flash Art, Tema Celeste, Around Photography, Arte e Critica. Ha curato mostre personali e collettive in gallerie, spazi pubblici e situazioni no-profit, eventi performativi e articolazioni audiovideo. Riflette sulle relazioni tra pratiche artistiche, strategie di occupazione dello spazio pubblico e sistemi espositivi, alla luce delle trasformazioni sociali e urbane in una prospettiva geopolitica. Ha tenuto lectures in workshop, incontri e conferenze, sia nel corso di progetti espositivi che al Dipartimento Arti Visive dell'Università di Bologna, su aree di interesse interdisciplinare che vanno dagli studi curatoriali, alle pratiche del display, all'architettura e le fenomenologie del contemporaneo.

www.everyrevolution.blogspot.com
www.undo.net/synapser
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