Attraversare le contingenze allargando le prospettive

24/01/2014
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Maratone in luoghi resistenti


Con una visione molto ravvicinata, ecco come i pensieri di un runner diventano metafora per parlare di luoghi di residenza, ma soprattutto di "resistenza" culturale...























di Annalisa Cattani

Negli ultimi anni sono nati molti spazi di produzione culturale alternativa grazie alla collaborazione tra artisti, appassionati, curatori o operatori culturali in genere, che hanno, in qualche modo, modificato le modalità di fruizione di molti eventi, sostituendo il noto white cube con luoghi più familiari e domestici in cui si cerca di sostare con più cura e attenzione, nonché piacere.
Si tratta di luoghi di residenza, ma soprattutto di “resistenza” culturale, a seconda delle opportunità e delle scelte, di situazioni spesso decentrate, lontano dai fulcri canonici dell’arte che tuttavia riescono ad avere un rapporto di continuità a volte maggiore con quella che vorremmo chiamare “ricerca” e hanno portato anche ad interessanti fusioni tra arte visiva e teatro.

Avendo dato vita in primis ad uno spazio di residenze-resistente di questo tipo nel 2011, facendo del nome di mia madre “Novella Guerra” una dedica e un programma, ovviamente sento l’esigenza di vedere da vicino le esperienze di altri. Ieri per esempio sono andata a Pesaro presso il “Grottino”, in via Dell’Ombra 18, fondato da Clio Gaudenzi, luogo di workshop di vario genere e di performance teatrali.

Il Grottino si trova in centro a Pesaro e appena entri, da un vicolo pieno di glicini in letargo, ti pare di entrare in una casa un po’ vintage in cui ti vengono offerte tisane e comodi divanetti, poi però si scende in un sotterraneo dove è stato allestito un piccolo teatro.

Lo spettacolo di ieri sera, in particolare, creava una bella metafora, una sorta di tautologia produttiva, perché all’interno di uno spazio resistente, l’attore-autore Paolo Mazzocchi portava il suo monologo “Vado al massimo” in cui metteva in scena i pensieri di un runner dipendente che fa della resistenza fisica un modus vivendi, trasducendola poi inevitabilmente nella sua visione della vita e dell’arte, come dimostrano alcuni estratti del testo:

"Mi sono perso……si, non ho un grande senso dell’orientamento in effetti.
Cioè mi capita abbastanza spesso di sbagliare strada quando corro..
Anche se in realtà, una delle cose belle del correre è che non sbagli mai veramente strada. Si, magari non arrivi esattamente dove volevi ma…
Se sei partito per correre e hai corso, hai sudato via i tuoi litri di tossine, di pensieri marci, di incazzature, di sigarette, hai fatto i tuoi 10, 15, 20 chilometri, allora, non hai sbagliato strada per niente, dovunque tu sia finito."


“Vado al massimo” ha vinto come miglior monologo il Premio Giovani realtà del teatro 2013 dell’Accademia Nico Pepe, a Udine. Anche l’impegno di questa accademia si iscrive in un tentativo di reagire ad un momento e ad una collocazione non certo favorevole. Quella che era una piccola scuola negli ultimi anni si è fatta promotrice di ottimo livello di percorsi di ricerca variegati, con particolare attenzione alle giovani generazioni, in una zona decentrata, in cui la formazione teatrale fatica a ricevere il necessario supporto istituzionale.

Il premio segue modalità molto interessanti con particolare attenzione alla creazione di una giuria molto socratica, in cui trovano spazio addetti ai lavori, giornalisti e pubblico, durante una due giorni che anche all’interno di un’istituzione riesce a creare un vero e proprio momento di residenza dedicata all’immersione completa in una kermesse di nuove proposte, in cui ogni partecipante in venti minuti mette in gioco la propria proposta.

Si tratta di un momento di grande creatività e anche di festa, di nuovo siamo alla “maratona”, si anche in questo caso una corsa veloce, ma intensa ad afferrare le migliori performance, ma soprattutto anche in questo caso un positivo tentativo di rendere dialettica una sede di formazione, che cerca di farsi fucina concreta e aperta al la creatività. Potrebbe sorgere a questo punto una domanda spontanea, ma in un momento come questo cosa spinge ad aprire un casolare in campagna, una associazione tra la casa e il piccolo teatro al centro di Pesaro, fare pic-nic found-raising, come si fa nella oramai nota “Made in Filanda”?

Parafrasando Paolo Mazzocchi possiamo concludere che le ragioni sono molteplici:

"Ti senti libero, libero di scegliere, libero di andare a destra o a sinistra veloce o lento, dritto o storto..e nessuno puo dirti che stai sbagliando..provi..provi un senso di unicità di potenza, lotti con e contro il dolore e la fatica e poi..e poi ti senti pulito, come..come purificato, interiormente purificato..e poi ti senti stanco..e a me piace da matti sentirmi stanco, ma stancostanco! Stanco che ho dato tutto. Che poi magari per qualcuno il mio tutto è poco. Ma è il mio tutto."


Annalisa Cattani è artista-curatrice, Ricercatrice di Pubblicità e Arte vs Retorica, insegna all'Accademia di Belle Arti di Ravenna, al LABA di Rimini e allo IULM di Milano.