Dopo Numero Zero a Torino e Numero Uno a Bologna si continuano a generare discussioni partecipate intorno ai temi che sono stati sollevati nell'Appello a Giorgio Napolitano e alla risposta della stessa Presidenza. Questi incontri nascono per confrontarsi su cosa e come si puo' fare a cambiare l'attuale modo di pensare, produrre e considerare la cultura in Italia.
Mercoledì 16 dicembre ha avuto luogo Numero Due a Venezia, presso la sede della Fondazione Bevilacqua La Masa. Nel corso della riunione sono emerse riflessioni intorno a parole come meritocrazia, precarietà, comunità, risorse, gestione pubblica della cultura e consenso. Per concludere che "non è la sostituzione dei capi delle istituzioni il problema centrale, ma l'atteggiamento arrendevole di chi accetta comunque di perseguire un modello come quello attuale".
Qui di seguito i files audio che riportano per intero la conversazione svolta e una sintesi dei dialoghi.
Cambiare le teste, precarietà, fare comunità, diritto alla creatività, questi alcuni fra i concetti chiave emersi durante l'incontro a Venezia, di cui riportiamo sinteticamente le argomentazioni principali, ben consapevoli dell'impossibilità di essere completamente esaustivi.
Ad aprire il dibattito un breve resoconto di Cesare Pietroiusti sulla nascita dell'appello rivolto al Presidente Napolitano nel contesto del progetto il falso Oreste, progetto che ha contribuito alla creazione di una rete, di una comunità italiana, che ha riconosciuto alcuni obbiettivi ed interessi comuni. Allo stesso modo Cesare Pietoriusti individua nella possibilità di creare ora una nuova comunità, che possa riconoscere nuovi obbiettivi e che senta una condivisione di intenti, l'occasione importante insita in questo momento specifico, ricco di incontri e confronti, in cui si sta lavorando tutti assieme proprio per individuare una direzione comune da intraprendere.
Di fatto incontri come questo sono anche l'occasione per mettere in contatto realtà e progetti che pur somigliandosi profondamente ed essendo "vicini di casa" spesso non si conoscono, perciò ad ognuno è stato chiesto di presentarsi e di raccontare brevemente i progetti a cui lavora.
Dopo questo cappello introduttivo abbiamo letto appello e relativa risposta ed è poi iniziata la vera e propria discussione.
In primis Sonia Cillari ha contribuito alla riflessione paragonando la politica di gestione pubblica della cultura e nello specifico dell'arte contemporanea italiana con quella dell'Olanda, luogo dove ormai da anni vive e lavora. L'Olanda è, nella classifica europea dei finanziamenti dedicati ai progetti di arte contemporanea, il primo stato, davanti anche all'Inghilterra, poichè l'Inghilterra finanzia gli enti e non i singoli privati.
Sonia Cillari ha osservato come nella lettera indirizzata al Presidente Napolitano venisse attribuita principalmente alla mancanza di un sistema meritocratico la drammaticità della situazione odierna, proponendo di mettere in luce l'impossibilità italiana di dedicarsi alla ricerca e di ricevere finanziamenti preventivi da destinare alla produzione, alla sperimentazione.
Propone l'immagine di un artista che come una pianta va innaffiato e concimato prima perchè dopo possa fiorire e crescere, e riflette su come in Italia chi fa l'artista fa un mestiere ridicolo mentre all'estero (non ovunque ovviamente) si ha la percezione che fare l'artista significhi fare un mestiere importante, e dice: "Nell'atteggiamento e nel supporto che uno stato dedica ad un giovane artista si vede la considerazione che uno stato destina all'arte ed alla cultura".
Riallacciandosi al tema dell'accessibilità e modalità di erogazione di fondi sia essi pubblici, sia privati, interviene Cecilia Tirelli che mette in luce alcune contraddizioni di tale meccanismo, ma anche rispetto all'inadeguatezza del sistema fiscale e sulla mancanza di un riconoscimento, quindi di una regolamentazione del diritto al lavoro dedicata al settore dell'arte contemporanea e più in generale, culturale. In particolare propone: il 'tutto e prima' rispetto alla tempistica d'erogazione del contributo stanziato, e l'integrazione nelle voci di spesa e di costi finanziabili della parte relativa alla struttura in cui si va ad operare, ma soprattutto della parte dedicata alla retribuzione delle professionalità coinvolte nella realizzazione del progetto. Inoltre avanza la necessità di rendere i fondi accessibili anche a soggetti privati.
Nel quadro di un dibattito aperto sulle urgenze d'intervento Cecilia Tirelli continua sottolineando che in Italia, alla vendita di opere d'arte viene applicata l'Iva al 20% ovvero quella prevista per i beni di lusso, mentre è di parere diffuso tra gli operatori, ridurre l'aliquota al 4% come nel caso dell'editoria. E' facilmente intuibile che ciò induce ad attuare transizioni all'estero o a generare mercato nero, così come l'inesistenza di contratti, albi professionali, partite Iva ad hoc e la diffusa cultura dell'offerta e richiesta di lavoro a compenso zero o non adeguato, in particolare da parte di enti già consolidati nel sistema della produzione d'arte contemporanea, peggiori o comunque non faciliti le cose.
A questo si attacca Andrea Ambrosini denunciando che l'8x mille destinato a finanziare l'arte, la cultura ed il sociale viene in buona parte dirottato verso spese di ambito militare e proponendo una riflessione sull'atteggiamento delle stesse istituzioni che si occupano di promozione dei giovani, i cui bandi prevedono necessariamente che vengano proposte opere inedite, e su come questo imponga ai giovani artisti una produzione all'ingrosso, che può risentirne a livello qualitativo e che è sempre vincolata dalla disponibilità finanziaria del giovane artista e sottolinea che "la questione si riferisce al sistema dell'arte, che prendendo l'andazzo di questa società dei consumi, si ritrova a cannibalizzarsi lasciando solo prodotti e collaborazioni con sponsor che scelgono la forma e il messaggio dell'arte. Questo impedisce la creazione di qualsiasi forma poetica e lascia spazio solo a sensazionalismi ed eccessi banali,senza sentimento".
Sottobosco ha partecipato all'incontro con una riflessione sulla cultura come necessità identitaria, come strumento utile ad ogni singolo cittadino per imparare a concettualizzare il mondo che lo circonda, a definire gli obbiettivi della propria esistenza e i mezzi per raggiungerli.
Sulla necessità per gli individui che la cultura sia al centro degli interessi delle politiche culturali in quanto opportunità di sviluppo economico.
E' stata inoltre proposta una sommaria e rapida scansione della situazione italiana per quanto riguarda in particolare il contesto culturale dell'arte, sottolineando la carenza degli spazi non profit, l'esiguità di gallerie interessate ai giovani artisti e alla sperimentazione, l'esiguità delle risorse pubbliche e il continuo dispendio di queste, l'obsolescenza delle istituzioni formative, l'egemonia di una cultura particolaristica e poco meritocratica come irriducibili punti di partenza per un intervento statale volto a riqualificare la percezione della cultura in Italia e la sua importanza per lo sviluppo sociale.
Marco Baravalle torna a considerare il tema della meritocrazia, ricordando come si tratti di un discorso che rischia di essere molto scivoloso, infatti quali sono i criteri che definiscono il merito? Propone come esempio proprio la situazione della facoltà di Design e Arti dell'Università Iuav di Venezia, considerata un'eccellenza a livello internazionale e che rischia la chiusura poichè i criteri italiani della Gelmini e del Ministero dell'Istruzione applicati per definire merito, trasparenza e politica delle cariche nominali sono del tutto inadeguati e fuorvianti.
Marco Baravalle mette in luce il termine "Precarietà", riflettendo sulla quantità di lavoro gratis che si fa nel mondo dell'arte in nome di un riconoscimento esclusivamente sociale e su come questo sia un furto sul lavoro che produciamo, su come l'attuale situazione dell'arte in Italia ci renda tutti ricattabili in termini lavorativi, e si augura che le risorse siano destinate verso un "nuovo Welfare", che si arrivi a garantire una continuità di reddito a chi lavora nel campo, istituendo un reddito di base che ci lasci liberi di sviluppare progetti non legati a tematiche d'impresa e che lasci spazio per l'immaginazione.
L'intervento di Riccardo Caldura si riallaccia nuovamente alla lettera scritta al Presidente Napolitano identificandone principalmente due caratteristiche.
La prima è quella di avere il grande merito di generare forme di discussione partecipata che denunciano una situazione generale insoddisfacente, la seconda è quella di essere relativamente ingenua. Nello specifico gli sembra sia necessario riflettere sulle modalità proposte nella lettera per favorire un ricambio dei vertici delle istituzioni artistiche. Queste ultime sono troppo diverse le une dalle altre, hanno modalità di selezione dei vertici (si pensi ad un direttore di Accademia rispetto ad un direttore di Biennale) che non si possono comparare. Ma è invece assai stimolante porre la questione, in generale, di "cambiare le teste", questo può effettivamente essere un obiettivo.
E aggiunge a tale proposito "Mi interessa molto cambiare le teste, ma non credo sia possibile farlo mediante organi esterni alle istituzioni stesse e super partes, come è stato proposto, e non credo l'operazione possa comunque limitarsi ai soli vertici delle istituzioni. Cambiare le modalità di nomina di un direttore di Accademia di Belle Arti, può avere un valore assai relativo se non si trova il modo di ripensare il reclutamento del personale docente. Se questo non accade il rischio concreto è che si cambi il pilota, ma la macchina resti identica. Per questo penso si debba favorire un più diffuso cambiamento nel modo di percepire l'arte e i suoi compiti. Cioè vanno cambiate tutte le teste, a tutti i livelli. Va cambiata la percezione del cosmo cultura e arte".
I componenti dell'associazione ATTIVARTE presenti all'incontro (Gaia Conti, Enrico Scala, Domitilla Musella e Elena Santagiustina) sottolineano la necessità che il Governo Centrale destini maggiori risorse alla Cultura o almeno non proceda progressivamente a ulteriori tagli - soprattutto a scapito della nuova produzione artistica e quindi dei giovani. Mettono inoltre in evidenza che dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, gli Enti locali ed in primis le Regioni hanno un ruolo fondamentale nella valorizzazione dei beni e delle attività culturali.
Nello specifico fanno riferimento alla realtà della Regione Veneto che, pur essendosi distinta in questi anni per il supporto alla promozione della cultura del suo territorio, direttamente e tramite l'istituzione di bandi pubblici per l'ottenimento di finanziamenti anche a favore di Associazioni, Gruppi informali ecc... composti da giovani, ha ridotto in modo significativo le risorse per la cultura nel 2010 (5-6 milioni in meno rispetto all'anno precedente).
Ne consegue che la richiesta di un maggior impegno da parte dei soggetti pubblici nel considerare la cultura come un investimento fondamentale per il nostro Paese, capace di creare benefit immediatamente tangibili, ma anche di più largo respiro, non può prescindere dall'intervento dei privati che devono però essere messi nelle migliori condizioni per affiancarsi al sostegno pubblico, usufruendo di una vera defiscalizzazione dell'investimento culturale.
Inoltre avvertono la necessità (sottolineata da tutti i presenti) di un maggior sostegno e riconoscimento della Professione del curatore di mostre - soprattutto se svolto come libero professionista e all'inizio della carriera - e un sostegno al ruolo dell'artista, riconoscendo questo come una professione effettiva e non come un passatempo.
A questo punto è nuovamente Riccardo Caldura ad intervenire sottoponendo alla nostra attenzione un nuovo e fondamentale punto, cioè che "Nel sistema italiano c'è un limite strutturale dato dalla relazione strettissima che esiste fra politica e cultura" e riflettendo su come alla cultura sarebbe al contrario necessario godere di una certa sfera di autonomia rispetto al politico, mentre in Italia assieme al succedersi delle cariche politiche si susseguono politiche di promozione della cultura volte solo alla creazione di consenso, quindi sostanzialmente si finanzia l'arte, e solo una certa arte, in relazione al consenso che si cerca di ottenere, in conclusione non è l'arte ad essere finanziata ma il consenso stesso.
Marco Baravalle ribadisce a questo punto che in Italia l'arte porta molto capitale, portando come esempio la stessa città di Venezia, dove numerose imprese, così come numerosi istituti di formazione, hanno riconosciuto l'importanza di tale relazione e hanno aperto sedi in città, dallo Ied a Pinault, allora forse "in questa contraddizione c'è una soluzione", basti pensare che la Biennale di Venezia, quest'anno, ha chiuso il bilancio in attivo già solo con la vendita dei biglietti d'ingresso.
Stefano Coletto a questo punto interviene dicendo "l'essere precari nelle attività culturali, diciamo guadagnare poco, è anche fare una scelta di autonomia, di critica rispetto ad un sistema economico che produce larghi profitti, applicato anche alla cultura e all'arte"; il suo interesse non riguarda la creatività intesa come bene d'impresa quanto che sia garantita la sopravvivenza della ricerca; alcune lotte sindacali, inoltre, hanno più senso per difendere il grafico che lavora 10 ore al giorno davanti al computer, per uno Studio o per una azienda, con 600 euro al mese; "comunque", continua Stefano Coletto, "l'attività curatoriale va inquadrata concettualmente, lavorativamente, fiscalmente; quando aveva la partita IVA, lui era identificato sotto la voce "altre attività informatiche".
A questo punto Marco Baravalle propone di ripensare ex-novo il riconoscimento del valore, anche economico, della produzione e della ricerca in ambito artistico, culturale.
Marcello Spada propone di riflettere sulla differenza ed opposizione fra la creatività che parla il linguaggio dell'impresa, la creatività legata al mercato e la pura e libera creatività artistica, "polemizzare è una forma passiva di contrasto, non è fare resistenza, che si compie appunto nel fare...le problematiche tecniche di istituzionalizzazione della cultura rischiano di scartare le ricerche non commerciabili".
Amerigo Nutolo si allaccia a questo discorso augurandosi che non si assista mai al totale dominio dell'economia sulla cultura e che non si assumano quelle dell'economia come parole d'ordine, ma come segni della ristrettezza del dibattito attuale: tendendo a porre al centro sempre il realismo dell'economia la si consolida nel suo aspetto deteriore a scapito dell'arte e della cultura.
Occorre secondo Amerigo rincentrarsi sull'attività artistica e seguire i ritmi della produzione creativa capace di ascolto, tempi più lunghi, come dice Andrea, e fare proposte nuove confrontandoci sulle modalità stesse del nostro fare individuale. A cosa ci appelliamo noi nella nostra professionalità? C'è bisogno di attuare un confronto interno sulle pratiche, di ripensare la funzione curatoriale anche (qui ora in maggioranza fra i riuniti), e degli operatori culturali rimettendo al centro l'opera e chi la fa e la percepisce: la qualità dipende dalla nostra capacità di rifondare una vera critica e superare la "pubblicità" che attualmente domina la scrittura sull'arte soprattutto in Italia. Il valore anche economico dipende solo dalla condivisione dei segni estetici e artistici e dalla qualità di questa esperienza, attraverso cui passa ogni possibile chiave di un valore economico reale. Se veramente intendiamo riconciliare i due aspetti. Altrimenti non è utile un appello come questo - che non a caso non ho firmato - perchè non è la sostituzione dei capi delle istituzioni il problema centrale ma l'atteggiamento arrendevole di chi accetta comunque di perseguire un modello come quello attuale, che altera e corrompe il fare artistico stesso alle radici: siamo noi a dovere iniziare a confrontarci su cosa e come facciamo per uscire da questa situazione.
Francesco Urbano torna a riferirsi alla lettera e osserva come alla base ci sia il tentativo di avere una coscienza professionale, e osserva come questa sia un'impossibilità dal momento che appunto i tempi, gli spazi, i fondi pubblici vengono assegnati a seconda dei cambiamenti politici, cosa che mette gli operatori del settore in una situazione di precarietà anche dei mezzi, ostacolando la possibilità di lavorare con continuità e fare progetti a lungo termine.
Al termine dell'incontro vengono estrapolate alcune proposte concrete così sintetizzate:
• rimettere al centro delle richieste gli artisti chiedendo più attenzione e sostegno nella fase di creazione, di produzione di un'opera d'arte;
• lavorare sulla percezione sociale del mestiere dell'arte riconoscendogli la professionalità dovuta, anche dal punto di vista burocratico legislativo, amministrativo e fiscale;
• riflettere sulla politica di gestione pubblica dell'Italia ricordandosi che molte decisioni non vengono prese a livello nazionale ma regionale e provinciale ed è quindi necessario proporre soluzioni ed organi competenti a livello territoriale svincolati dalle logiche politiche e di partito.
Andrea Ambrosini, Marco Baravalle, Riccardo Caldura, Daria Carmi, Sonia Cillari, Stefano Coletto, Francesca Colussi, Gaia Conti, Elena Dell'Acqua, Ilaria Fasola, Michele Graglia, Valeria Mancinelli, Domitilla Musella, Amerigo Nutolo, Elena Santagiustina, Enrico Scala, Marcello Spada, Sottobosco (Eugenia Delfini, Nicola Nunziata, Pasquale Nunziata), Francesco Ragazzi, Cecilia Tirelli, Francesco Urbano, Ayano Yamamoto.
GLI ALTRI INCONTRI ORGANIZZATI:
Numero Zero - Torino
Sabato 5 dicembre, dalle ore 14.00
Agenzia per lo sviluppo locale di S. Salvario, via san Anselmo 20-c
Report dell'incontro
Numero Uno - Bologna
Sabato 12 Dicembre, dalle ore 15.00 alle ore 19.00
Nosadella.due, via Nosadella 2
Report dell'incontro
Numero Tre - Roma
Lunedì 21 dicembre, dalle 18.30 in poi
1:1projects, piazza Scipone Ammirato 1/C
Numero Quattro - Genova
Sabato 23 gennaio dalle 15.00
Centro di vico Mele 3r, sede del Patto per lo sviluppo del quartiere Maddalena
Un progetto, una critica, una proposta
L'incontro offre l'opportunità per evidenziare le problematiche culturali del territorio ligure, ma anche un raro momento di confronto e di conoscenza delle realtà operanti e dei progetti in corso nei diversi campi del contemporaneo.
L'APPELLO
Il testo dell'appello al Presidente Napolitano e l'ambito in cui è nato...
La risposta della Presidenza della Repubblica all'appello
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