Attraversare le contingenze allargando le prospettive

01/06/2011
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In marcia

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Riguardo alla Biennale di Venezia e il Padiglione Italia curato da Vittorio Sgarbi.

di Francesco Lucifora - Modica (Ragusa)

Potrei rifarmi a migliaia di commenti, post e mail che si sono scatenate prima e dopo la conferenza stampa di presentazione, ma non ho il tempo e preferisco essere chiaro.

Ho un ricordo che risale agli inizi di aprile: alla fine di un funerale in una splendida città siciliana, un bravo pittore mi chiese riguardo alla Biennale dicendomi di aver ricevuto l'invito da Sgarbi o da qualche segnalatore. Il pittore, nonostante la sua quasi totale indipendenza dal sistema/scena artistico/a di cui Sgarbi è attore e ospite sempre gradito, mostrava di avere forti dubbi, ma al contempo anche paura di essere messo lì, a Palermo, magari accanto a qualche incomprensibile installazione. Questo episodio mi sembra emblematico e porta in sé tutto quello che ho da dire.

Andrà in onda un Padiglione Italia che acuisce il divario tra due blocchi identificabili come arte contemporanea e non-arte contemporanea, blocchi che non comprendo, ma che qualcuno (molti) fa di tutto perché esistano.
Da una parte ci sono artisti molto tristi e arrabbiati che non perdono occasione per deridere e indicare il contemporaneo come trovata, pubblicità, marketing senza mai riuscire a trovare terreni di confronto.
Dall'altra c'è l'arte contemporanea con il suo sistema che non mi pare tanto diverso da altri sistemi, d'altronde le cose non sistemizzate fanno paura, sono fuori dal controllo e non funzionano per far circolare denaro, potere, visibilità e favori, cose sulle quali strenuamente cercano di abituarci a fondare le nostre vite e il nostro lavoro.
C'è una terza scena, quella indipendente, che Sgarbi definisce come un'ospedale dove vengono curati i malati, dove i curatori indipendenti si prodigano e quindi segnalano i propri protetti... Questa definizione è sicuramente criticabile, ma prima di oppormi voglio non oppormi: sì, in effetti tirare in ballo la malattia per definire una parte di artisti o curatori è interessante, ma involontaria da parte di Sgarbi.

E' vero siamo malati, ci siamo ammalati e continuiamo a soffrire di questo paese o mondo pieno ormai solo di veleno, di ostentazione della magnificenza, del valore del contatto "giusto" e di altre infinite istanze cancerose che stanno svilendo ogni forma di civiltà e di socialità. La reazione a questa malattia è l'indipendenza sulla quale, se non ricordo male, si sono fondate guerre, scontri sociali e fette importanti della storia del nostro Paese e non solo del nostro.
Indipendente vuol dire progettare senza la mano sulla spalla del politico di turno, senza l'appoggio del sistema di riferimento e spesso senza tanti soldi. Dalle mie parti, in Sicilia, ci sono un sacco di persone che si lamentano e trovano anche la forza per criticare coloro che costruiscono senza lamentarsi.

Il mio lavoro è curare la malattia, quella che è stata instillata molti anni fa da persone senza scrupoli e che Sgarbi dice di combattere. Non intendo la mafia, intendo l'altra mafia quella che non si chiama così, che non ha ancora una parola per definirla e non l'avrà mai.
Mi sento molto indipendente, mi sento molto vicino all'arte e agli artisti. Sono invece molto lontano dal sistema delle segnalazioni, in arte come in altre cose, perché segnalare è raccomandare e raccomandare significa favorire senza conoscere come in una piramide di mattoni che non si guardano mai. Il mio lavoro consiste nel costruire occasioni per artisti e per il pubblico, per la società e per singoli individui. Ogni giorno penso a come migliorare la diffusione dell'arte, del sapere condiviso e della memoria che non voglio vedere persa: intendo la memoria del passato e la memoria di un attuale malato o ineluttabile. Per me non c'è differenza.

Un altro ricordo: Qualche anno fa un sindaco della mia città, inserì un mio progetto sulla ri-funzionalizzazione dell'ex-mattatoio nel suo programma politico, dopo alcuni mesi andavo a chiedergli quando poter iniziare l'iter e lui mi rispose: "sai… la cosa non è semplice perché ho paura che tu possa portarti dietro la tua gente". Certo, avevo un po' di barba, ma chissà cosa voleva dire!. Poi ho capito, quando insieme ad altri amici ha lasciato 90 milioni di euro di debito al Comune della mia città. Mi sembra polemico e sterile indicare il partito politico.

E' incongruente il progetto di Sgarbi, in tanti punti, ma non riesco veramente a spiegarmi quale differenza c'è tra i ragazzi creativi che lavorano a Salemi e gli altri artisti o curatori indipendenti che lavorano all'interno di realtà locali difficili nelle quali l'indipendenza è l'unica strada.
Forse la differenza è trovarsi al posto giusto al momento giusto oppure se è la geografia creativa, artistica e culturale che si andava cercando, non sarebbe bastato che al posto dei segnalatori d'artista ci si rivolgesse alla conoscenza dei territori? Ma forse non c'era tempo, non c'è mai stato tempo.

In ogni caso e in tempi ancora poco sospetti, io ho mandato una mail all'attenzione di Vittorio Sgarbi parlandogli di alcuni artisti e adesso che ho sentito la sua posizione... sono ugualmente soddisfatto del lavoro che svolgo nella mia terra, con gli artisti che "curo" e che a loro volta "curano" me. In Sicilia, più che altrove, si verificano alcuni ritorni di persone che hanno voglia, non di innovare, ma unicamente di lavorare, rendere merito all'arte e costruire piattaforme di incontro e scambio, se tutto questo fosse collegato alla politica sarebbe dipendente e io preferisco l'assuefazione ad altre sostanze vitali, ma non le catene a vita.

Forse a Vittorio Sgarbi tali situazioni non interessano. Forse al Paladino dei beni culturali non interessa la sfida di chi è tornato nella propria terra a rimboccarsi le maniche e ha trovato le cricche dei "maestri" fermi sulla montagna ad aspettare adepti. In effetti, a pensarci, la cosa più grave e vergognosa che descrive l'andazzo di certe cose sono "i figli dei maestri".
Non mi interessa se questo Padiglione Italia è un momento consolatorio per molti artisti marginali o della domenica, non sta a me dire chi dipinge solo la domenica e dal lunedì fa altra cosa o addirittura insegna il settarismo nei Licei Artistici e nelle Accademie d'Arte, non mi compete criticare la presenza di conventi e conventicole dell'arte che saranno presenti a Venezia, al di là degli show di Sgarbi, questa Biennale/Padiglione è importante perché il suo livello potrebbe essere lo specchio del Paese, un Paese che apprezza unicamente di essere accontentato e gli artisti, quelli veri, non si accontentano e se non hanno mai avuto un riflettore puntato non sarà certo una Biennale a fare la differenza.

Il polverone ha creato un enorme dibattito che però forse non servirà a nulla oppure sì. Mi piacerebbe - sono di parte - vedere un cambiamento di modalità nei musei, nelle fondazioni e all'interno dei vari gruppi che decidono, magari questa potrebbe essere la migliore risposta, non alla Biennale di Sgarbi che è già finita, ma verso quegli artisti che non riescono a sviluppare i propri progetti perché non hanno i fantomatici contatti o appoggi.

Mi piacerebbe non sentire più personaggi dell'arte (i mecenati!) dichiarare: "io sono il sistema", l'appello va a quelle persone di rilievo affinché non facciano passare le maledette "segnalazioni", ma unicamente i talenti, tanto poi i talenti sul mercato rendono comunque, è inutile sprecare "cupole" e strategie di costruzione del talento perché tutto questo avvenga.



Stefano Romano - Bergamo/Tirana

Amerigo Nutolo - Venezia

Pierfabrizio Paradiso - Milano

Stefano Questioli - Chicago