Attraversare le contingenze allargando le prospettive

26/11/2008
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Devozioni


Dono, omaggio, regalo; dall'offerta al sacrificio, dal tributo all'elargizione, fino al fundraising. Tanti i sinonimi e molteplici i sensi delle pratiche del dare e ricevere. Dono e controdono, antiutilitarismo e indebitamento reciproco, scambio simbolico secondo alcuni studiosi e forma di relazione nella sua accezione storico-antropologica. Come il "sabato del villaggio" il dono è sempre più bello nel pacchetto, il giorno prima di Natale: infiocchettato dalle aspettative di chi lo fa e di chi lo riceve.
A Milano più di 200 artisti hanno deciso di contribuire all'asta a favore di Careof donando un'opera, in un gioco di riconoscimento nei confronti del lavoro di Mario Gorni. Ma chi è Mario e che cos'è Careof? Un po' di storia in questa intervista...



Correnti Magnetiche, installazione di Mario Canali, Riccardo Sinigaglia, Careof (Cusano Milanino), 1988





Bombing party – La Città ideale, azione di Cuoghi & Corsello, Careof (Cusano Milanino), 1993





Misure Drastiche, installazione di Enzo Umbaca. Careof (Cusano Milanino), 1993





Adesso mi sento a casa, installazione di Italo Zuffi. Careof (Cusano Milanino), 1998





Salti, Liliana Moro. Careof (Cusano Milanino), 1997





Prigionieri, a cura di Guido Molinari. Scultura di Piero Calignano. Careof (Cusano Milanino), 1998





Daniela Comani, Careof (Milano, Fabbrica del Vapore, Via Luigi Nono), 2006





Happy Birthday Careof: opere di Area, prima mostra di Careof (1987). Careof (Milano, Fabbrica del Vapore, Via Luigi Nono), 2007





Exchanging Roles, Alternative platform from Rotterdam. Careof (Milano, Fabbrica del Vapore, Via Luigi Nono), 2007





Vorrei che il cielo fosse bianco carta, Dafne Boggeri. Careof DOCVA (Milano, Fabbrica del Vapore, Via Procaccini), 2008





Concerto di Kat Frankie in occasione di Vorrei che il cielo fosse bianco carta. Careof DOCVA (Milano, Fabbrica del Vapore, Via Procaccini), 2008





200 artisti per Careof… Careof DOCVA (Milano, Fabbrica del Vapore, Via Procaccini), 2008





200 artisti per Careof… Careof DOCVA (Milano, Fabbrica del Vapore, Via Procaccini), 2008





200 artisti per Careof… Careof DOCVA (Milano, Fabbrica del Vapore, Via Procaccini), 2008





Esterno. Careof DOCVA (Milano, Fabbrica del Vapore, Via Procaccini), 2008





DOCVA nella nuova sede alla Fabbrica del Vapore, Via Procaccini, Milano, 2008



200 artisti per Careof


Intervista con Mario Gorni e Chiara Agnello, Careof DOCVA


A cura di UnDo.Net

 

Tu sei un veterano del non profit, come è cominciata e quando l'avventura di Careof?

Mario Gorni: 1987 Cusano Milanino: quello che doveva essere uno spazio pensato come studio di un artista è diventato dopo brevissimo tempo uno spazio espositivo. E’ successo tutto lì, insieme a Zefferina Castoldi, Dino Ferruzzi, Diego Bianchi, Meri Gorni, Tommaso Bressan e altri amici e intellettuali. C’era voglia di dare spazio all’arte, di scoprire chi stava lavorando e su che cosa, di disegnare la mappa dei percorsi.
Quando ti metti a lavorare con gli artisti e scopri che hanno un approccio magari più interessante del tuo, ti può anche venire in mente che vale la pena mostrare il loro lavoro. Così è nata la voglia di aprire lo spazio soprattutto per far vedere le opere degli altri. Noi soci fondatori ci siamo infatti da subito negati la possibilità di esporre a Careof. La conseguenza è stata che molti dei soci sono usciti dall’associazione perché hanno deciso di continuare a fare gli artisti, piuttosto che mostrare il lavoro di altri.

Come riuscivate, tu e Zefferina Castoldi a sostenere i progetti?

MG: Con i nostri soldi, io al mattino insegnavo (divertendomi anche nel farlo) e nel pomeriggio mi dedicavo allo studio del contemporaneo, a conoscere gli artisti, a girare per studi e vedere le cose. Tutto il mio stipendio andava via per produrre le mostre, sempre fatte con pochissimo denaro poichè gli artisti avevano la necessità di far vedere i lavori già pronti in studio, non dovevamo affrontare spese di produzione. Si trattava solo di caricare le cose in macchina, di portarle nello spazio espositivo, di scrivere il comunicato stampa (che di solito scrivevo io) e diffondere l’informazione.

Avevate un "piano", un "programma", degli obiettivi chiari per il futuro? Chi erano i vostri compagni di strada?

MG: Certo. Ci interessava mostrare la mappa degli artisti milanesi. La domanda che ci ponevamo era: quali sono gli artisti che hanno un lavoro interessante? Nel tempo questa mappatura si è andata allargando di nome in nome e così mostrarla è diventata un’attività continuativa. L'idea era proprio di salvare quello che veniva prodotto e che inevitabilmente sarebbe andato perduto.
In un momento (gli anni ’80) in cui non c’erano gallerie aperte ai giovani artisti, Careof si offriva come spazio dedicato all’arte contemporanea per mostrare dignitosamente il lavoro prodotto in quel periodo.

Quindi hai già risposto alla mia domanda su chi erano i vostri compagni di strada…

MG: I compagni di strada li andavamo scoprendo via via, girando per gli studi e incontrando anche chi cominciava a scrivere sull’arte, qualche giornalista giovane, qualche critico che andava come noi guardandosi intorno per cercare di capire e col quale magari potevi scambiare pareri e informazioni…, fra i primi abbiamo conosciuto Roberto Pinto, Emanuela De Cecco, Elisabetta Longari e via…

Quando Careof era a Cusano Milanino, lontano dal centro di Milano, tu e Zefferina inauguravate le mostre la domenica mattina, venivano moltissime persone e c'era un'atmosfera effervescente. Avete ospitato nel tempo tanti artisti emergenti e altrettanti giovani curatori: si tratta, per la maggior parte dei casi, di figure oggi abbastanza riconosciute e collocate. Secondo te perchè lo spazio Careof era un catalizzatore nonostante non offrisse possibilità di guadagno e tutto sommato permettesse una visibilita' parziale?

MG: Sicuramente poichè erano pochissimi nella zona milanese gli spazi che lavoravano con gli artisti giovani e Careof consentiva di vedere cose che venivano da Torino, da Bologna o da Firenze, in modo assolutamente informale. Soprattutto perché si parlava con le persone, c’era sempre un rapporto diretto e molto attento ai visitatori che arrivavano (perché a Cusano venivano apposta per noi, non passavano per caso!). Qualche volta erano anche collezionisti, anche se di fatto quasi mai c’è stato un rapporto d’affari con loro.
Careof non era un luogo d’affari ma di confluenza e di scambio di informazioni e di idee, con uno scambio culturale intenso fra gli artisti e il pubblico.

Potresti fare un "riassunto" dei momenti significativi che per Careof hanno determinato fasi di svolta?

MG: La prima svolta importante è stata quando abbiamo capito che i nostri soldi personali non erano sufficienti ma attraverso un lavoro programmato, si poteva accedere a risorse più importanti delle nostre come finanziamenti erogati da enti pubblici che potevano consentire di realizzare i progetti.

Un’altra svolta importante è stata il momento in cui ci siamo resi conto che sviluppare progetti insieme ad altri poteva aumentare le nostre potenzialità. Abbiamo quindi messo in comune le informazioni con l’associazione Viafarini. Questo ci ha consentito di ricevere l’attenzione da parte del Comune di Milano per ben cinque anni. Il Comune e in seguito la Regione Lombardia ci hanno aiutato a comprare i computer, la telecamera, a sistematizzare il materiale dell’Archivio, a potenziare i nostri mezzi.
Cinque anni dopo un’altra svolta importante è stato il progetto Fabbrica del Vapore. Avevamo cominciato a lavorarci nel 1998, insieme ad altri enti e associazioni. Il bando di gara del Comune ha premiato 17 di queste realtà: ed ecco che per noi è diventata reale la possibilità di avere uno spazio più grande nel centro della città, seppur provvisorio.
Quando poi abbiamo avuto lo spazio definitivo del DOCVA è stato un po’ come rinascere, nel senso che finalmente ora abbiamo uno spazio bello per le mostre e un luogo organizzato e molto accogliente in cui gli utenti della biblioteca e della videoteca possono studiare.

Un aneddoto?


MG: Mi viene in mente il compleanno che festeggiammo a Cusano Milanino per i 10 anni di attività Museo Teo. E’ stata una cosa bellissima e divertente che ha radunato un sacco di gente con musica tutto il pomeriggio. Era un po’ il tono delle cose che facevamo in quel periodo, pane e salame, musica e danze di cui fruivano le persone che venivano a vedere le nostre mostre.

Per molto tempo ti sei occupato personalmente di raccogliere i portfolio dei giovani artisti che poi confluivano nell'Archivio Careof e Viafarini, che lavoro era? Cosa ti sembrava che si aspettassero gli artisti da questo?

MG: Gli artisti si aspettavano una cosa molto difficile, cioè di avere un parere sincero sul proprio lavoro. Su questo, io sono sempre stato molto schietto e preciso, tiravo fuori tutte le cose che pensavo. Naturalmente si aspettavano anche di avere uno spazio per mostrare le proprie opere. Di fatto questa è l’energia inesauribile che c’è nell’arte: gli artisti hanno un lavoro pronto, hanno un progetto e devono capire se vale, se si può mostrare e se si può mettere gioco. Questo li ha sempre spinti a venire a mostrare i propri portfolio, ed io ho sempre accettato poiché continuo ad imparare moltissimo e a capire quello che sta succedendo nell’arte. Lo scambio è reciproco!

Il DOCVA ha inaugurato quest'anno in aprile, ma tu sei riuscito ad "insediarti" negli spazi della Fabbrica del Vapore molto prima, ci racconti come hai fatto?

MG: Ho caricato tutto su un camion e sono riuscito ad entrare nello spazio provvisorio di Via Luigi Nono senza avere un’autorizzazione. Dopo poco, però, mi è arrivato il contratto d’affitto da parte del Comune che ha regolarizzato la situazione. Di fatto è stata un pò un’occupazione. Per fare il trasloco di tutti i materiali ho chiesto aiuto agli artisti, ci siamo insediati e in poco tempo abbiamo fatto la prima mostra…

E anche la prima festa…

MG: Esattamente.

Da quando Careof ha traslocato a Milano l'atmosfera è cambiata?

MG: Sì stare dentro la città complica le cose, aumenta il pubblico e quindi anche il lavoro. I tempi del nostro quotidiano sono cambiati ed è aumentato lo stress. Ma anche la soddisfazione.

Tu e Gino Giannuizzi di Neon avete sempre sviluppato progetti insieme ai giovani che continuano ad essere attratti e a proporsi, ma tu come sei riuscito ad arginare e "scegliere" le proposte senza creare inimicizie e "rovinarti l'immagine"?

MG: Viene naturale, non c’è nessuna strategia, non mi sento in rivalità con nessuno. Se dall’arte non ricavi denaro le cose sono molto molto facili. In questi anni, ho sempre passato ad altri le informazioni che avevo. Lavorare in collaborazione è più divertente, si possono fare mostre più grandi, si possono invitare più persone. Sento veramente di non avere rivalità: noi lavoriamo con gli artisti e gli artisti devono poter andare dappertutto, devono mostrare il lavoro a tutti e dovunque. Stiamo tutti lavorando per far conoscere il meglio dell’arte contemporanea.

Ti fa piacere l'idea di storicizzare il tuo lavoro o ti sembra che la storia sia troppo articolata e sfaccettata perchè sia possibile? Ti sembra che ti si renda giustizia o hai paura che dal momento che le istituzioni hanno riconosciuto e appoggiano Careof cambi tutto?

MG: Dipende da me, ci sono due ordini di discorsi. La storia si fa quotidianamente; quando lavori da 20 anni è chiaro che si può parlare di storia. Ma sono sicuro che anche quello che faccio oggi pomeriggio entrerà nella storia, perchè anche questo passa, e domani sarà cambiato, sarà migliorato, sarà morto, non lo so… però quello che si è fatto resta. Soprattutto se lavori con continuità e con impegno, per conservare quello che viene prodotto, dargli una durata nel tempo. Questa è storia.
Il Comune di Milano mi ha cambiato la vita? In parte. Mi ha aiutato a migliorare l’offerta che faccio al pubblico, mi dà in affitto degli spazi più belli, ma lo spirito con cui lavoro è sempre il medesimo.
E’ un peccato che da noi in Italia sia ancora così insufficiente la conoscenza della funzione del non profit e l’importanza che può avere nella formazione sia del pubblico che degli artisti.

Ma essere oggi DOCVA con Viafarini ha cambiato/migliorato la situazione economica così faticosa all'inizio?

MG: I progetti sono più grandi, costano di più e quindi abbiamo bisogno di fondi maggiori per riuscire a realizzarli. Questo sì che è cambiato. Dal punto di vista personale non è cambiato nulla, da Careof non ho mai portato fuori niente in termini di denaro e a tutt’oggi è ancora così. E’ una cosa che mi arricchisce in un altro senso.

Dynamic Table, organizzata a settembre, era una tavola rotonda su profit e non profit fra diversi attori del sistema dell'arte. Abbiamo visto un'ampia partecipazione anche da parte di chi non aveva poi un granché da dire, ma come al solito desiderava apparire. Secondo te è emerso qualcosa di nuovo da quell'incontro?

MG: Molti dei partecipanti erano già consapevoli del ruolo del non profit nel sistema dell’arte italiano. Purtroppo molti devono ancora capirlo. Quando ognuno guarda solo nel suo piccolo e non ha uno sgabello su cui salire per vedere un po’ più lontano, fa fatica a comprendere come funziona il sistema nel suo insieme. Il non profit è uno degli anelli della catena che spesso non è stato considerato, nonostante realtà come la nostra lavorino da 20 anni. Ora sta diventando per fortuna un anello importante e visibile, ma ne mancano molti altri che in qualche modo vanno congiunti, messi in connessione fra loro.

Com’è cominciata la collaborazione con Chiara Agnello e Lia Manzella?

MG: Chiara l’ho conosciuta durante una lezione che ho tenuto a Brera per un Master per curatori e le ho proposto di lavorare con me. Spostandomi a Milano l’aumento del lavoro mi ha fatto decidere che avevo bisogno di avere un curatore, con occhi nuovi, freschi, con idee diverse dalle mie, con cui litigare quotidianamente sulle cose da fare. Dopo un periodo a Parigi, Chiara ha deciso di iniziare l’avventura.
Invece Lia è venuta a Careof perché voleva fare un’analisi economica e finanziaria sulla gestione di uno spazio non profit. Insieme a questo, da subito ha iniziato a lavorare con me alla videoteca per riprese e montaggio. Nel tempo ha poi cominciato a strutturare maggiormente tutta la parte "dietro le quinte", i rapporti con enti e istituzioni, la stesura dei progetti, la ricerca fondi e infine il grosso lavoro sull'Archivio Video e i suoi materiali: dal riconoscimento di Archivio Storico da parte del Ministero delle Belle Arti al nuovo sito su cui stiamo lavorando. Ecco come Lia è diventata l’alleata di Chiara Agnello, e con loro devo litigare tutti i giorni per fare le cose...

Raccontaci un po' di 200 artisti per Careof...

MG: Quest’asta mi mette un po’ in imbarazzo. Da un lato perché mi sono fatto rubare le due telecamere con cui lavoravo quasi quotidianamente per la videoteca: sono andato a mangiare un panino e quando sono tornato era sparito tutto. Dopo questo disastro Roberto Pinto ha avuto l’idea di chiedere aiuto agli artisti per vendere i lavori e ricomprare le telecamere. Io non trovavo giusto scomodare gli artisti, ma poi ho ceduto e devo dire che è stata una grande soddisfazione perchè sono arrivate 202 opere. Vuol dire che ci sono 202 persone, bravi e bravissimi artisti, che stimano il tuo lavoro e ti ricompensano in questo modo. Sì questo mi dà una grande soddisfazione.

Dopo il master per curatori a Brera hai cominciato a collaborare con careof anche se c'erano pochi soldi e non era uno spazio istituzionale, quali potenzialità vedevi in questo? Cosa volevi fare da grande?

Chiara Agnello: Sono arrivata nel 2005 a Careof dopo il Master per Curatori di Brera. All’inizio non era così chiaro che dovessi fare il curatore: mi sembrava importante preservare lo spirito con cui Careof ha sempre lavorato cercando di dare una struttura un po’ più organica e solida al sistema mostre, alla programmazione e al lavoro con gli artisti. Piano piano mi sono guadagnata questo spazio - con una guerra quotidiana come dice Gorni - e siamo riusciti nel tempo a creare una programmazione con progetti più articolati, che non sono solo mostre ma trasformano lo spazio in una piattaforma di scambio per artisti, curatori, studenti e pubblico generico.
Per quanto riguarda la programmazione ho continuato – come Careof già in parte faceva – ad alternare mostre personali di artisti principalmente italiani a mostre collettive, a progetti speciali anche di breve durata, presentazioni di libri, riviste, incontri con artisti, critici…Mi sembra importante offrire uno sguardo sulla realtà artistica milanese e al tempo stesso un confronto con il panorama internazionale, creando un dialogo con alcune fra le più interessanti situazioni estere.
Fra le altre cose, forse quello che più mi interessa privilegiare in questo momento è lo sguardo verso iniziative ideate e gestite da artisti, modalità alternative di organizzazione artistica, quali artist-run initiatives o spazi indipendenti con finalità simili a quelle di Careof.
Tra i focus proposti lo scorso anno Exchanging Roles, curato in collaborazione con Patricia Pulles, ha portato a Milano alcune fra le situazioni indipendenti più interessanti di Rotterdam, da progetti editoriali, a residenze d’artista, a collettivi che operano sul territorio. Too Near Too Far curato con Roberta Tenconi ha invece raccontato la scena artistica australiana con particolare attenzione verso incredibile network di artist-run initiatives di Melbourne.
Sono seguiti poi nella nuova sede la personale di Dafne Boggeri (giugno-luglio 2008) - che nel suo lavoro genera piattaforme di scambio sviluppando collaborazioni e progetti interdisciplinari; la mostra di Andy Simionato e Karen ann Donnachie (settembre 2008) ideatori del progetto editoriale This is (not) a magazine che hanno privilegiato Milano come territorio d’azione per creare un network vastissimo e di grande vitalità, generando uno spazio virtuale molto importante per lo sviluppo di sinergie fra artisti e creativi in genere; e Sette Arcobaleni, un progetto curato dall’artista Matteo Rubbi e dislocato nel nostro spazio espositivo e in alcuni fra i più caratteristici luoghi del quartiere attorno alla Fabbrica del Vapore (dal Dancing Apollo, al negozio cinese, al Circolo ex Combattenti e Reduci di Porta Volta).
Un progetto a cui tengo molto è Ritratti. Percorsi Video a Milano nato in collaborazione con la Provincia di Milano. Si tratta di un progetto di produzioni video sulla città di Milano commissionato ad artisti italiani e internazionali che prevede sempre, oltre alla realizzazione di un’opera, anche una fase di workshop, di incontro con il pubblico e di approfondimento. La prima e' stata fatta con Zimmerfrei, la seconda con i Semiconductor. La terza produzione video sara' un lavoro di Meris Angioletti e verrà presentata nella prossima edizione di inContemporanea alla Triennale di Milano.

Quale pubblico interessa a Chiara Agnello?

CA: Mi interessa che DOCVA e Careof diventino uno spazio di ricerca, di confronto e di dialogo. La collaborazione con artisti e curatori riveste un ruolo indispensabile in questo senso. Essere in questo nuovo spazio rende tutto un po’ più istituzionale è quindi importante lavorare meglio e in sinergia con gli altri attori del sistema come galleristi e collezionisti.

In cosa è cambiato il tuo lavoro con l'avvio del DOCVA?


CA: E’ ancora troppo presto per dirlo. Sicuramente sono triplicati gli impegni e il pubblico è sempre più numeroso. Solo per fare un esempio, abbiamo iniziato un ciclo di incontri sia al DOCVA che nello spazio espositivo di Careof in cui si presentano libri, pubblicazioni, progetti. Anche le mostre che facciamo includono sempre un evento nell’evento, come incontri con artisti, conferenze, visite guidate, concerti.
Il fatto che gli spazi siano distinti (materiali in consultazione al primo piano e spazio espositivo al piano terra) ha forse permesso di individuare meglio i nostri ruoli interni e a me di concentrarmi di più sull’attività espositiva.
Un aspetto che mi sembra molto bello, in relazione alla nascita del DOCVA e su cui sto iniziando a lavorare, è la riflessione sull’Archivio, sul tema della memoria e dell’accumulo dei materiali…ci sono già almeno tre progetti molto interessanti proposti da artisti e curatori che forse realizzeremo.

Puoi aggiungere qualcosa che Mario non ha detto e secondo te è importante dire di 200 artisti per Careof?

CA: L’idea è nata un po' per gioco. La cosa divertente è che tutte le opere sono presentate in modo anonimo. In realtà si tratta di una sorta di storia dell’arte dei nostri giorni, poichè ci sono davvero molti artisti che stanno lavorando in questo momento e che hanno collaborato con Careof. Il gioco del riconoscimento innesca un meccanismo fantastico sia da parte dei collezionisti che degli artisti stessi, obbligando lo spettatore a concentrarsi solo ed esclusivamente sull’opera.
Abbiamo deciso con Roberto Pinto una base d’asta di 300 euro - ci sono dei lavori che valgono molto di più e probabilmente opere che valgono qualcosa di meno - ma la cosa importante è che così tante persone abbiano compreso lo spirito dell’iniziativa. Credo che si tratti di un bel “grazie” collettivo ad una persona come Mario che a distanza di 21 anni è riuscito a mantenere la stessa l’energia. Tutto questo si percepisce dalla mostra e dall’allestimento delle oltre 200 opere date tutte con grande affetto e stima.

P.S.

Abbiamo deciso di non fare un’inaugurazione: i lavori sono esposti dal 19, ma l’asta sarà il 27 novembre alle 18 quindi è quella la data in cui diamo appuntamento a tutti.


Careof DOCVA
Fabbrica del Vapore Via Procaccini 4, Milano
+39.02.3315800 careof@careof.org
www.careof.org www.docva.org

Il comunicato di “200 artisti per Careof”

Le opere in mostra

 

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