Attraversare le contingenze allargando le prospettive

20/09/2010
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Esordio e rimando


Peep-Hole è uno spazio non profit per l'arte contemporanea aperto a Milano da circa un anno, qui il 17 settembre ha inaugurato una mostra di Corrado Levi dal titolo "Quasi, autoamori di Johnny e Una poesia". Massimo Marchetti ha parlato di questo intellettuale eterodosso con Vincenzo de Bellis, curatore e co-fondatore dello spazio, cogliendo l'occasione per allargare il discorso su un confronto tra la città di trent'anni fa e quella odierna. Storie recenti e futuribili...


















Corrado Levi, Quasi, autoamori di Johnny e Una poesia, veduta dell'istallazione negli spazi di Peep-Hole, 2010




Ahmet Ogut, Mind the Gap, 2009




Alicja Kwade, Broken Away form Common Standpoints, 2010




Mario Garcia Torres, I Will Be With You Shortly, 2010




Mariana Castillo Deball, Only Eclipse Recovers, installazione per ''No soul for sale', Tate Modern, 2010




Six Ways to Sunday, catalogo 2010




Thanksgiving-Benefit Show, novembre 2009




Dora Garcia, Mad Marginal, 2010




Lo spazio di Peep-Hole in via Panfilo Castaldi 33, Milano




Massimo Marchetti: Innanzi tutto, chi è Corrado Levi? Dato che è un personaggio piuttosto singolare e nelle sue biografie si leggono un'infilata di aggettivi e di ruoli che lo rendono particolarmente interessante anche per chi non lo conosce, dunque, chi è?

Vincenzo de Bellis: Corrado Levi è, come dici giustamente tu, un intellettuale a tutto tondo. E' architetto, è stato Professore al Politecnico di Milano, ma è anche un grande collezionista d'arte, curatore, critico, poeta e, dall'82 in poi, anche artista.

E, come aggiunge lui in certe sue sinossi biografiche, anche cultore di box francese...

Sì, di Savate

E' un personaggio che ha svolto un ruolo fondamentale nella Milano degli anni Ottanta; attorno a sé ha radunato diversi artisti, ovvero il così detto gruppo di Via San Gottardo, da cui sono usciti dei nomi molto noti. Che cosa succedeva nella Milano di allora?

La Milano di allora era in un certo senso bifronte. C'era un gruppo di artisti che seguiva i corsi all'Accademia di Belle Arti di Brera il cui mentore era Luciano Fabro, e poi c'era un gruppo di artisti che non veniva da un percorso accademico ma da altri mondi e che si riuniva intorno alla figura di Corrado Levi. In quel periodo Corrado professava una certa leggerezza nell'approccio artistico ed aveva aperto le porte del suo studio in via San Gottardo 14, qui esponeva ogni settimana un giovane artista. Quindi il suo studio è stato per qualche tempo una sorta di project space come si definirebbe ora: uno spazio a progetto come ne esistevano in altre città del mondo ma che in Italia era una novità assoluta; è per questo motivo che uno spazio come il nostro, a tanto tempo di distanza, gli dedica una mostra.

Quindi c'è un collegamento trans-generazionale fra la vostra esperienza di giovani curatori e l'esperienza originale e originaria di Corrado Levi...

C'è un aneddoto che racconta come siamo arrivati a Corrado. Lui è stato la prima persona con la quale ho parlato d'arte appena arrivato a Milano, quando sono andato a fare uno stage alla GAMeC di Bergamo mentre lui montava la mostra di Alighiero Boetti (Quasi tutto) da lui curata con Giacinto di Pietrantonio. Anche io e Bruna ci siamo conosciuti in quell'occasione e in seguito per anni ci sono state molte occasioni in cui ci siamo incontrati ed abbiamo a lungo parlato con Corrado. L'ultima mostra di Corrado Levi è stata allestita nella galleria Toselli nel 2004 e non è stata mai organizzata nessuna mostra su di lui da istituzioni pubbliche a Milano, le poche che ci sono ovviamente, come il PAC fino a qualche anno fa.
Sappiamo che il 2010 è un anno importante per Corrado Levi a livello biografico, quindi tutte queste considerazioni ci hanno portato alla decisone di sviluppare un progetto con lui. Non siamo un museo quindi non potevamo fare una mostra "celebrativa" e dovevamo comunque contestualizzare un'esposizione di Corrado all'interno di un programma che è palesemente dedicato giovani artisti. La motivazione è sorta spontaneamente dalla sua storia, ovvero l'idea di avere nei suoi confronti lo stesso atteggiamento che lui aveva avuto nei confronti di tutti quelli artisti che ha invitato negli anni '80 nel suo studio. Quindi non fare una mostra con pezzi storici che raccontano la sua storia, ma un ritratto di Corrado con un solo lavoro, come se fosse un giovane artista chiamato a lavorare su un progetto specifico per lo spazio. E' così venuto fuori questo lavoro mai esposto.

Ma com'è oggi Milano secondo te?

Milano è una città che, è una mia personalissima idea, ricomincia a vivere una certa spinta dal punto di vista artistico. Negli ultimi anni sono nati diversi spazi, tra cui mi piace citare Brown e Mars - ma ce ne sono altri ancora - che hanno tutti preso avvio dall'iniziativa di piccole comunità di giovani artisti che si sono riuniti per cercare di dare voce alle loro pratiche. Questo, ovviamente, evidenzia la mancanza di un'istituzione dedicata esclusivamente all'arte contemporanea come ce ne sono in tutte le grandi città del mondo e noi, nel nostro piccolissimo, cerchiamo con Peep-Hole di colmare almeno in minima parte questa mancanza.

Cos'è Peep-Hole, come è nato e perchè si chiama così?

Il nome del nostro progetto in inglese significa "spioncino", cioè quello strumento che ti permette di guardare all'esterno senza essere visto. Questo, letto da un punto di vista curatoriale, è un tipo di posizione che vorremmo avere: essere il più possibile invisibili ma al tempo stesso poter guardare il "meglio possible" all'esterno. Lo spioncino ha una lente "fisheye" che permette di avere uno sguardo molto ampio sulle cose. E' un nome nato anche in maniera un po' ironica, perché può essere letto e confuso con "people", ma alla base c'è l'idea di tradurre una sorta di statement curatoriale. Le co-fondatrici dello spazio insieme a me sono Bruna Roccasalva e Anna Daneri. Io e Bruna siamo una coppia nella vita, Anna è una nostra amica da sempre, siamo tre curatori ed avevamo la necessità comune di avere uno spazio nel quale poter sviluppare dei progetti non commerciali, cosa che a Milano è invece già molto sviluppata.

Da anni esistono in Italia diverse associazioni no-profit e la maggioranza sono fondate e gestite da curatori. Come vi relazionate con loro? Avete progetti comuni o maggiori affinità con qualcuno di loro?

Sicuramente Viafarini è per noi un punto di riferimento importante. In questo momento non abbiamo in programma particolari progetti collaborativi, ma quello che vorremmo sicuramente fare è cercare di essere il più possibile complementari con loro. Siamo inoltre in contatto e stimiamo tantissimo la fondazione Nomas di Roma, il cui programma è gestito da Cecilia Canziani e Ilaria Gianni. Siamo molto interessati al programma dei ragazzi di Diogene a Torino, ci conosciamo poco ma proprio in questi giorni è cominciato uno scambio di mail. Inoltre abbiamo una certa affinità con Form Content a Londra, qui gli italiani sono Caterina Riva e Francesco Pedraglio.
Brown e Mars che citavo prima, sono gestiti da artisti, noi invece siamo uno spazio fondato e gestito da curatori ma con l'aiuto e il sostegno imprescindibile degli artisti. Abbiamo fondato un'associazione a cui può partecipare chi vuole ed abbiamo avuto tantissime donazioni da parte di artisti, grazie a loro siamo fortunatamente in vita e speriamo di esserlo ancora a lungo.
Abbiamo una certa difficoltà nel programmare con molto anticipo le nostre iniziative in quanto non si sa mai quanto si riesce a stare in piedi... però Peep-Hole vuole essere una piccolissima istituzione: come la project room di un museo ma senza il museo intorno.

Se non sbaglio per la mostra di Alicja Kwade avete avviato una serie di collaborazioni con istituzioni museali...

Sì, esatto. Proprio per sottolineare che il nostro spazio, nonostante sia nato da una spinta privata, possiede una natura pubblica, nel senso proprio di res publica. Noi organizziamo un ciclo di 4 o 5 mostre all'anno di cui una è parte di un progetto più ampio intitolato "Six Ways to Sunday"; quest'iniziativa è dedicata appunto alla collaborazione con un'istituzione. Una cosa molto importante è che l'istituzione coinvolta sia collocata in un luogo periferico: vorremmo infatti che queste istituzioni trovassero da noi a Milano una ragione di centralità rispetto alla loro localizzazione. Inoltre è anche importante per noi provare a rendere questa città un centro intorno al quale gravitano altri posti.
Siamo partiti con Museion poi ci allargheremo ad istituzioni estere offrendogli di usare il nostro spazio come loro project room satellite. La prossima per esempio sarà la Kunsthalle di Berna che avrà, nell'ambito di una sua mostra, una piccola finestra a Milano. Ogni volta i progetti sono sviluppati in collaborazione con l'istituzione che se ne fa in qualche modo carico e sono parte integrante del programma espositivo dell'istituzione stessa, anche se vengono realizzati esclusivamente nel nostro spazio.

Che ruolo ha l'istituzione oggi? E' una domanda molto ampia, mi rendo conto, però mi sorge spontanea in un periodo in cui si sta tornando a parlare di critica istituzionale, quindi di quegli artisti che tra gli anni '70 e gli anni '80 agivano per mettere in crisi i meccanismi dell'istituzione... Oggi l'istituzione è molto diversa da quei tempi, credi quindi che ci si possa affiancare all'istituzione? Che sia quasi un alleato o no?

Mi piace ricordare che gli spazi come il nostro sono chiamati, nel gergo riconosciuto del sistema dell'arte, "spazi alternativi". Questi spazi sono nati negli anni '70 in alternativa all'istituzione perché l'istituzione, prima, dava un'etichetta all'artista e ne stabiliva in qualche modo l'affermazione, l'arrivo a certi livelli, per essere del tutto franchi. Ora non è più così, l'istituzione è diventata molto più flessibile, ci sono diverse tipologie di progetti che vengono realizzati e si riesce, grazie alle pratiche che tu citavi prima dell'Institutional Critique, a fare in modo che le istituzioni siano più aperte più disponibili al dialogo e che quindi abbiano delle piccole branche operative in spazi come il nostro.

In un anno di attività quali difficoltà avete dovuto affrontare?

Abbiamo cominciato esattamente nel novembre dell'anno scorso. La difficoltà principale è quella di farsi ascoltare dalla città, non intesa come audience, ma dalla città intesa come municipalità. Uno spazio come il nostro ha l'ambizione di incidere anche nelle dinamiche sociali della città nella quale svolge la propria attività. Questo non è ancora successo, o meglio è successo in minima parte e noi vorremmo che succedesse di più; purtroppo è difficile farlo perché le forze di cui disponiamo sono limitate, noi cerchiamo di farlo al meglio possibile ma auspicheremmo un maggiore ascolto da parte delle istituzioni pubbliche e ovviamente ci piacerebbe essere parzialmente sostenuti.
Facciamo un programma totalmente aperto al pubblico che si svilupperà ora con una sezione didattica ed altre iniziative come lecture, dibattiti ecc. e, non essendo una galleria privata, ci piacerebbe che gli Enti (Comune, Provincia, Regione) ci aiutassero un po'. So che è forse utopico e un po' folle porsi il problema considerato il momento, comunque tutte le volte che abbiamo provato a chiedere appuntamenti in comune con i vari assessorati ai quali il nostro spazio può riferirsi per provare ad accedere a bandi ecc. non siamo stati ascoltati.

In chiusura, tornerei alla mostra di Corrado Levi: ci puoi dire qualcosa sui temi attorno ai quali ruota?

Ci tengo a dire che è un progetto inedito, infatti tutte le nostre proposte cercano di spingere gli artisti ad avere un approccio sperimentale. Corrado presenta una mostra composta da due lavori come fa intuire il titolo stesso: una poesia brevissima che racconta un po' di sé e allo stesso tempo qualcosa che riguarda tutti, e una grande installazione: una sorta di diario di disegni astratti e di appunti che mettono in gioco il rapporto tra erotismo e forma, ma raccontano anche molto della figura di Corrado.
Sono 28 disegni intorno ad una storia d'amore tra lui e un "Johnny", sono osservazioni di masturbazioni di cui prende appunti, una serie di fogli appesi a un filo. Quello che si vede è una massa informe di segni fronte-retro e ogni tanto uno schizzo di sperma. Vi anticipo che prima della fine della mostra verrà presentata una piccola pubblicazione proprio su questo progetto.
Corrado vorrebbe pubblicare uno dei suoi quaderni, quelli che lui chiama "Quaderni di Corrado": 16 pagine in A5. Inoltre in ottobre sembra che finalmente sia in uscita la fantomatica monografia di Corrado Levi a cura di Beppe Finessi che dovrebbe essere in libreria il 6 novembre, proprio l'ultimo giorno della mostra. Pur non sapendo ancora la data precisa, ci piacerebbe quindi molto poter presentare insieme il libro e il quaderno che sarà sicuramente pubblicato.


Quest'intervista è tratta da Voices, archivio sonoro di interviste in progress un progetto del network UnDo.Net realizzato in collaborazione con Humus, programma radiofonico di approfondimento culturale condotto da Piero Santi su Radio Città del Capo.
Ogni settimana alcuni dei protagonisti della scena artistica contemporanea sono intervistati da Annalisa Cattani e Massimo Marchetti. Ecco la versione audio di questa intervista:





Il comunicato stampa della mostra "Quasi, autoamori di Johnny e Una poesia", aperta fino al 6 novembre 2010


Approfondimenti

Per affinità di contenuti questa intervista richiama la nostra inchiesta sugli spazi non profit italiani. Qui in elenco le "puntate" precedenti:

No soul for sale (giugno 2010)

Italia - Inghilterra: 1 - 1 (maggio 2010)

Vicini di casa (marzo 2010)

Il tavolo di Roma (gennaio 2010)

Luoghi di carattere (marzo 2009)

Mutevole Non (febbraio 2009)

Interrogativi (dicembre 2008)

Voler essere uno dei tanti (novembre 2008)


Politiche: paralleli e meridiani (novembre 2008)

Scambi d’arte ‘made in Europe’... (novembre 2008)

Oggi, ieri, domani (settembre 2008)

Farsi spazio (settembre 2008)

Il Lungomare di Bolzano (luglio 2008)

Abbasso Prospero e Robinson Crusoe (giugno 2008)

Meno veloce della luce (aprile 2008)

Il totale è più della somma… (aprile 2008)

A Berlino, tra Biennale e sperimentazione (marzo 2008)


Qualcosa di nuovo a Milano #2 (marzo 2008)


Napoli bella e dannata (marzo 2008)

Qualcosa di nuovo a Milano #1 (marzo 2008)

Ospiti di Nosadella.due (febbraio 2008)

E’ la volta di 1:1projects (febbraio 2008)

FormContent: profilo di uno spazio (gennaio 2008)